Il difensivismo anti-evangelico

La Chiesa, meglio sarebbe dire la ditta “vatican-clericale”, sta adottando, attraverso i suoi media, i suoi apologeti ed i suoi difensori d’ufficio, tre linee di difesa, una dopo l’altra, retrocedendo progressivamente di fronte all’emersione di realtà scandalose, di cui si sapeva, ma che, siccome tutto ha un limite e questo limite è stato ampiamente superato, ha messo decisamente sotto scacco l’istituzione nelle sue strutture fondamentali. Di fronte a documenti e notizie più che imbarazzanti, prescindendo dal fatto se siano o meno veritieri, si parte col “vittimismo”: povera Chiesa…da quante illazioni e attacchi deve difendersi… Ricordo quando fui costretto ad interrompere l’omelia di un sacerdote che, alludendo all’emersione del fenomeno dei preti pedofili, rigirava la frittata difendendo la Chiesa in quanto vittima dell’ondata mediatica sugli scandali di carattere sessuale. Mi sentii in dovere di controbattere che semmai le vittime erano i bambini e tutti i soggetti segnati da queste terribili vicende. Il meccanismo difensivo è sempre lo stesso, cambiano gli scandali, e sinceramente non so quali siano i più gravi.

Nel caso di Emanuela Orlandi e delle bordate del fratello Pietro si risponde che il diritto alla verità, così poco rispettato dalle gerarchie vaticane, non è diritto all’illazione. Mi permetto di aggiungere: ma nemmeno alla pregiudiziale e intoccabile santificazione dei ministri della Chiesa, non foss’altro perché la santità non è perfezione di vita, ma impegno di conversione (vedi buon ladrone, Maria di Magdala, Zaccheo, etc. etc.). Solo la Chiesa Cattolica e quella Ortodossa hanno la tradizione di proclamare santi e sante uomini e donne per la loro vita esemplare. I fratelli Ebrei, i fratelli Musulmani e le Chiese sorelle Protestanti affermano invece che la santità appartiene solo a Dio, tutti gli esseri umani sono peccatori che Dio ha perdonato e salvato. Dei Santi, dei Beati e di tante persone a noi care, in Paradiso ma non necessariamente “canonizzate”, testimoni dell’amore di Gesù e dei valori universali, abbiamo tutti bisogno e diciamo loro: «Grazie!», ma non irritiamoci e non scandalizziamoci se il loro operato in questa vita viene discusso e criticato, magari a volte anche sgarbatamente.

Sono d’accordo con la paradossale inattendibilità di un papa Wojtyla che va in cerca di avventure notturne con due monsignori polacchi: fa il paio con il bacio di Giulio Andreotti a Totò Riina. Il problema non consiste nel coinvolgimento diretto del papa, ma nell’emersione di un altolocato clima sporco esistente in Vaticano in materia sessuale e affaristica. Possibile che in 27 anni di pontificato (dal 1978 al 2005) Giovanni Paolo II non si sia accorto del marciume esistente in Vaticano e non abbia fatto nulla per porvi qualche rimedio? Questa è la domanda inquietante a prescindere dall’azzardato teorema giudiziario del “non poteva non sapere”. Possibile che non abbia saputo che un alto esponente della criminale Banda della Magliana era sepolto in una basilica romana? Per non parlare di monsignor Marcinkus e dello Ior: possibile che non sapesse delle porcherie finanziarie non certo ascrivibili solo a Marcinkus ma ad un sistema malato? Gira da tempo un’illazione in base alla quale una parte dei soldi sporchi dello Ior sarebbero stati girati a Solidarnosc: della serie “lo sterco del diavolo” faccia almeno da concime per campi virtuosi. E dalli con le illazioni…chiedo umilmente scusa.

La prima linea difensiva punta quindi al “catenaccio”, al vittimismo ed a retrocedere a pure illazioni tutti gli indizi di colpevolezza o di omertà, pretendendo prudenza e assoluta correttezza da chi è toccato nel vivo e tenta disperatamente di cercare un briciolo di verità, non aiutato, ma prima preso in giro e dribblato e adesso finalmente ascoltato. È più grave l’eccesso colposo in legittima ricerca della verità o l’annosa, dolosa e omertosa copertura della verità stessa?

In seconda battuta parte la contraerea delle “mele marce”, la difesa a uomo: quando la realtà emerge in modo clamoroso, allora si tenta di buttarla sul discorso della quasi inevitabilità che in una istituzione possano esserci componenti che sbagliano senza per questo dovere squalificare tutto e tutti. L’argomento è decisamente più furbo, assomiglia molto alle difese politiche, tenta di confondere le acque con la lotta tra male e bene presente anche nella Chiesa. È certamente vero: non si può pretendere che tutti siano stinchi di santo, ma questo non può comportare la comoda adozione del “chi è senza peccato scagli la prima pietra”. La Chiesa, volenti o nolenti, interpreta la parte del messia e non dell’adultera, quindi deve fare pulizia, perché quello che emerge è tutt’altro che carità, tutt’altro che povertà, è miseria umana. Di più: è scandalo da macina al collo, è commercio di beni sacri. È simonia!

Quando l’attacco si fa pesante parte la difesa a zona: la Chiesa deve pur vivere e fare i conti col vil danaro, è sulla terra e non in cielo, quindi può finire col compromettersi e sporcarsi, ma comunque a fin di bene. Nessuno mette in discussione la struttura, ma semmai la sovrastruttura: è l’impostazione che è sbagliata. Investire serve, ma in modo corretto e pulito, senza distrazione di fondi, senza speculazioni, senza manovre mafiose, senza procedure massoniche, senza sotterfugi delinquenziali. Il denaro non deve essere un fine, ma un mezzo: la ricchezza infatti non è maligna in sé, dipende dall’uso che se ne fa.  Il sesso non è peccato, lo è se viene praticato nel buio vizioso e nel vomitevole mercato. Si dirà che, come al solito, il male fa molto baccano rispetto al bene in larga parte presente all’interno della Chiesa e del comportamento dei suoi ministri. Proprio in difesa di questo bene occorre denunciare e non coprire il male, tutt’altro che marginale nei tratti salienti di una gerarchia sempre più abbarbicata alla vuota, farisaica e clericale difesa di regole che non assomigliano neanche lontanamente al dettato evangelico.

Le difese d’ufficio pertanto nulla tolgono alla gravità degli scandali e ancor prima alla intollerabilità di un clima fatto di sotterfugi affaristici e sessuali. Temo che esista un tumore maligno all’interno della Chiesa-istituzione: occorre il bisturi. Un supplemento di coraggio per il Papa: scoperchiare le pentole e mandare a lavorare gli imboscati di lusso. Un po’ di trasparenza e riforma. Forse qualcosa sul caso di Emanuela Orlandi si sta muovendo: dopo quarant’anni…