Il governo tocca il fondo sui fondi

Una delle più inspiegabili e inammissibili lacune dello Stato italiano nei confronti dei suoi cittadini consiste nella stitichezza a supportare invalidi e famigliari delle vittime di eventi peraltro quasi sempre dovuti alla debolezza delle strutture pubbliche: lavoro, calamità, terrorismo, etc. etc.

Medaglie sì, pensioni col contagocce e con enormi ritardi. Risparmiamo (?) sulla pelle dei cittadini più sfortunati: roba che grida vendetta. Purtroppo è un difetto storico che va oltre gli indirizzi politici dei governanti di turno. Questioni burocratiche? Quando non sappiamo a chi dare la colpa, ce la prendiamo con la burocrazia di cui tutti, più o meno, siamo vittime. Non mi sento però di liquidare una simile manchevolezza in questo modo sbrigativo.

Quando vedo consegnare onorificenze e medaglie, quando sento la solita frase del “non vi dimenticheremo”, mi viene spontaneo pensare se e quando mai queste persone avranno quel sostegno economico che meritano e che magari è stato loro promesso. Probabilmente dopo il danno avranno le beffe di vedersi costretti ad inoltrare domande, a fare interminabili file agli sportelli pubblici, a chiedere quanto di loro sacrosanta spettanza.

Frequentavo la quarta classe dell’istituto tecnico commerciale: in questa scuola c’era l’usanza di iscrivere in un albo d’onore (sic!) gli allievi che si distinguevano per il loro profitto. Alla fine del primo trimestre avrei avuto i requisiti per quella iscrizione (nessuna insufficienza), ma avevo un voto basso in condotta (eravamo stati nella mia classe tutti puniti per alcune marachelle) e quindi persi “l’onorificenza”, per la verità senza grosso dispiacere da parte mia. Quando l’insegnante, che nutriva grande stima nei miei confronti, mi diede con un certo rammarico questo annuncio di fronte a tutti i miei compagni di classe, non esitai ad esprimere una sostanziale indifferenza alla questione: un mio compagno, volle dire ironicamente la sua e rivolto verso di me chiese, provocatoriamente e ad alta voce affinché la professoressa potesse sentire: «Si prendono soldi ad essere iscritti nell’albo d’onore?». Lo disse in uno sguaiato dialetto parmigiano per rendere ancor più ficcante la battuta. Fu immediatamente redarguito dall’insegnante, lui si scusò e la cosa finì così.

Forse aveva brutalmente ragione: siamo sempre pronti a riconoscere i meriti a parole salvo fregarcene altamente di premiarli in modo concreto. Si tratta della “paccaterapia” vale a dire la pacca sulla spalla che risolve tutto.

Un decreto del ministero del Lavoro approvato a maggio e passato sotto traccia per alcune settimane ha ridotto l’importo che le famiglie delle vittime del lavoro – o di chi subisce un grave infortunio – possono ricevere dallo Stato. Il testo del decreto 75/2023, firmato dalla ministra Marina Calderone, specifica le nuove cifre: il minimo è di 4mila euro, se c’è una sola persona superstite nella famiglia. Il massimo 14.500 euro euro per più di tre superstiti. Si considerano familiari i coniugi e i figli, e se non ci sono si allarga a genitori, fratelli e sorelle.

Nel 2022, le cifre erano ben diverse: 6mila euro la soglia minima, ben 22.400 quella massima. E la differenza si vede, ovviamente, anche per le quote intermedie. Per due superstiti si pagano 7.500 euro, che un anno fa erano 11.400. Per tre superstiti, la somma è di 11mila euro contro il 16.800 assegnati nel 2022.

Così, il Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro è stato ridimensionato. Il pagamento una tantum è una pratica gestita dall’Inail, nata nel 2007, che viene erogata alle famiglie dopo la morte o il grave infortunio di un lavoratore o una lavoratrice, entro un mese. Si rivolge anche a chi non ha un’assicurazione Inail. Più avanti, poi, con apposite verifiche si fissa un indennizzo specifico in base alle circostanze che vengono accertate. (Fanpage.it)

È stato chiesto conto al ministro competente e staremo a sentire cosa risponderà. Nel frattempo posso vergognarmi? Sì, mi vergogno! Mi si dirà che sono piccole ingiustizie a fronte di altre ben più grosse e clamorose. Qui però c’è accanimento, c’è sadismo di Stato, ben più del pizzo di Stato (ammesso e non concesso che esista, forse solo, speriamo nel cervello di Giorgia Meloni).