Per aprire un dialogo serio e costruttivo su eventuali riforme costituzionali bisognerebbe, come minimo, credere nell’attuale dettato costituzionale: requisito inesistente. Di conseguenza tutto rischia di diventare un assurdo balletto intorno alla Costituzione più per screditarla che per migliorarla.
Quanto alla ministra per le riforme costituzionali, “da lè a niént da sén’na…”. Quanto al presidente del Senato, la Costituzione non c’entra niente con l’antifascismo. Quanto al presidente del Consiglio, la miglior costituzione potrebbe essere quella ungherese di Orban. Quanto alla Lega, l’importante è lo scriteriato potenziamento delle Regioni. Quanto a Forza Italia, chissenefrega visto che semipresidente o cancelliere o premier non può più essere Berlusconi.
Non esiste un minimo comune denominatore tra le forze politiche, tale da rappresentare una base su cui discutere. Gli attuali partiti non sono in grado culturalmente e politicamente di affrontare una simile avventura, i cittadini non sentono questo discorso e allora…Restano solo i tatticismi di un governo in cerca di identità, egemonia culturale e sbornia di potere, di una opposizione divisa in cerca di “freddo per il letto”, di un Renzi pronto a salire sul palcoscenico per interpretare un ruolo tutto suo (quale non è dato capire).
Fanno sinceramente pena i media, che si sono lanciati a capofitto sulla questione, così, tanto per parlare o meglio per chiacchierare un po’. Non riesco ad interessarmi, non è una cosa seria.
Nel 1997 ha fatto flop la commissione bicamerale presieduta da D’Alema: un gigante politico rispetto ai nani di oggi. Nel 2016 ci lasciò le penne Matteo Renzi che, dopo aver varato un progetto discutibile ma più che dignitoso, politicizzò la sua riforma al punto da avere quasi tutti contro. La riforma costituzionale deve partire dai valori, deve volare alto, altrimenti rischia di schiantarsi al suolo appena decollata. E chi è oggi portatore di valori, detentore di una visione complessiva, elaboratore di un progetto credibile? Nessuno!
L’ionia della sorte vuole che questa falsa partenza di un’ipotetica riforma costituzionale avvenga proprio nel giorno del 45° anniversario della morte e del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro: con lui finì la politica intesa come dialogo e confronto e siamo tuttora alla ricerca di qualcuno che sappia riavviare il discorso. La pantomima meloniana mi sembra quasi uno sfregio al sacrificio di questo irripetibile personaggio, al quale il nostro Paese deve chiedere perdono per non averlo capito, seguito, difeso e salvato.
La Costituzione italiana è l’emblematico esempio di compromesso ai livelli più alti. Qualsiasi riforma odierna sarebbe un compromesso ai livelli più bassi, si chiami premierato israeliano, cancellierato tedesco, semipresidenzialismo francese. Avremmo una controriforma o, se proprio volete, una cazzata italiana. Mancano totalmente i presupposti, quindi non scherziamo col fuoco, diamoci un taglio e parliamo d’altro. Viene a fagiolo il seguente episodio. «Parlèmma ‘d robi alégri» intimarono gli amici di mio padre alla compagnia in vena di discorsi penosi: uno di loro, accettando il perentorio invito, rispose: «Co’ costarala ‘na càsa da mòrt?».