“Ho espresso il mio dissenso. E sono finito sul rogo. Da uomo libero”. Lo scrive su Facebook, Marcello De Angelis, responsabile della comunicazione Istituzionale della Regione Lazio, dopo le polemiche nate per il post scritto sulla strage di Bologna. “Come ogni libero cittadino di questa Nazione, ho esercitato il diritto di esprimere la mia opinione su un evento solstiziale della nostra storia, fondata su decenni di inchiesta svolta come giornalista e parlamentare, prosegue De Angelis in un altro post. E certo, non lo nego, animato dalla passione di chi ha avuto un fratello morto, vittima di uno degli accertati depistaggi orditi per impedire l’accertamento della verità, con l’utilizzo della falsa testimonianza del massacratore del Circeo Angelo Izzo – ricorda De Angelis -. E quindi con il diritto personale e familiare di chiedere di approfondire ogni analisi finché non sia dissipato qualunque dubbio”. “Ho detto quello che penso senza timore delle conseguenze. Se dovrò pagare per questo e andare sul rogo come Giordano Bruno per aver violato il dogma, ne sono orgoglioso”, conclude De Angelis.
“So per certo che con la strage di Bologna non c’entrano nulla Fioravanti, Mambro e Ciavardini. Non è un’opinione: io lo so con assoluta certezza”. Marcello De Angelis, ex terrorista nero, cognato dell’ex Nar Luigi Ciavardini e oggi responsabile della comunicazione istituzionale della Regione Lazio guidata da Francesco Rocca, aveva scritto su Facebook questo e altro a pochi giorni di distanza dal 2 agosto “un giorno – puntualizza – molto difficile per chiunque conosca la verità e ami la giustizia, che ogni anno vengono conculcate persino dalle massime autorità dello Stato (e mi assumo fieramente la responsabilità di quanto ho scritto e sono pronto ad affrontarne le conseguenze)”.
Solo tre giorni fa il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel 43esimo anniversario dell’attentato del 2 agosto 1980 che conta 85 vittime e 200 feriti, ha sottolineato nel messaggio alla città che “la matrice neofascista della strage è stata accertata nei processi e sono venute alla luce coperture e ignobili depistaggi”.
“Che non c’entrano Fioravanti, Mambro e Ciavardini”, prosegue de Angelis, in realtà “lo sanno tutti: giornalisti, magistrati e ‘cariche istituzionali’; e se io dico la verità, loro, ahimè, mentono. Ma come i martiri cristiani io non accetterò mai di rinnegare la verità per salvarmi dai leoni. Posso dimostrare a chiunque abbia un’intelligenza media e un minimo di onestà intellettuale che Fioravanti, Mambro e Ciavardini non c’entrano nulla con la strage. Dire chi è responsabile non spetta a me, anche se ritengo di avere le idee chiarissime in merito nonché su chi, da più di 40 anni, sia responsabile dei depistaggi. Mi limito a dire che chi, ogni anno e con toni da crociata, grida al sacrilegio se qualcuno chiede approfondimenti sulla questione ha sicuramente qualcosa da nascondere”. De Angelis conclude invitando a rilanciare il suo pensiero. “A questo post non basta mettere un ‘mi piace’ – scrive – dovete rilanciarlo e condividerlo… altrimenti hanno vinto loro, gli apostoli della menzogna…”. (Agenzia Ansa)
Non mi interessano più di tanto i trascorsi di questo signore e nemmeno i suoi legami parentali e amicali. Il suo pulpito non è certamente dei più obiettivi e le affermazioni sono di per sé inquietanti se collegate ad un certo omertoso andazzo post-fascista che trova riscontro anche a livello istituzionale. Se Marcello De Angelis ha elementi probanti di una verità alternativa a quella giudiziaria finora accertata, si faccia avanti nelle sedi opportune e li metta a disposizione della magistratura, altrimenti restiamo in una pericolosissima sfera dove è possibile tutto e il suo contrario e dove certe cose, dette da persone che hanno rivestito e rivestono incarichi di carattere politico o para-politico, sono semplicemente inaccettabili. Andiamo quindi al nocciolo della questione, che va ben oltre e ben più in alto rispetto a quanto detto dal responsabile della comunicazione Istituzionale della Regione Lazio.
