La regionalizzazione delle schermaglie partitiche

Spero che gli abitanti di Lazio e Lombardia non leggano i giornali non ascoltino il dibattito mediatico e guardino ai loro problemi e alla capacità dei candidati a risolverli. Sembra infatti che le elezioni regionali non servano a definire la classe dirigente per i prossimi cinque anni, ma a dirimere le questioni interne ai due schieramenti di maggioranza e opposizione a livello nazionale.

Come usciranno dalle urne gli equilibri fra FdI, Lega e Forza Italia o, per meglio dire, fra Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi? Questo sembra il principale, se non addirittura l’unico, quesito elettorale. Fratelli d’Italia cannibalizzerà i partner di governo o dovrà rassegnarsi a fare i conti con questi alleati e i loro diversificati desiderata? Non c’è materia politica di carattere nazionale o internazionale che li veda uniti e compatti: la Lega punta all’autonomia differenziata, FdI al presidenzialismo, Forza Italia al moderatismo e via di questo passo.

Se poi parliamo della guerra in Ucraina siamo in presenza di tre linee politiche molto distinte nei loro tre opportunismi internazionali: il filo-atlantismo di Giorgia Meloni, l’economicismo di Matteo Salvini contrario quanto meno alle armi all’Ucraina e alle sanzioni alla Russia, la realpolitik berlusconiana, che punta ad un arbitrato pseudo-diplomatico fra le parti in guerra.

Le ultimissime uscite di Silvio Berlusconi, che mirano ad infastidire Giorgia Meloni, recuperando un po’ di consenso, prospettando un’asse politico difensivo tra Forza Italia e Lega, strizzando l’occhio a Letizia Moratti e a chi l’appoggia apertamente, aggiungono sale tattico alla consultazione elettorale a prescindere dai suoi contenuti istituzionali.

E i problemi delle due regioni non interessano a nessuno, restano sullo sfondo e non trovano risposte adeguate. Due regioni che vengono da esperienze amministrazioni diverse, ma che, tutto sommato, presentano gli stessi problemi, a dimostrazione del fatto che la politica si divide su questioni post-ideologiche, ma non affronta le questioni concrete. A questo punto se laziali e lombardi fossero seri e coerenti dovrebbero astenersi dal voto (sembra che lo stiano facendo alla grande…).

A sinistra o giù di lì gli equilibri interni sono, forse più seriamente, ancora più difficili e inconcludenti: poteva essere un tentativo di riscossa partendo proprio dai problemi e mettendo da parte le smanie egemoniche, invece è diventata una rissa tattica alla faccia degli elettori.

Due diaspore a confronto, quella di una destra in cerca di unità (?) e quella di una sinistra in cerca di popolo (?). Le urne daranno indicazioni sommarie, probabilmente complicheranno ancor più i rapporti interni ai due schieramenti. La politica si allontana sempre più dalla gente: è un problema molto serio! Le regioni, che dovevano essere una istituzione intermedia capace di interpretare e valorizzare le diverse vocazioni territoriali, sono diventate il campetto di allenamento per i partiti a livello nazionale.

Stiamo purtroppo registrando il fallimento istituzionale e politico dell’ordinamento regionale. E lo si vuole addirittura potenziare con la baggianata delle autonomie differenziate e potenziate. A urne ancora chiuse mi sento di augurare uno scatto di orgoglio agli abitanti della Lombardia e del Lazio: rifiutino di venire trattati come carne da cannone dei politicanti di destra e sinistra. Sarà un’impresa impossibile, vedremo i risultati e probabilmente piangeremo sul voto versato.