Il presuntuosone e la presuntuosetta

Giorgia Meloni, all’inizio del suo percorso governativo, ha voluto subito dare l’impressione di ridimensionare l’ingombrante presenza di Silvio Berlusconi, portandolo al guinzaglio, mettendolo a cuccia, dandogli qualche osso da succhiare e tenendolo a debita distanza.

Il cavaliere non può sopportare una simile sgarbata retrocessione e infatti sta tornando alla carica, creando non poco imbarazzo alla maggioranza di governo e al suo stesso partito.  Era stato fatto uscire dalla porta ed eccolo rispuntare dalla finestra più bello, vendicativo e superbo che pria.

I distinguo si sprecano, i colpi di teatro si susseguono, le distanze si allargano: sulla guerra in Ucraina, sugli ecobonus, sul Ppe, sui rapporti fra etica e politica. Non passa giorno che Berlusconi non crei qualche disturbo al governo di cui è, nonostante tutto, un partner per nulla insignificante. All’origine del suo comportamento ci stanno motivazioni psicologiche e politiche.

Non sopporta la leadership di Giorgia Meloni e in questo, se posso permettermi, ha tutta la mia comprensione. In perfetta controtendenza non ho infatti alcuna seria considerazione di questa arrogante e insopportabile scolaretta: bisogna proprio che l’Italia sia messa molto male per dare credito e concedere autorevolezza alla “signora Cocomeri”.  Capisco quindi il fastidio berlusconiano: la premier ha tutti i difetti di Berlusconi o, se volete, Berlusconi ha tutti i difetti della Meloni elevati all’ennesima potenza e, come si sa, i grandi difetti diventano virtù, mentre quelli piccoli restano tali e insopportabili. Come può un soggetto egolatrico come il cavaliere sopportare una presuntuosetta da quattro soldi in vena di premierato? Il conflitto è scontato e inevitabile. Non credo, per la verità, che quello di Berlusconi sia un atteggiamento isolato, anche se nessuno ha il coraggio di ammettere la propria insofferenza. Il tempo dimostrerà come Giorgia Meloni debba stare attenta ai colpi bassi di maggioranza ben più che alle (quasi) carezze delle opposizioni. L’equivoco della paradossale deferenza proveniente da sinistra non mi convince e dubito possa essere frutto di calcolo: diamogliela su, gonfiamo l’ego meloniano, prima o poi il pallone scoppierà e ne avremo grande beneficio tattico. Ragionamento azzardato? Può darsi, ma il dubbio mi rimane.

Sul piano squisitamente politico credo che Berlusconi non voglia chiudere la carriera facendo lo zerbino alla Meloni. Punta a ritrovare un suo spazio e, in un certo senso, ci sta riuscendo. Cavalca l’insofferenza popolare alla guerra, cavalca la protesta di imprenditori e lavoratori contro la revoca del superbonus dell’edilizia, si smarca dal Ppe che dovrebbe essere un eventuale partner di una maggioranza reazionaria-conservatrice vagheggiata dalla Meloni in vista delle prossime elezioni europee, si presenta pulito e riabilitato all’appuntamento con i “pregiudicati” di Fratelli d’Italia. Il gioco è appena cominciato e si preannuncia piuttosto pesante. Penso che Berlusconi non abbia alcuna stima dell’attuale dirigenza forzitaliota e non impiegherebbe nemmeno un minuto secondo a sostituirla con il combinato disposto morattian-renzian-calendiano. Sarebbe un autentico capolavoro, che spiazzerebbe e rimescolerebbe il centro-destra e chiarirebbe una buona volta la morfologia del centro-sinistra. La gente farebbe il resto, perché i fans berlusconiani sono in ripresa, ammesso e non concesso che in passato siano diminuiti, probabilmente si erano solo camuffati.

Picchia oggi, picchia domani, il governo potrebbe anche risentirne non poco, anche perché sta portando avanti la politica del colpo al cerchio del rigore erariale e del colpo alla botte dell’umore popolare. Berlusconi scompiglierebbe questa politica trovando qualche alleanza tattica nella Lega di Salvini, pronta a cogliere le aperture verso Putin, verso gli imprenditori edili, verso il retroterra sociale del nord.

E le riforme istituzionali il cui ministro è Maria Elisabetta Alberti Casellati, che dovrebbe essere una marionetta di lusso nelle mani del cavaliere? La posta in gioco si farebbe molto alta per Berlusconi e potrebbe essere a rischio di un disastroso inchino finale come quello della contadinella Marietta in vena di fantastica carriera. Meglio fare qualche minima concessione all’autonomia rafforzata, lasciare perdere il presidenzialismo e tenere Mattarella al Quirinale confidando nella sua correttezza istituzionale e nella sua umana cordialità.

Prepariamoci ad una lunga sequela di giravolte berlusconiane all’interno della quale Giorgia Meloni rischia di avere le vertigini. Per mettere in difficoltà questo governo del cavolo non resta che sperare in Silvio Berlusconi. Se saran rose, pur spinose, fioriranno e poi si vedrà. Perso per perso, meglio un Berlusconi in vena di ritorno che una Meloni in vena di nostalgia. Fine del sogno proibito.