“Alla fine, Giorgia Meloni avrebbe deciso: si sale sul cavallo Rai, e via, al galoppo. Dopo molta indecisione, il dado è tratto, e nei corridoi Rai si ricomincia a parlare di una nuova stagione, l’ennesima, che dovrebbe portare il tandem Roberto Sergio, attuale Direttore Radio Rai, e Gianpaolo Rossi, già Consigliere di Amministrazione Rai nella scorsa consiliatura, rispettivamente al vertice e alla Direzione Generale di viale Mazzini. Eppure, semmai sarà, sarà una corsa a ostacoli. Fra le fila del Governo, pur se non nel Consiglio dei Ministri di oggi, sarebbero comunque convinti della necessità di varare un decreto legge che porti a 70 anni il limite d’età per il pensionamento dei Sovrintendenti stranieri dei teatri italiani. Misura che offre il destro per un addio all’attuale Sovrintendente del Teatro San Carlo di Napoli, Stephen Lissner, al cui posto può essere nominato Carlo Fuortes (compito che spetta al Cda dello stesso Teatro), consentendogli successive dimissioni da viale Mazzini. (…) Infine, arriverà al pettine il nodo Tg, da sempre pallino della politica, anche se tutti dimenticano di aver vinto le elezioni senza averli dalla propria parte, e di aver poi perso le elezioni avendoli, sulla carta, a favore. Qui il problema è tutto politico e tutto nel centrodestra. Con Fratelli d’Italia che per il Tg1 inizialmente aveva puntato sul direttore di Adnkronos, Gianmarco Chiocci, cui tutti riconoscono caratura professionale: dal centrodestra, fino a Pd e Giuseppe Conte (persino l’Usigrai farebbe fatica a cannoneggiarlo). Ma Chiocci è un esterno -dicono, anche nello stesso centrodestra, i suoi avversari, che temono possa, da direttore Tg1, diventare interlocutore troppo forte della Premier Meloni-, e Forza Italia preme per ottenere il Tg2 (destinatario Antonio Preziosi), oggi sotto la guida di Nicola Rao (subentrato a ottobre, in quota Fratelli d’Italia, a Gennaro Sangiuliano diventato Ministro della Cultura). Dove spostare l’attuale direttore del Tg2, allora, se non al Tg1, tagliando la strada proprio a Chiocci? E come accontentare la Lega? Un rebus che fino a poche settimane fa si credeva sarebbe stato Carlo Fuortes a gestire, lasciando a Giorgia Meloni la possibilità di vantarsi di non aver messo le mani sulla Rai. La cosa deve aver smesso di interessare… e via, al galoppo!” (dal quotidiano “Il riformista”).
La Rai è sempre stato un territorio di conquista da parte della politica e dei governi in particolare: credo però che le manovre ai tempi della cosiddetta prima repubblica fossero niente in confronto di quanto sta avvenendo oggi a dimostrazione di due inconfutabili realtà.
Il fenomeno Meloni è riconducibile ad una vera e propria invenzione mediatica: sotto questo vestito niente… Per continuare a coprirsi bisogna quindi garantirsi il controllo dei media, pena il rischio di trovarsi nudi e crudi di fronte ad una realtà che comincia a complicare non poco il cammino del governo attuale. In questo senso il melonismo è perfettamente in linea col berlusconismo. Si sta verificando un passaggio di testimone paradossalmente tutt’altro che tranquillo: Berlusconi in buona parte si arrangiava in proprio (gli bastava garantirsi gli spazi televisivi), Meloni ha bisogno di un surplus di prepotenza sulla Tv di Stato (non gli bastano le televisioni di Berlusconi).
La seconda questione infatti è che gli equilibri (?) interni della maggioranza sono assai precari e reggono a fatica: bisogna puntellarli a suon di compiacenze radio-televisive. Giorgia Meloni vuole sfruttare il momento a lei favorevole, mentre i suoi partner intendono bloccarne in qualche modo le intenzioni egemoniche. Alla fine credo che il premier la spunterà, anche se forse non deve esagerare.
Il balletto delle nomine Rai, che sta raggiungendo l’indecente culmine nel probabile varo di apposito decreto-legge, rispecchia perfettamente le coreografie politiche ed istituzionali. Mentre il Parlamento ha (tra)ballato sulle cifre del bilancio statale, il governo vuole allontanare i ballerini ingombranti della Rai. Evidentemente ha intorno un corpo di ballo che non convince (il primo ballerino è stato addirittura scelto dal sovrintendente Mario Draghi). Forse si sta ripetendo il caso storico dell’Aterballetto negli anni settanta/ottanta del secolo scorso: le ballerine ingrassavano e, alla faccia della spending review, dovettero assumere un dietologo. Il coreografo Rai odierno sta somministrando dei passi di danza più da circo (si sforza di piacere a tutti) che da teatro (adatto al ristretto pubblico governativo) e suscita, a dir poco, molte perplessità: va sostituito. Mio padre mi raccontava come sul palcoscenico del teatro Regio durante una rappresentazione (non ricordo se di Gioconda o di Aida) i ballerini non si reggessero in piedi a causa delle merde dei cavalli, abbagliati ed emozionati dalle luci della ribalta. Furono costretti ad intervenire alcuni inservienti per ripulire gli spalti: lascio ai lettori immaginare le risate del pubblico. Di merde sul palcoscenico governativo se ne stanno sparpagliando parecchie. Parola d’ordine: pulirsi le scarpette e riprendere a ballare con eleganza e noncuranza. Vietato ridere.