Ammetto di essere un tifoso accanito di papa Francesco nelle numerose e coraggiose partite, che ha aperto e sta faticosamente giocando a tutti i livelli: all’interno della gerarchia ecclesiastica, nella rienvagelizzazione dottrinale, nella sclericalizzazione strutturale, nella disinfestazione curiale; all’esterno della Chiesa, nella laicizzazione dei rapporti con la politica, nella “spregiudicata” azione di pace e giustizia, nella modernizzazione del pensiero riguardo ai drammi del mondo e dell’umanità.
Fare il tifo però non vuol dire aderire acriticamente a tutte le giocate e infatti il recente viaggio bergogliano in Ungheria, visto in chiave squisitamente “laica”, se da una parte mi ha dato speranza nell’apertura di qualche spiraglio di pace nei rapporti russo-ucraini, dall’altra mi ha messo qualche dubbio sul rischio di rilasciare una involontaria cambiale al regime di Orban e di fornire un inopinato assist ai nostalgici del “Dio, patria, famiglia”.
Ho ascoltato il discorso alla cerimonia di accoglienza a lui riservata e confesso di essere stato immediatamente sorpreso dall’enfasi posta nella pur coerente difesa dei cosiddetti principi etici irrinunciabili, cavallo di battaglia più o meno strumentale dell’attuale politica ungherese. Se tanto mi dà tanto, il Papa, nei colloqui avuti qualche tempo fa con Joe Biden, avrebbe dovuto ribadire la negazione dell’Eucaristia al presidente americano in odore di abortismo e meritevole di scomunica a giudizio del bigotto episcopato statunitense. Invece risulta che lo abbia tranquillizzato e incoraggiato ad accostarsi alla Santa Comunione.
Ho subito pensato che si trattasse di una mossa diplomatica, anche se non è nelle corde di Bergoglio usare questo stile. Mi sono detto: probabilmente sta solo prendendo la rincorsa per poi cantargliele senza alcuna pietà in materia di immigrazione, di sovranismo e di populismo. Una sorta di captatio benevolentiae per poi aprire i rubinetti sulle questioni spinose, un biscottino che facesse da preludio ad una grandinata di bocconi amari da far trangugiare.
Purtroppo però anche in materia di europeismo papa Bergoglio ha tirato fuori un altro pasticcino, lasciandosi andare ad una peraltro condivisibile filippica contro il centralistico, tecnocratico e asettico andazzo europeo. Un conto però sarebbe criticare direttamente la politica europea rivolgendosi alla Ue nelle sue istituzioni, altro discorso farlo per interposta nazione ungherese, finendo col suonare musica per le orecchie di Orban e c., sensibili all’europeismo delle convenienze e refrattarie a quello degli impegni. Pane per i denti della democratura post-comunista, tanto cara ai meloniani in cerca di pericolose e vertiginose sponde continentali.
Finalmente sono poi arrivate anche le bordate bergogliane in materia di immigrazione, sparate in positivo, ma comunque ben mirate contro le egoistiche chiusure orbaniane. Il cerchio si è chiuso così? Ne valeva la pena? Forse solo se si fosse trattato di prezzi pagati per smuovere diplomaticamente le acque sempre più melmose della guerra russo-ucraina, facendo magari leva sulla defilata e finanche dialogante posizione ungherese verso la Russia rispetto all’indirizzo europeo drasticamente sanzionatorio e rigidamente filoamericano. Qualcosa il Papa ha lasciato intendere e speriamo quindi abbia inteso dare un piccolo bacio al rospetto, pensando che possa diventare un principino di pace.
Queste mie immediate ed un tantino maliziose perplessità sono la dimostrazione che forse si pretende troppo da papa Francesco, vale a dire che porti la croce di fortissime contrarietà in casa e sappia cantar messa a squarciagola in trasferta. È sempre così: a chi ti offre un dito gli vorresti prendere il braccio. Resta comunque un’atroce domanda: non sarebbe meglio che Bergoglio restasse legato alla sua strategia prettamente evangelica trasfusa in ficcanti azioni umanitarie e lasciasse perdere spericolate avventure politiche che non sono il suo forte? Se proprio vuole cimentarsi in iniziative diplomatiche in favore della pace, lo faccia in modo coperto, senza rischiare di compromettere il suo innegabile carisma.
Trovo conferma e riprova nelle stringate cronache a proposito del viaggio in Ungheria: “Il Papa riceve in nunziatura il metropolita ortodosso Hilarion di Budapest e dell’Ungheria, ex braccio destro del patriarca Kirill: fu «esiliato» per le sue posizioni contro la guerra. Il colloquio, dal tono cordiale, è durato circa 20 minuti. è presente anche il nunzio monsignor Michael Banach. Lo riferisce la Sala stampa della Santa Sede. Qualche ora prima Bergoglio è andato in un istituto che ospita bimbi ciechi e ipovedenti, e poi si è intrattenuto con poveri e rifugiati; ha ringraziato la Chiesa locale per «come ha accolto tanti profughi dall’Ucraina», dopo avere ascoltato il racconto di una famiglia fuggita dal conflitto: «Da qui una nuova vita»”. Questo è il vero ed autentico papa Francesco per cui continuo a fare il tifo!