Italia e Polonia rinsaldano i loro rapporti. Un vero e proprio asse su immigrazione e conflitto ucraino, sancito dal lungo colloquio (oltre un’ora) che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha avuto con il suo omologo Andrzej Duda. Due Paesi che pagano il posizionamento geografico ai confini dell’Unione, e lo scotto, con carenza di solidarietà dell’Unione, di trovarsi in prima linea uno sul versante Sud-Mediterraneo, l’altro su quello orientale, entrambi alle prese con una vera e propria emergenza di carattere anche umanitario. Mattarella ha messo in evidenza la necessità di «una nuova politica di migrazione e di asilo dentro l’Unione, superando vecchie regole che sono ormai della preistoria», ha detto in chiaro riferimento agli accordi di Dublino (dal quotidiano “Avvenire”).
Un piccolo grande capolavoro di diplomazia, di europeismo e di sensibilità politica. Non può sfuggire infatti come la Polonia faccia parte del gruppo di Visegrad, un insieme di Stati euroscettici a corrente alternata, vale a dire europeisti quando conviene al loro portafoglio e distanti da Bruxelles quando si tratta di mettere una mano sul cuore e una sul portafoglio. Ebbene Sergio Mattarella è riuscito, almeno a parole, a portare questo difficile partner europeo su posizioni compatibili con le problematiche della Ue nel suo complesso.
Ma non basta. Ritengo che il nostro Presidente della Repubblica abbia dato anche una lezione al governo italiano tracciandogli una via di ragionevolezza e di coerenza da seguire in politica estera. Non può sfuggire la differenza di stile e di linguaggio rispetto a quelli adottati da Giorgia Meloni e dai suoi ministri. Mio padre sosteneva acutamente e convintamente che «L’ è al tón ch’a fà la muzica…». Mattarella canta in modo perfettamente intonato e speriamo possa coprire le stonature governative.
Fino a qualche tempo fa i sondaggi dicevano che la fiducia della gente andava prevalentemente, se non addirittura esclusivamente, a tre istituzioni: Presidenza della Repubblica, Carabinieri e Chiesa Cattolica. Quanto ai carabinieri ci sarebbe molto da discutere. La Chiesa Cattolica dopo il bagno rigenerante bergogliano sembra avvitarsi su un triste passato di intrighi e scandali. Resta il Quirinale corroborato dalla cura mattarelliana fortunatamente proseguita oltre il protocollo terapeutico.
Non saremo mai sufficientemente grati a Sergio Mattarella. Al solo pensare all’ipotesi che non ci fosse lui, mi tremano le vene ai polsi. Che Dio ce lo conservi al suo posto almeno fino al termine del secondo settennato e che la ragionevolezza politica mantenga intatta questa istituzione. Ho fatto i calcoli temporali e il nuovo Capo dello Stato dovrebbe essere eletto dal nuovo Parlamento. Le Camere attuali scadono infatti, salvo scioglimento anticipato, nell’autunno 2027. Il secondo mandato di Mattarella scade nel gennaio 2029 salvo pateracchi pseudo-riformatori. De ‘d chi a là tant nin nase e tant nin móra. Lunga vita a Mattarella, breve vita politica a chi ci sta sgovernando.