Ci sono due mercati estivi che si stanno sviluppando in parallelo, quello dei calciatori e quello dei giornalisti e operatori dell’informazione. Per come si svolgono temo siano entrambi sintomi di crisi sistemiche.
Il mondo del pallone assomiglia molto al Titanic, il transatlantico che si scontrò con un iceberg e si aprì come se fosse una scatola di sardine, mentre l’orchestra continuò a suonare per tenere tranquilli i passeggeri, che probabilmente continuarono a ballare. Il sistema calcio è destinato ad implodere e il ballo dei calciatori a suon di milioni, più o meno fasulli, è una sorta di distrazione di massa. L’implosione è per il momento rimandata oltre che con manovre di bilancio, con l’immissione di capitali freschi, ma di dubbia provenienza dal mondo russo, cinese e arabo, con l’istituzione di eventuali superleghe capaci di raschiare il fondo del barile delle sponsorizzazioni e dei diritti televisivi oppure con la formula americana dell’integrazione nel circuito commerciale (gli stadi trasformati in centri di consumismo, di divertimento e di tempo libero). Chi vivrà vedrà: il calcio dopo avere da tempo esaurito la sua funzione sportiva, sta esaurendo anche le sue risorse spettacolari e forse potrà salvarsi solo ridimensionandosi e diventando un mega-circo commerciale dove si esibiranno i migliori trapezisti, che sapranno tenere il pubblico col fiato sospeso al portafoglio.
Il mondo dell’informazione sta perdendo ogni e qualsiasi autonomia (salvo rare eccezioni) e si sta integrando nel gioco politico. Non ho idea se la situazione sia così in tutto il mondo occidentale, certamente è così in Italia dove il governo sta asservendo ai propri interessi tutte le televisioni, rimescolando le carte e creando un polpettone piuttosto insipido se non addirittura disgustoso. Gli spostamenti che avvengono tra il pubblico (Rai) e il privato (Mediaset di ormai berlusconiana memoria, la 7 del gruppo Cairo communication, canale Nove di proprietà della Warner Bros Discovery). “Questo o quello per me pari sono” sembrano dire i giornalisti che stanno preparando le valige, importanti sono i cachet, insignificanti gli utenti, optional l’etica e la coerenza professionali.
C’è un vero e proprio burattinaio? Certamente l’attuale governo sta brigando non poco per risistemate i palinsesti a proprio uso e consumo. È sempre stato così? Non credo! Non ho mai visto il pluralismo dell’informazione così sotto attacco e c’è di che preoccuparsi, perché rappresenta uno dei pilastri della democrazia. Non è questione di Fabio Fazio, Lucia Annunziata, Bianca Berlinguer, Barbara D’urso, Mirta Merlino e compagnia bella: sono peraltro casi diversi fra loro, ma che comunque rientrano nel riassetto in chiave politica degli equilibri televisivi.
Chissenefrega tanto ormai le opinioni si formano sui social! Non è vero. Se alle televisioni togliamo il giornalismo d’inchiesta, se i telegiornali diventano il pulpito per i sermoni meloniani, se tutti i gatti diventano bigi, se anche la carta stampata si accoda a questi aggiustamenti sistemici, siamo fritti.
A nulla servono i rigurgiti di perbenismo Rai contro il giornalista Filippo Facci colto con le dita nella marmellata dei rapporti a dir poco burrascosi con la ex compagna e di un inopportuno pezzo sulla vicenda di La Russa junior: le censure sono sempre inaccettabili e sono ancor peggio degli inchini al potere (ne sono l’altra faccia della medaglia). È il caso di dire che la Rai sta cercando di salvare la faccia censurando Facci.
Ucci ucci sento odor di padronucci. Vedo sempre più un giornalismo che lega l’asino dove vuole il padrone e un’informazione asservita al potere talmente bene da non farsene accorgere. Lukaku e c. ballano in soccorso del sistema calcio e per tenere caldi i tifosi; Merlino e c. danzano per tenere alto il morale dei cittadini a dispetto dei loro problemi. Evviva la democrazia!