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel giorno del 43esimo anniversario della strage alla stazione ferroviaria di Bologna ha rilasciato la seguente dichiarazione:
«Le immagini della stazione di Bologna, la mattina del 2 agosto 1980, ci hanno restituito un’umanità devastata da una ferocia inimmaginabile, da un terrore che ambiva a pretendersi apocalittico. Il ricordo di quelle vittime è scolpito nella coscienza del nostro popolo. Una ferita insanabile nutre la memoria dell’assassinio commesso. Nel giorno dell’anniversario la Repubblica si stringe ai familiari e alla comunità cittadina con sentimenti di rinnovata solidarietà. Siamo con loro, con le vite innocenti che la barbarie del terrorismo ha voluto spezzare, con violenza cieca, per l’obiettivo eversivo e fallace di destabilizzare le istituzioni della democrazia. L’Italia ha saputo respingere gli eversori assassini, i loro complici, i cinici registi occulti che coltivavano il disegno di far crescere tensione e paura. É servita la mobilitazione dell’opinione pubblica. É servito l’impegno delle istituzioni. La matrice neofascista della strage è stata accertata nei processi e sono venute alla luce coperture e ignobili depistaggi, cui hanno partecipato associazioni segrete e agenti infedeli di apparati dello Stato. La ricerca della verità completa è un dovere che non si estingue, a prescindere dal tempo trascorso. É in gioco la credibilità delle istituzioni democratiche.
La città di Bologna, sin dai primi minuti dopo l’attentato, ha mostrato i valori di civiltà che la animano. E con Bologna e l’Emilia-Romagna, l’intera Repubblica avverte la responsabilità di difendere sempre e rafforzare i principi costituzionali di libertà e democrazia che hanno fatto dell’Italia un grande Paese».
A sua volta la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha rilasciato la seguente dichiarazione:
«Il 2 agosto 1980 il terrorismo ha sferrato all’Italia e al suo popolo uno dei suoi colpi più feroci. Sono trascorsi 43 anni ma, nel cuore e nella coscienza della Nazione, risuona ancora con tutta la sua forza la violenza di quella terribile esplosione, che disintegrò la stazione di Bologna e uccise 85 persone e ne ferì oltre duecento. Nel giorno dell’anniversario rivolgo ai famigliari il mio primo pensiero. A loro va vicinanza, affetto, ma anche il più sentito ringraziamento per la tenacia e la determinazione che hanno messo al servizio della ricerca della verità, anche attraverso le associazioni che li rappresentano, in costante contatto con la Presidenza del Consiglio. Giungere alla verità sulle stragi che hanno segnato l’Italia nel Dopoguerra passa anche dal mettere a disposizione della ricerca storica il più ampio patrimonio documentale e informativo. Questo Governo, fin dal suo insediamento, ha accelerato e velocizzato il versamento degli atti declassificati all’Archivio centrale dello Stato e li ha resi più facilmente consultabili, completando quella desecretazione che era stata avviata dai Governi precedenti».
Mi sembra che emerga una differenza sostanziale e inaccettabile tra le parole dette da Sergio Mattarella e quelle non dette da Giorgia Meloni: la matrice neofascista dell’attentato e di una strategia terroristica in cui esso era inserito. La “dimenticanza” è di una gravità eccezionale e rientra in quel legame tra destra italiana e neofascismo, che la storia dimostra e che la politica di destra non riesce o addirittura non vuole cancellare. Le imbarazzanti e farneticanti dichiarazioni di Marcello De Angelis da cui sono partito ne sono una piccola (?) ulteriore dimostrazione.
Qualcuno sostiene che si tratti di fantasmi del passato: lo vadano a raccontare ai parenti delle vittime della strage di Bologna. Qualcuno afferma che occorra voltare pagina: la storia non si fa a capitoli stagni. Qualcuno vuole una politica legata ai problemi dell’oggi: i valori e i disvalori della politica non sono legati all’attualità, ma vengono da lontano. Qualcuno auspica di terminare le polemiche e di occuparsi di cose importanti: perché il fascismo e il neofascismo erano e sono cose irrilevanti?
Stavo dimenticando: cosa dice il governatore del Lazio, Francesco Rocca, delle parole in libertà pronunciate dal suo addetto stampa? Parola d’ordine tacere, da Giorgia Meloni in giù. Rilevo con una certa sorpresa come ci sia stata solo un’autorevole voce fuori dal silenzioso coro della destra di FdI. “La definitiva verità giudiziaria ha attribuito una matrice neofascista” ha ammesso, nel giorno dell’anniversario della strage del 2 agosto 1980, il Presidente del Senato Ignazio La Russa. Si sarà detto: devo farmi perdonare troppe gaffe e così per le orecchie di Giorgia Meloni ne ha aggiunta un’altra. È proprio vero che Iddio li fa e poi li accoppia.