Governati da una destra che non è antifascista

Ignazio La Russa, presidente del Senato, ha detto che l’attentato dei partigiani a via Rasella generò la rappresaglia e che si è trattato di “una pagina tutt’altro che nobile della Resistenza: quelli uccisi furono una banda musicale di semi-pensionati e non nazisti delle SS, sapendo benissimo il rischio di rappresaglia su cittadini romani, antifascisti e non”. La Russa ha voluto comunque sottolineare la sua “condanna durissima dell’eccidio delle Fosse Ardeatine” (mancava solo che lo giustificasse…).

Ho l’impressione che Giorgia Meloni su fascismo e antifascismo faccia dichiarazioni piuttosto equivoche, viaggiando sul filo del rasoio, per poi aprire la strada alle bordate vere e proprie provenienti non da un cittadino qualsiasi, ma dalla seconda carica istituzionale dello Stato. C’è poco da discutere, tira aria di neofascismo. Lo si vede un po’ dappertutto: nel livello istituzionale (il busto di Mussolini in casa del presidente del Senato la dice molto lunga, infatti…), nella fuorviante impostazione del tema dell’immigrazione (l’intolleranza pseudo-razzista che sta sostanzialmente alla base dell’agire del governo), in certi comportamenti del mondo giovanile (“ringalluzzimento” delle squadracce di stampo fascista).

È venerdì 10 marzo 2023, sono le otto del mattino e di lì a un’ora, l’alberghiero Andrea Mantegna di Brescia ospiterà il convegno annuale dell’Anpi “Dalla scuola uno sguardo internazionale su memoria, democrazia e Antifascismo”. Fuori dall’istituto, uno striscione bianco, legato alla recinzione, con una scritta in stampatello nera: «La resistenza è una cagata pazzesca». Accanto, il fulmine cerchiato di Blocco Studentesco, associazione neofascista “junior”, emanazione di Casapound. La citazione di fantozziana memoria, questa volta non fa ridere. Tutt’altro. «Ci offende e ci fa male, specie in una città simbolo della Resistenza come Brescia», commenta amaro Lucio Pedroni, presidente provinciale dell’Associazione partigiani. «Chi ha commesso questo atto ignobile si commenta da solo», prosegue. «Ma forse è bene ricordare a questi ragazzi – se ragazzi sono – che se possono dire e fare tutto quello che vogliono oggi è proprio grazie alla lotta di liberazione della Resistenza» (dal quotidiano La Stampa).

Evidentemente l’estremismo neofascista respira a pieni polmoni l’aria viziata della destra al governo. Gli episodi si susseguono in un crescendo significativo e disgustoso. Verrebbe da controbattere con uno slogan che andava di moda negli anni sessanta: “Fascisti carogne tornate nelle fogne”. Ma lasciamo perdere gli slogan, che rischiano di attizzare ancor più il fuoco del neofascismo. La tentazione di lasciar perdere inquadrando questi episodi nello sciocchezzaio nostalgico ci potrebbe anche stare, ma sorvola oggi, sorvola domani, non vorrei che ci trovassimo in un clima irrespirabile e funzionale a pericoli ben più gravi per la nostra democrazia.

Comunque, basta fare una rapida ricerca sul web per rendersi conto che quello avvenuto fuori dal Mantegna è solo l’ultimo episodio di una serie. Qualche giorno fa, davanti a un altro istituto superiore bresciano, l’Itis Castelli, era apparso uno striscione che recitava così: «Le vostre intimidazioni mafiose non fermeranno la gioventù ribelle!». In quel caso, nel mirino era finita la preside che aveva minacciato azioni legali nei confronti di chi aveva fatto volantinaggio neofascista all’interno della scuola. L’ambiente di provenienza di questi militanti – cresciuti e pasciuti nel brodo di coltura delle destre italiane – a ben guardare è lo stesso dei sei di Azione Studentesca che fuori dal Liceo Michelangiolo di Firenze avevano pestato due studenti lo scorso 18 febbraio. Lo stesso da cui provengono i giovani “camerati” che il 4 marzo scorso, davanti al Liceo Tito Livio di Padova, avevano esposto un cartello con scritto “La scuola non è antifascista. È libera”.

