I patti della vergogna coi trafficanti di Stato

Giorgia Meloni e il suo governo sarà meglio che scherzino coi fanti e lascino stare i santi. Il patto stipulato con la Libia non ha proprio niente della coraggiosa lungimiranza dell’allora presidente di Eni, Enrico Mattei, ma ha in sé qualcosa di estremamente vergognoso. Detto in parole povere gas in cambio di immigrati.

Un accordo da 8 miliardi di dollari per aumentare la produzione di gas a favore del mercato interno libico e garantire l’esportazione in Europa, accompagnato da un’intesa per supportare la Libia con cinque imbarcazioni attrezzate nel campo della ricerca e soccorso di migranti in difficoltà in mare.

Stiamo ulteriormente legittimando il governo libico quale partner commerciale e garante del freno al flusso migratorio. Nessuno si preoccupa di vedere come la Libia utilizzi gli aiuti per contenere l’immigrazione verso le nostre coste.  Un patto “vergognoso” perché consegna “5 motovedette a chi si è reso responsabile di torture e stupri ai danni dei migranti”, ha protestato Angelo Bonelli (Avs), invitando la premier “a leggere il rapporto choc dell’Onu che svelò la detenzione arbitraria, le torture e gli stupri a cui sono sottoposti i migranti per mano della guardia costiera libica”.

Purtroppo su questa strada ha camminato anche la sinistra italiana con l’allora ministro degli Interni Marco Minniti. Basti riandare ad un commento dello scorso anno che riporto di seguito. «Se c’è Minniti, allora non vado io». Dopo tre mesi si scopre il motivo per cui papa Francesco, oltre alla «gonalgia acuta» al ginocchio che già lo tormentava, ha deciso di non partecipare all’incontro finale fra vescovi e sindaci del Mediterraneo, che si è svolto a Firenze domenica 27 febbraio: la presenza dell’ex ministro degli Interni Marco Minniti, definito da Bergoglio senza mezzi termini «criminale di guerra» – visto il suo attuale impegno come presidente della Fondazione “Med-Or”, creatura di Leonardo spa, la principale azienda armiera italiana – nonché “padre” degli accordi fra Italia e Libia che consentono di respingere i migranti nei «campi di concentramento» allestiti nel Paese nordafricano (il Manifesto).

La Libia è sempre stata croce e delizia nei rapporti internazionali italiani: le simpatie berlusconiane verso Gheddafi, l’adesione obtorto collo alla guerra Sarkozyana contro Gheddafi stesso, la scelta realista di Minniti, la tattica complessa ed energetica di Giorgia Meloni.

In buona sostanza cosa stiamo facendo per (non) gestire il fenomeno migratorio? Facciamo gli schizzinosi e deleghiamo alla Libia e non solo il lavoro sporco per bloccare le migrazioni; non riusciamo a varare uno straccio di politica di accoglienza ed integrazione a livello italiano ed europeo; tolleriamo indirettamente e conseguentemente l’arrivo degli immigrati clandestini da utilizzare speculativamente per i lavori in nero, da sfruttare e ghettizzare vergognosamente, da consegnare ai sottofondi della criminalità.

Purtroppo fra Minniti e Piantedosi non c’è soluzione di continuità. In pochi hanno il coraggio di denunciare questa vomitevole politica. Mentre Enrico Mattei, alla fine degli anni cinquanta ed inizio anni sessanta del secolo scorso, adottava una coraggiosa e trasparente strategia di equità commerciale petrolifera verso i paesi del Terzo Mondo per aiutarli a crescere, i governi attuali adottano una subdola tattica fatta di mere ed inconfessabili convenienze. Il gas è diventato il pretesto per rifornirsi dai delinquenti di stato, chiedendo ad essi di evitarci il disturbo degli immigrati.

E poi si attaccano le ong perché aiuterebbero i trafficanti di esseri umani…Più traffico inumano di quello governativo…E ci illudiamo di risolvere così i problemi… Forse ci comportiamo come quel tale, un buontempone, una di quelle persone che non si riesce mai a capire fino in fondo se “non ci arrivano o ci marciano”, che era uno specialista nel collocare le trappole per catturare i topi (almeno così diceva lui). Era però talmente di buon cuore che, dopo averli catturati non trovava il coraggio di ucciderli. Allora cosa faceva? Inforcava la bicicletta e li portava in aperta campagna, poi li liberava in qualche prato. Una volta ritornato frettolosamente a casa, si trovò di fronte ancora a due bei ratti in piena forma. Li guardò con stupore e disse tra sé, ma anche rivolto a loro: «Dio av maledissa, siv béle chi, iv fat pu a la zvèlta che mi a tornär indrè?».

Noi diamo l’incarico ai libici di catturare i migranti e di tenerli segregati, ma il flusso è inarrestabile e ce li ritroviamo comunque in Italia. Nel frattempo l’emergenza è diventata normalità e noi continuiamo a trattarla come emergenza in attesa che qualcuno ci tolga le castagne dal fuoco. E i migranti soffrono mentre noi le studiamo tutte per tenerli lontano o per sfruttarli da vicino.