Venerdì 25 agosto, nell’ambito dell’Incontro panrusso dei giovani cattolici tenutosi a San Pietroburgo, nella Basilica intitolata a Caterina d’Alessandria, si è tenuto un incontro in teleconferenza con Papa Francesco. Il pontefice, prima della benedizione, ha concluso l’incontro rivolgendo queste parole ai ragazzi accorsi da tutto il paese per udirne il messaggio: «Non dimenticate mai il vostro retaggio. Voi siete gli eredi della grande Russia: la grande Russia dei santi, dei governanti, la grande Russia di Pietro I, Caterina II, quell’impero – grande, illuminato, [un impero] di grande cultura e grande umanità. Non rinunciate mai a questa eredità, voi siete gli eredi della Grande Madre Russia, andate avanti. E grazie. Grazie per il vostro modo di essere, per il vostro modo di essere russi».
Apriti cielo! Come si suol volgarmente dire, ce n’è venuta una gamba. Le reazioni ucraine sono state immediate e molto negative. Papa Francesco non è un politico e non ha nemmeno troppa sensibilità politica: può essere un difetto, ma è anche un grande pregio. Anche Gesù non era un politico… Partendo dalla mia ignoranza storico-culturale, nelle succitate parole ho letto un invito a cogliere l’eredità positiva proveniente dalla Grande Russia per evitare di cadere nella sua grottesca caricatura del regime putiniano. Evitare cioè la tentazione di buttare via il bambino dei valori di un passato glorioso assieme all’acqua sporca delle degenerazioni contemporanee.
Io posso capire che gli Ucraini abbiano le antenne sempre drizzate a salvaguardia della loro azione in difesa della patria invasa dalla Russia, ma non possono pretendere che tutti leggano la storia a senso unico, imposto dalla disgraziata attualità putiniana. Sarebbe indirettamente un piacere fatto a chi vuole ideologizzare la guerra russo-ucraina e consolidarla all’infinito. Non è un caso che, nella stessa occasione sopra richiamata, papa Francesco abbia fatto l’elogio della “follia diplomatica”, che supera proprio gli schemi rigidi che tendono a cristallizzarsi.
Mi sembra che l’atteggiamento del papa sia volto a cavare dalla storia passate e presente le cose positive tra le tante negative, senza lasciarsi condizionare da pericolose e fuorvianti generalizzazioni portanti al peggio. Dovrebbe essere lo stile del cristiano e, perché no, anche lo stile del politico, che usa l’arma della diplomazia in questo senso.
Devo ammettere che, pur comprendendo l’ansia dell’Ucraina e il timore di essere alla lunga trascurata, mi infastidisce una certa qual propensione ad esibire egemonicamente la verità in suo possesso. Ricordiamoci che, per essere aiutati nel modo giusto, bisogna sapersi mettere nella condizione ideale per essere aiutati. La prepotenza dei forti è inaccettabile, ma è paradossalmente fastidiosa anche quella dei deboli che pretendono di dettare le condizioni a chi intende aiutarli.
Cosa dovrebbe fare papa Francesco? Scomunicare i Russi senza se e senza ma? Mandare le guardie svizzere a combattere a fianco del battaglione Azov? Convincere i Paesi europei a stanziare infiniti fondi per le armi da inviare all’Ucraina? Tornare alla dottrina della guerra giusta? Inserire nelle sue intercessioni una preghiera per i perfidi russi? Nominare cardinale un prete segnalato da Zelensky per farne il suo emissario? Invitare la diplomazia vaticana a schierarsi apertamente a favore dell’Ucraina mandando all’inferno la Russia?
Forse sto esagerando, ma bisognerà pure far capire all’Ucraina, che forse qualche scheletro nei suoi armadi esiste, che effettivamente la Nato ha abbaiato un po’ troppo ai confini con la Russia, che il mondo non inizia e non finisce a Kiev, che il dialogo, seppure gradualmente, si deve sostituire alle armi. Papa Francesco è il personaggio giusto e credibile in tal senso e meno male che esiste e tiene accesa la fiammella della pace, una fiammella che può dare fastidio, ma l’unica che può illuminare i destini del mondo.