Troppi pochi taxi in servizio a Milano, Roma e Napoli. L’Antitrust ha inviato a questi tre Comuni una segnalazione sulle criticità riscontrate nell’erogazione del servizio taxi “a danno degli utenti, in termini di qualità ed efficienza del servizio reso”. In particolare, l’Autorità, che ad agosto aveva già mandato una richiesta di informazioni, chiede in sostanza di adeguare il numero di licenze e di superare il tetto del 20% previsto dal dl Asset. Riguardo alle risposte avute in questi mesi, l’Autorità rileva che da queste “è emersa una diffusa e strutturale inadeguatezza del numero delle licenze attive rispetto alla domanda del servizio taxi. Questa situazione ha generato un numero molto elevato di richieste inevase e di tempi eccessivamente lunghi di attesa per l’erogazione del servizio”. (dal quotidiano “Avvenire” – redazione economia)
Ho una innata simpatia per la categoria dei taxisti. Li considero una sorta di angeli custodi rispetto al traffico alienante in cui siamo costretti a viaggiare, alle difficoltà di movimento che incontriamo quotidianamente, alla disperata ricerca di approdi certi nella confusione delle nostre città. Ho avuto anche occasione di conoscerne l’impegno e lo spirito di servizio per motivi di carattere professionale che mi hanno portato a dialogare con loro.
Ecco perché mi colpisce il loro disagio nel cercare e trovare la quadratura del cerchio fra il sacrosanto diritto alla difesa del patrimonio imprenditoriale fatto di grandi sacrifici e la necessità dei cittadini di avere risposte adeguate alle esigenze di spostamento. Non sono un liberista spinto e quindi non credo nella liberalizzazione totale delle licenze in nessun settore economico e quindi anche in quello del trasporto delle persone. Non accetto però nemmeno una visione drasticamente corporativa nei rapporti socio-economici. Bisogna trovare la quadra con molta pazienza, superando gli egoismi di parte e le facilonerie pubbliche.
Dovrebbe essere compito delle amministrazioni locali cercare intelligentemente la soluzione, senza intenti punitivi a livello categoriale, senza protezionismi elettorali e, possibilmente, senza scioperi che screditano la categoria e non risolvono niente.
Tra le norme del decreto più contestate dagli addetti al settore c’è quella che consente ai sindaci di aumentare del 20% il numero delle licenze per sopperire alle carenze del servizio sul territorio. Secondo i tassisti questo però non basta a risolvere i problemi: il governo, secondo le organizzazioni di categoria, deve provvedere invece attraverso decreti attuativi, a istituire il registro elettronico nazionale per censire mezzi e operatori, il foglio di servizio dei noleggiatori e la regolamentazione delle app, che finora non hanno un coordinamento. “Ma di tutto questo non è stato fatto nulla”, specifica Roberto Sulpizi, presidente della Cooperativa Taxi di Torino che raggruppa circa il 93% della flotta. Il nodo più aggrovigliato, comunque, resta quello dell’allargamento della platea degli operatori: l’incremento delle concessioni, insomma, criticato da Usb e da altri sindacati dei tassisti i quali protestano anche perché i sindaci, soprattutto quelli di Roma e Milano, vorrebbero superare la quota stabilita dal decreto con licenze stagionali e procedere alle autorizzazioni senza la “necessaria” gradualità, con “infornate” da 1.550, come vorrebbe Gualtieri nella capitale, e da 1.000 licenze come prospettato da Sala per il capoluogo lombardo. “Tante licenze tutte insieme è una follia, è da incoscienti” hanno replicato i sindacati. Inoltre, c’è la questione delle tariffe “ferme da anni, senza nemmeno seguire gli aumenti Istat”. (dal quotidiano “Avvenire” – Fulvio Fulvi)
Mi sembrano motivazioni ragionevoli e non impossibili da considerare ed accogliere in un clima di dialogo costruttivo. Potrebbe essere un’occasione per varare una fase nuova di concertazione tra governo ai vari livelli e organizzazioni di categoria. A suo tempo la concertazione rispondeva alla debolezza politica dei partiti e valorizzava l’apporto sociale delle categorie economiche, il tutto favorito da una impostazione tecnica del governo. E se provassimo a riprendere questi discorsi, scommettendo sulla maturità delle parti sociali e prendendo atto della inconsistenza delle forze politiche? Manca purtroppo il perno della questione: il governo. Nel caso dei taxisti però il ruolo di governo non è tanto riservato a quello centrale, ma riguarda quello locale.
In ogni caso, “è uno sciopero poco comprensibile” ha dichiarato il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, riferendosi alla recente astensione dal lavoro dei taxisti. Per cortesia, non facciamo così. Teniamo conto del sacrosanto richiamo dell’anti-trust. Proviamo a discutere e concordare qualcosa di buono, semmai partendo dal livello locale. Tentare non nuoce.