Il primo weekend dei taxi gratis fuori dalle discoteche è passato. L’iniziativa voluta dal vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, ha fatto il suo esordio a Jesolo, nella discoteca “Il Muretto”. Uno dei sei locali selezionati dal governo per testare l’iniziativa (che durerà fino a metà settembre) di offrire un servizio navetta gratuito a chiunque abbia un tasso alcolemico superiore ai limiti di legge. Basta sottoporsi al test uscendo dal locale e scatta il voucher per montare sul taxi e farsi portare comodamente a casa. Solo loro però. Per tutti gli altri, la corsa si paga.
Un distinguo che da giorni ha scatenato le polemiche, diventate argomento di critiche feroci sotto al post Twitter del vicepremier che lodava la sua iniziativa: «Bene così, ogni potenziale incidente evitato e ogni vita salvata sono una vittoria». Da lì una pioggia di commenti. «Loro bevono e noi cittadini paghiamo?». Centinaia di critiche tutte dello stesso tenore. Inaccettabile per i più che vengano stanziati soldi pubblici per spesare il divertimento serale di chi vuole eccedere con l’alcol. «E gli anziani? E le donne sole? No, loro devono pagare», alcuni dei paragoni più in voga. Ma se il contraltare etico è spesso il fil rouge dei detrattori del vicepremier, è la piega sociale di questa iniziativa a preoccupare: «Con questa iniziativa si incentivano i giovani a bere, invece che dissuaderli». (dal quotidiano “La Repubblica”)
Vorrei evitare di fare dell’ironia (ma come si vedrà in chiusura non ci riuscirò) su questo paradossale provvedimento governativo e sforzarmi di prenderlo sul serio anche se non lo meriterebbe. Se questa iniziativa ha un senso, si inquadra in una surrettizia legalizzazione dell’alcolismo. E allora perché tanta ostilità preconcetta nei confronti della legalizzazione delle droghe leggere? Cosa avrà mai da dire al riguardo l’intransigente ministra Eugenia Roccella, che incarna l’anima moralista del governo? E come si giustifica tanta severità per i partecipanti ai rave party? E tanta intolleranza verso i percettori del reddito di cittadinanza?
Non mi infastidisce pagare pro-quota il taxi ai giovani ubriachi, mi disturba avere un ministro che si improvvisa assistente sociale del piffero. Ricordo una barzelletta riferita ad uno storico personaggio di Parma, Stopàj: questi, piuttosto alticcio, sale in autobus e, tonificato dall’alcool, trova il coraggio di dire impietosamente la verità in faccia ad un’altezzosa signora: «Mo sale che lè l’è brutta bombén!». La donna, colta in flagrante, sposta acidamente il discorso e risponde di getto: «E lu l’è imbariägh!». Uno a uno, si direbbe. Ma Stopaj va oltre e non si impressiona ribattendo: «Sì, mo a mi dmán la me pasäda!».
Al lettore l’incarico di adattare la metafora, sostituendo ai personaggi della gustosa gag le parti della commedia “un taxi per bere senza pericolo”. A questo punto i giovani alticci possono tranquillamente salire sul taxi e dire magari al taxista che è brutto: il resto come sopra…con la coda del rinvio in extremis di tutti al ministro. Con quale epiteto lo lascio immaginare. E lui non potrà che difendersi a denti stretti: «A fär dal bén äd j äzon…».