Paragoni impossibili

“Io non sono Mosè e non ho prosciugato l’Adige”. Con queste parole Giorgia Meloni ha risposte picche a chi in Parlamento ha sollevato il drammatico problema della siccità. Se proprio voleva essere spiritosa avrebbe dovuto citare, adattandolo al caso, il famoso detto: “Non piove, governo ladro”. Invece ha innanzitutto dimostrato la sua crassa ignoranza in materia biblica. Infatti, come le ha puntualmente ricordato Beppe Severgnini, Mosè non ha prosciugato un bel niente, ha diviso il mar Rosso salvo richiuderlo addosso agli Egiziani, e nel deserto, dopo le mormorazioni degli Ebrei, ha cavato acqua dalla roccia. Niente di male, ma un po’ più di cultura non guasterebbe (forse la battuta gliel’ha suggerita il ministro Sangiuliano? Se è così ha sbagliato ministro, doveva rivolgersi a Eugenia Roccella specializzata nella connessione tra politica e religione).

Forse il paragone con Mosè poteva starci non tanto con riferimento al fiume Adige, ma al mar Mediterraneo.  Lì sì che sarebbe opportuna la divisione delle acque per non far affogare tanti migranti. Sarebbe però interessante capire se, nella mentalità meloniana, i disperati in fuga sui barconi siano da assimilare al popolo ebraico che fuggiva dal giogo egiziano oppure se Mosè sia da assimilare ad un buonista che voleva salvare tutti per poi tenerli quarant’anni nel deserto.

Ma c’è dell’altro. Nell’ultimo atto di Bohème, Rodolfo consola Mimì che sta morendo, definendola “bella come l’aurora”, ma lei realisticamente lo corregge, dicendogli “hai sbagliato raffronto, dovevi dire bella come il tramonto”. Ad un innamorato si può perdonare. Comunque bisogna stare attenti ai paragoni, perché, se diventano impossibili, fanno ridere. E Giorgia Meloni rientra in questa fattispecie. Ha il potere di rendersi ridicola.

Ma c’è un altro problema ancora: chi vuol far ridere e non ne è capace, finisce col far piangere. Le battute bisogna saperle fare, altrimenti è meglio lasciar perdere. In caso contrario ci si attira addosso troppa ironia: “L’era ‘na dònna tant picénna che, quand la s’ mettèva i ociäj, la paräva vunna in biciclétta…”.