Quelli dell’Ave Maria

Marisa Frascangeli è una maestra di 58 anni, molto attiva e conosciuta nella piccola comunità di San Vero Milis, un paesone della provincia di Oristano. Ha fatto recitare un’Ave Maria ai bambini di terza elementare l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze di Natale ed è stata sospesa 20 giorni dall’insegnamento, con tanto di decurtazione dello stipendio.

Intervistata dal quotidiano “Avvenire” afferma con molta umiltà: “Era l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze, ho pensato di far fare ai bambini un lavoretto, intrecciando un braccialetto a mo’ di piccolo rosario, e abbiamo recitato insieme un’Ave Maria e un Padre Nostro. Non ho pensato affatto che fosse un’iniziativa fuori luogo. Conosco benissimo i miei bambini e le loro famiglie, nessuno ha scelto l’ora di alternativa, fanno tutti religione e quest’anno riceveranno la Prima Comunione. Molti di loro cantano nel coro della parrocchia, che dirigo. Mi è sembrato naturale quel momento, anche perché all’inizio dell’anno avevo già chiesto ai genitori in una riunione se creasse problema recitare una preghiera, per esempio all’inizio delle lezioni, e nessuno si era opposto, anzi. Detto questo, sono stata assolutamente pronta a mettere in discussione quella mia decisione quando il dirigente mi ha detto che due mamme si erano lamentate dell’accaduto. Abbiamo fatto una riunione, ci siamo chiariti, ho chiesto anche scusa. Sono un’insegnante, sono pronta a mettere in discussione le mie decisioni di qualsiasi tipo esse siano quando i genitori me ne chiedono conto: la scuola d’altronde funziona così, la costruiamo insieme anche nel confronto con le famiglie, e la mia porta è sempre aperta per colloqui, richieste, critiche. Le avrei accolte anche in quel caso e le ho accolte quando c’è stata la riunione dopo la pausa natalizia”.

I casi sono due: o il fatto contestato nasconde dell’altro oppure siamo nel campo della demenza spacciata per laicità. Mi viene spontaneo cedere la parola a mio padre, che reagirebbe in modo semplice, spontaneo e pragmatico, chiedendosi: “Cla méstra lì ala insgnè quél äd brutt ai putén? Am sa propria äd no! Dir ‘n’orasion a la Madònna a neg fa miga mäl ai ragas, ansi!”. Di fronte ai casi di genitori, che entravano in contrasto con gli indirizzi educativi degli insegnanti, si premurava di aggiungere: “A t’ capirè se mi a m’ permetriss äd criticär ‘na méstra”. E aggiungeva: “Mo vót che mi digga quél a un mestór? Par poch ch’al nin sapia al nin sarà sempor pu che mi”. Un mix di modestia, buonsenso e rispetto, cosa che dovremmo ricuperare a tutti i livelli nella nostra convivenza civile.

Non sono un integralista cattolico, ma questi episodi rischiano di indurmi in tentazione. Se le lamentele vengono da famiglie di altra fede religiosa mi permetto di far presente come nel comportamento di questa maestra non ci sia niente che possa turbare la pace religiosa. Se il conflitto nasce da famiglie pregiudizialmente contrarie alla religione, mi permetto di avvertirle che forse stanno scivolando involontariamente verso la religione del nichilismo.

Vogliamo buttarla in politica? Ebbene questi episodi di intolleranza finiscono con l’essere dei perfetti assist a Meloni, Salvini e c., a chi cavalca il ritorno all’identità del “Dio, patria e famiglia” e all’intolleranza nei confronti dei diversi. Non è il caso di insistere ulteriormente su questo concetto. Ricordiamoci infatti la regola che ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.

Che una maestra elementare prima delle vacanze natalizie faccia recitare ai bambini della sua classe un’Ave Maria e un Padre Nostro (io avrei aggiunto anche un Gloria per completare la preghiera) non lo trovo né sconveniente né tanto meno censurabile. Mi disturba invece molto la spropositata reazione delle famiglie e del preside. In una scuola che cade a pezzi in senso fisico, didattico ed educativo, preoccuparsi di questi aspetti è dimostrazione di ottusità mentale e di faziosità intellettuale.