Il governo slitta o pattina sul ventennio

Uno scivolone del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida infiamma il dibattito politico. Da un convegno organizzato dalla Cisal il titolare della Sovranità alimentare interviene sul tema denatalità e migranti suggerendo di non arrendersi alla «sostituzione etnica». «Gli italiani fanno meno figli – è il ragionamento – e li sostituiamo con qualcun altro. Non è quella la strada». 

In molti si aspettavano una presa di distanza da parte di Giorgia Meloni, invece al ministro ha fatto meramente eco la Presidente del Consiglio, che non ha aggiustato il tiro, ma lo ha reso appena più presentabile.

“Per troppi anni non ci sono stati investimenti sulla natalità”, ha detto la premier Meloni parlando a margine dell’inaugurazione del Salone del mobile. “In Italia abbiamo un problema di tenuta del sistema economico e sociale, non abbiamo investito sulla natalità. In Italia ci sono sempre più persone da mantenere e sempre meno persone che lavorano, questo problema si risolve in vari modi: il modo su cui lavora il governo non è solo quello dei migranti, ma anche quello della grande riserva inutilizzata che è il lavoro femminile. Portandolo alla media europea e puntando sulla demografia, con l’incentivazione da parte delle famiglie di mettere al mondo dei figli”.

Il discorso della crisi demografica è grande come una casa, è la conseguenza di tanti fattori umani, sociali, economici e politici. Metterlo strumentalmente in contrapposizione con l’ingresso nel Paese dei migranti che sostituirebbero la nostra etnia è semplicemente una “cazzata” di stampo fascista. Scusate se uso un sostantivo triviale e un aggettivo “antistorico”, ma è ora di finirla con queste subdole riproposizioni di una mentalità di regime.

Pulizia etnica (migranti), pulizia sessuale (omosessuali), pulizia sociale (i senza lavoro), pulizia culturale (rave party), pulizia procreativa (filiazione doc): un filo nero che lega il sacco e che giustifica politiche di un certo stampo. È ingenuo e pericoloso sostenere che il fascismo è morto se sono vivi i suoi presupposti ideologici seppure riveduti e (s)corretti. Ogni giorno si registra un’uscita in tal senso: a prima vista sembrano espressioni estemporanee al limite del ridicolo. Se però si mettono in fila e si leggono in controluce emerge un disegno a dir poco reazionario.

Non so se la premier se ne renda conto, se sopporti o se condivida, se lisci il pelo a certe nostalgie o se abbia in testa una vera e propria strategia di ritorno a un inqualificabile passato. La celebrazione della prossima festa del 25 aprile potrebbe essere l’occasione per sgombrare il campo da qualche forte perplessità, anche se non è solo questione di parole ma di fatti e di linea politica.