“Ritengo che in questo momento aprire una terza indagine che segue logiche e forme diverse dall’autorità giudiziaria, sarebbe una intromissione anche perniciosa per la genuinità delle indagini in corso”. Lo ha detto questa mattina, martedì 6 giugno, il promotore di giustizia vaticano, Alessandro Diddi, audito informalmente in Senato in vista del voto sulla commissione bicamerale di inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori. “Purtroppo – ha aggiunto – un eccesso di interesse dell’opinione pubblica può costituire un inquinamento della genuinità del lavoro che stiamo svolgendo in collaborazione con la procura di Roma”. Le dichiarazioni del pm vaticano hanno suscitato immediata eco, con vari commenti politici. Ma il caso riguarda anche i rapporti tra Italia e Santa Sede, poiché la convocazione di Diddi è stata fatta non seguendo i canali stabiliti dal diritto internazionale, ma in modo giudicato irrituale da Oltretevere e questo è stato fatto notare anche con una lettera del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, letta da Diddi durante la sua audizione. (dal quotidiano “Avvenire”)
Se mi è lecito essere triviale, posso dire tranquillamente che “mi è venuto il latte alle ginocchia” per una infinità di motivi fra i quali ne seleziono alcuni. Innanzitutto mi chiedo con quale credibilità e sfrontatezza la (in)giustizia vaticana chieda alla politica italiana di non fare il proprio corso mettendo al lavoro una commissione d’inchiesta su un caso a dir poco clamorosamente e colposamente (per non dire di peggio) tenuto a mezz’aria per quarant’anni dalle autorità della Chiesa. Intromissione? Ma mi facciano il piacere… Genuinità delle indagini? Ma si vergognino… Inquinamento del lavoro d’indagine? Ma se in questi quarant’anni non si è fatto altro che depistare, insabbiare e occultare la verità…
Quanto ai rapporti fra Italia e Santa sede che sarebbero stati bypassati da una convocazione irrituale del procuratore vaticano, me ne frego altamente di queste farisaiche disquisizioni: c’è di mezzo la vita di due donne e in Vaticano si formalizzano e stanno a guardare queste bazzecole?
In ordine all’opportunità o meno di istituire una commissione parlamentare d’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori credo che l’iniziativa sia solo assai tardiva: meglio tardi che mai. Le due magistrature, quella vaticana e quella italiana hanno fatto fino ad ora cilecca e quindi non si perdano in sottigliezze, ma comincino a fare finalmente il loro dovere. Certo, la commissione parlamentare potrebbe scoprire gli altarini e sotto gli altarini anche l’inettitudine dei giudici.
Alessandro Diddi, per carità di Dio, non faccia il primo della classe, anche se rischia di portarsi addosso la croce di errori ed omissioni non suoi e di sorbirsi le prediche rivolte agli assenti. Prendo atto della ventata d’aria pulita che potrebbe derivare da un gesto coraggioso (anche se tardivo) di papa Francesco e, se è vero che si è aperto un nuovo fronte collaborativo con la magistratura italiana, tanto meglio, era ora.
Un mio conoscente teme che la riapertura delle indagini possa far scoppiare una bomba atomica sulla credibilità del Vaticano: tutto sommato sarebbe una bomba benefica se riuscisse a pulire quell’ambiente da formalismi, omertà, legami col potere mafioso, compromessi economico-finanziari, devianze sessuali e perbenismi vari. La verità potrebbe far male, ma ben venga a qualsiasi costo.