«Golpe e ammutinamenti erano già avvenuti in Mali e Burkina Faso, un caos che negli ultimi tre anni ha generato nei Paesi del Sahel, ben sette colpi di stato. Il messaggio è che i popoli vogliono affrancarsi dall’occidente e dai loro interessi commerciali. Ecco perché, come alternativa a questa dipendenza socio-economica, stanno sventolando bandiere russe», chiarisce Ganapini. Si tratta di Stati che stanno camminando insieme in una logica di alternativa politica a quella sinora vissuta, ecco perché hanno dichiarato che se si agirà in Niger militarmente, interverranno a sostegno dei militari al potere. Gli occidentali in queste ore stanno lasciando il Paese, la tensione è perenne, mentre il nuovo corso iniziato dai militari, rappresenta una novità, una via diversa, alternativa, al vecchio blocco occidentale. (da un commento alla situazione in Niger di Nicola Antonetti sulla base dell’analisi del missionario Filippo Ganapini)
La prima riflessione riguarda la necessità, nel guardare ai fatti internazionali, di fare i conti con la storia e purtroppo questa chiama in causa le notevoli responsabilità, passate e presenti, dell’Occidente nei confronti di Paesi considerati come vacche da mungere. Non possiamo e non dobbiamo dimenticarlo e pertanto smettiamola di scandalizzarci per i continui golpe e per le strane alleanze che si vengono a creare. Si impone un profondo e implacabile esame di coscienza, senza il quale rischiamo di prendere lucciole per lanterne.
Il mondo è molto più complesso e vecchio di quanto si possa pensare nel cosiddetto Occidente democratico: la nostra visuale è limitata se non addirittura falsata. Continuare ad appiattirsi pedissequamente su un atlantismo sempre più di maniera e sempre meno ragionato è un colossale errore sostanzialmente imperialistico.
Anche il fenomeno migratorio va inquadrato in un assetto internazionale che viene da lontano e che non può essere sbrigativamente risolto con cinici accordi rientranti nella consueta logica commerciale: un tempo consideravamo l’Africa terreno da sfruttare a livello di materie prime, ora la consideriamo un magazzino in cui ricoverare e bloccare i morti di fame e di guerra. Di male in peggio.
Non stupiamoci se il Niger, come altri Paesi africani, cade nella trappola russa: quando uno non sa dove sbattere la testa, non ha il tempo di fare ragionamenti sofisticati, si butta spesso nelle braccia del peggior offerente alternativo.
La situazione è talmente complessa da non riuscire a trovare il bandolo della matassa: continuiamo a cercarlo prima di volerla sgrovigliare a nostro uso e consumo e senza pagare dazio per gli errori passati.