Con l’espressione “concorso esterno in associazione mafiosa” si suole fare riferimento al reato, derivante dal combinato disposto delle norme di parte generale sul concorso eventuale di persone (articoli 110 e seguenti del codice penale) e del delitto di parte speciale di associazione di stampo mafioso (art. 416-bis c.p.), che sanziona le forme di partecipazione alla consorteria mafiosa poste in essere da soggetti estranei alla stessa.
In questi giorni se ne parla molto in quanto il ministro Carlo Nordio vorrebbe introdurre nell’ambito della riforma della giustizia una «rimodulazione» del reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Non ho ben capito cosa ci sia da rimodulare e cosa possa significare il verbo rimodulare: non sono in grado di entrare nel merito.
Al riguardo c’è stata una frenata netta ed inequivocabile che è arrivata dal sottosegretario Alfredo Mantovano circa questa ipotesi cha aveva originato la reazione indignata non solo delle opposizioni, ma anche di parenti delle vittime. Rita Borsellino aveva parlato di vero e proprio «tradimento» della memoria del fratello. «Più che pensare di rimodulare è necessario difendere il concorso esterno dagli attacchi interessati e strumentali che periodicamente si manifestano e oggi si ripropongono», era intervenuta l’associazione Libera. Sul fronte politico, di fronte alle proteste delle opposizioni, in particolare del dem Walter Verini e del verde Angelo Bonelli, per Fdi era intervenuto il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida per stemperare: «Chiarirà Nordio», aveva detto.
Ma ecco spuntare il sotto-segretario alla presidenza del Consiglio ed ex magistrato, che interviene a chiudere sul nascere la nuova disputa: «Ai parenti delle vittime di mafia – a Salvatore Borsellino e Maria Falcone – dico che modificare il reato di concorso esterno in associazione mafiosa non è un tema in discussione, il governo non farà alcun passo indietro nella lotta alla criminalità organizzata. Ci sono altre priorità». Così Alfredo Mantovano, parlando con il Fatto Quotidiano. Per Mantovano «la giurisprudenza sul concorso esterno è consolidata» e «non c’è bisogno di aprire un altro fronte», nonostante, ammette, «ci siano interpretazioni diverse dei giuristi sul tema».
Gianni Letta stava a Silvio Berlusconi, come Alfredo Mantovano sta a Giorgia Meloni. A parte questa fantasiosa e poco matematica proporzione, si è trattato di una ventata di buon senso, probabilmente favorita se non suggerita dal Presidente della Repubblica, in mezzo a un inaccettabile ciarpame politico-giudiziario.
Non sono un esperto in materia. Sarà pur necessario chiarire meglio la portata del reato suddetto, ma teniamo conto che questi agganci esterni costituiscono un punto di forza del fenomeno mafioso. Capisco come sia facile finire in questo diretto o indiretto fiancheggiamento mafioso, ma non per questo e forse proprio per questo bisogna essere intransigenti e non lasciare scampo giuridico a chiunque intenda con la sua condotta commissiva od omissiva favorire la mafia in tutte le sue manifestazioni.
Diversamente potremmo finire per giustificare certi comportamenti equivoci nella loro esteriorità ma chiari nella loro intenzionalità. Succederebbe come nel caso di quel penitente che in confessionale ammise di bestemmiare. Il sacerdote gli chiese: “Bestemmia molto?”. Si sentì rispondere: “Una cosa giusta!”. Raccontando anonimamente l’episodio, il prete aggiunse laconicamente: “Adesso c’è una cosa giusta anche per la bestemmia…”. Adesso per il concorso esterno in associazione mafiosa ci potrebbe essere non dico “una cosa giusta”, ma una tolleranza rimodulata che sfocerebbe in una certa impunibilità per chi fa il tifo per la mafia. Della serie sono mafioso, ma solo un pochettino.