Quello stesso ambiente dalle simpatie neofasciste che oggi pomeriggio a Milano riunirà alcune tra le sigle più radicate sul territorio per parlare di «prospettive per l’unità dei patrioti». L’appuntamento circola da giorni nelle chat su Telegram di Movimento nazionale-Rete dei Patrioti (nato dalla scissione di Forza Nuova), di CasaPound, Lealtà Azione, Veneto Fronte Skinhead e Fortezza Europa e altre. Organizzazioni per le quali l’Anpi ha «da tempo chiesto lo scioglimento», come ribadito dal presidente provinciale di Milano. «Gli strumenti ci sono: la legge Scelba, che ha consentito di sciogliere Ordine nuovo e Avanguardia nazionale, e la legge Mancino che la completa, aggiungendo anche l’apologia del razzismo: gli strumenti esistono ma manca la volontà politica di applicarli» (sempre dal quotidiano La Stampa).

Non è questione di allarmismo, ma di educazione civica e politica. Abbiamo sorvolato troppo sul fascismo, non ne abbiamo approfondito a sufficienza le cause e gli effetti, lo abbiamo sbrigativamente accantonato come un fenomeno da archiviare senza elaborarne lutti e rovine. Le giovani generazioni poi non sanno niente di tutto ciò e tendono a fare prima goliardia e poi violenza su un discorso fondamentale per il Paese. Bisogna intervenire intanto che siamo in tempo.

Invece, come scrive Teresa Simeone su MicroMega, ci sorprendiamo ad ascoltare e a interrogarci su affermazioni a dir poco paradossali, come quella di Pietro Senaldi a La7 secondo il quale la Costituzione è stata scritta dagli antifascisti, o storicamente imprecise, come nel messaggio di Giorgia Meloni, per la quale le 335 persone dell’eccidio delle Fosse ardeatine furono uccise perché italiane.

È vero, non tutti sono obbligati a conoscere precisamente la composizione dell’assemblea costituente eletta nelle elezioni del 2 giugno 1946 o le modalità con cui i nazisti predisposero e organizzarono l’eccidio del 24 marzo 1944; non tutti, ma chi guida il Paese o ne commenta le vicende, influenzando l’opinione pubblica, sì, lo è. Come ha chiarito sulla Stampa Michele Sarfatti, esperto studioso di storia ebraica, “Dire che alle Fosse Ardeatine vennero trucidati 335 innocenti ‘solo perché italiani’ è una stupidata”. “La presidente Meloni – ha continuato – la storia non la conosce o forse non la vuole conoscere, farebbe bene a studiare”. E conclude: “La verità è che si deve scegliere: O rinuncia al governo o alle origini del suo partito”.

Questo è il groviglio in cui coloro che sono al vertice del Paese si trovano avviluppati: devono scegliere da che parte stare. Semplicemente, ma fermamente. Finché rimarranno vaghi su questo tema, si continuerà ad incalzarli. Hanno giurato sulla Costituzione antifascista: ne siano orgogliosi.

Rischio di ripetermi, ma ne vale la pena. Mio padre mi ha trasmesso il valore dell’antifascismo, che era parte integrante e fondamentale della sua vita, a livello etico, culturale, storico, esperienziale, umano prima che politico. Su questo non si poteva discutere: quando mia madre timidamente osava affermare che però Mussolini aveva fatto anche qualcosa di buono, mio padre non negava, ma riportava il male alla radice e quando la radice è malata c’è poco da fare. Ciò che ha meritoriamente fatto mio padre nei miei confronti non è stato fatto nei tempi e nei modi dovuti verso la generalità dei giovani.

Bisogna far capire ai giovani con forza, fino alle estreme conseguenze  della messa fuori legge, che Resistenza (nel cuore e  nel cervello), Costituzione (alla mano), Repubblica (nelle istituzioni) impongono una scelta di campo imprescindibile e indiscutibile: sull’antifascismo non si può scherzare anche se qualcuno tra revisionismo, autocritiche, pacificazione, colpi di spugna rischia grosso, finendo col promuovere il discorso di chi vuole voltare pagina, non capendo che coi vuoti di memoria occorre stare molto e poi molto attenti e che (come direbbe mio padre) “ in do s’ ghé ste a s’ ghe pól tornär “. E infatti temo proprio che ci si stia scivolando dentro.