“Certo, il giro di vite che i vertici della Conferenza episcopale italiana indicano nella missiva è quello sulle liturgie via Web che erano state la via d’uscita quando l’Eucaristia era senza il popolo e che adesso vanno interrotte. «Riteniamo sia opportuno – scrive la presidenza Cei – che cessino, o quantomeno siano diminuite nel numero, le celebrazioni trasmesse in streaming». Parole che mettono un punto fermo sul tema. Se nei mesi “bui” della pandemia erano state la sola possibilità per vivere l’Eucaristia anche con la “Comunione spirituale” suggerita dal Papa e dai vescovi, le Messe in Rete erano poi proseguite per venire incontro alle esigenze di quanti, soprattutto anziani e malati, non se la sentivano di tornare in parrocchia con il virus ancora in circolazione. Però erano state lette come un “surrogato” che poteva diventare un pretesto per evadere dalla partecipazione diretta. Sulla questione che è stata al centro di riflessioni e discussioni, la Cei prende posizione all’indomani dell’annuncio della fine dell’emergenza Covid da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità”. (dal quotidiano “Avvenire”)
La Cei con una lettera riporta le lancette del tempo a prima della pandemia, ammesso e non concesso che sia finita l’emergenza. Su questo ho i miei seri dubbi: temo infatti che si continui a mettere al primo posto non tanto la salute delle persone, ma le esigenze dell’economia: qualcuno sostenne fin dall’inizio che al rischio di morire di covid si accompagnasse anche quello di morire disoccupati e che, quindi, bisognasse trovare un compromesso tra le due emergenze parallele. Un vero ed autentico cinismo capitalistico!
Torno comunque al pronunciamento della Cei che giudico burocraticamente ridicolo. Se una persona mantiene intatto il giustificato timore di essere infettato, perché le si vuol togliere la possibilità di partecipare alla messa via Web? Potrò scegliere come meglio difendermi dal rischio del contagio o dovrò sottostare alle indicazioni dei vescovi? La difesa della vita a tutti i costi, comprese le sofferenze di chi non ce la fa più a tirare avanti, non contempla il ricorso alla messa palliativa, vale a dire seguita in streaming?
Ma andiamo ancora più impietosamente a fondo. Che differenza c’è fra la partecipazione in persona alle messe ingessate dove non ci si conosce, dove non si condivide nulla, dove “si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”, dove si assiste ad un rito che scantona nella parodia, e la “remote e/o smart liturgy”, vale a dire la messa seguita in video?
Occorrerebbe tentare di “sgelare e sgessare” la ritualità, riconducendola alla spontaneità con il coraggio di fondere il sacro con la vita. Tutti assistiamo in televisione ai riti celebrati in Vaticano, in S. Pietro a Roma, e ne cogliamo la pesante spettacolarizzazione, abbiamo la sensazione di assistere ad assurde messe in scena degne del miglior Franco Zeffirelli (a quando, papa Francesco, una ventata di aria fresca anche in questo campo? A quando il licenziamento degli insopportabili ed impettiti maestri di cerimonie, protagonisti instancabili di un marcamento a uomo del pontefice ovunque celebri una messa?). E allora, tutto bene nel seguire in video le centralistiche parate vaticane e tutto male nelle messe periferiche diffuse dalle televisioni confessionali tra uno spot pubblicitario e l’altro?
Se entriamo in certe chiese periferiche e torniamo a terra, constatiamo la routinaria pochezza di liturgie sbrigativamente ed anonimamente finalizzate solo al tagliando di adempimento del precetto festivo. Da una estremità all’altra: dalla vuota enfasi rituale alla banalizzazione precettistica. Vogliamo questo? La Messa è una cosa molto importante la cui serietà dipende dalle rette intenzioni dei partecipanti a livello personale e comunitario a prescindere dalla mera presenza fisica in chiesa.
La Cei la smetta con questi interventi burocratici ed insulsi e abbia il buongusto di andare al sodo per rivedere sostanzialmente l’impostazione liturgica ed incoraggiare modalità partecipative aventi per scopo non tanto la mera presenza ma la vera partecipazione all’Eucaristia. Si può infatti essere presenti ma assenti e si può essere assenti ma presenti.