All’avvio della legislatura la rabbia di Silvio Berlusconi venne messa nero su bianco in un “pizzino” che fece il giro del mondo. Il Cavaliere, dopo aver incassato il no alle sue pretese/proposte relative alla compagine ministeriale in via di formazione e dopo aver mandato al diavolo La Russa (“Giorgia non ha disponibilità ai cambiamenti, è una con cui non si può andare d’accordo”), mise per iscritto alcuni appunti da cui risultava una fotografia piuttosto netta e schietta di Giorgia Meloni: “Supponente, prepotente, arrogante e offensiva”. Berlusconi non ha mai fatto marcia indietro rispetto a quei giudizi così pesanti, qualcuno pensa che fossero stati appositamente messi a portata di telecamere per esprimere tutte le proprie perplessità su un leader improvvisato e inconsistente.
Supponente, prepotente, arrogante e offensiva. Proviamo a coniugare questi aggettivi spregiativi con il comportamento effettivo di Giorgia Meloni nei primi tre mesi circa di governo.
Supponente è un individuo che dimostra o rivela una sdegnosa superiorità, una persona presuntuosa, altezzosa, saccente e sussiegosa. Giorgia Meloni ha vestito i panni dell’umiltà verso i poteri forti: Mario Draghi, l’Ue, la Nato, l’Economia. Ha sprigionato tutta la sua presunzione in fatto di identità valoriale e di politica sociale: rivendicando la propria storia personale, la propria mission corporativa, il proprio populismo a servizio dei ricchi per togliere ai poveri.
Prepotente è chi ostenta spirito egoistico e volontà di sopraffazione. Forse la prepotenza l’ha dimostrata più nei confronti degli alleati che degli avversari. Si sente forte e quindi… Salvini è a cuccia, Berlusconi a letto. Non contano un cavolo. Anche sulle nomine di sotto-governo farà la voce grossa, lasciando ai partner di governo solo qualche briciola. Arriviamo addirittura ad una sorta di sindrome di Stoccolma di leghisti e forzisti. Fino a quando non si sa, per ora è così.
Arrogante è colui che esprime un senso di superiorità nei confronti di un altro soggetto, manifestato attraverso un costante disdegno e un’irritante altezzosità. Giorgia Meloni ha cominciato subito al primo incontro col capo dello Stato, sembrava lei il presidente della Repubblica, era lei che si autocandidava, era lei che giganteggiava: a Berlusconi non rimase che alzare il sopracciglio e a Salvini ingoiare la pillola. L’arroganza si esprime anche e soprattutto nel continuo rimangiarsi la parola alla faccia di chi l’ha votata: il suo governare è un continuo fare e disfare dettato da incompetenza, ma spacciato come capacità di mediazione (con i benzinai, con tutti quanti vengono alle prese col governo). Anche i suoi ministri fanno la figura dei cani che abbaiano fin che non interviene la padrona a metterli a tacere. Provano ad alzare la voce, ma viene loro chiuso immediatamente il becco.
Offensivo è un soggetto che lede la dignità, l’integrità o l’autorità altrui. Forte del suo crescente consenso popolare, sta dimostrando scarso rispetto per le istituzioni, per le forze sociali e per quelle economiche, persino per le corporazioni che l’hanno elettoralmente sostenuta. Gode di un eccessivo riguardo a livello mediatico, sfrutta al massimo la sua femminilità peraltro giocata al maschile. Sensibilità zero, considerazione per gli altri sì, soltanto per chi le conviene e torniamo così da dove siamo partiti.
Il cerchio di Giorgia Meloni si chiude. Mi sembra un’accozzaglia di tutti i peggiori difetti della politica in versione femminile. E gli italiani? Per ora la stanno bevendo da botte. Fino a quando non lo so. Probabilmente, se non succederà qualche finimondo esterno o qualche tragico incidente interno (non lo auguro all’Italia), andremo avanti parecchio.
Mio padre raccontava la gustosa barzelletta di quel bambino che, in un linguaggio equivoco tra italiano e dialetto parmigiano, terminava la poesia di Natale con: «…e tanti ingurij al papà…». Al che il padre rispondeva: «Sì, e un m’lon in tla schén’na a tò mädra…». La Meloni nella schiena ce l’abbiamo tutti, anche chi non l’ha votata come il sottoscritto. Per esorcizzarne o almeno attutirne l’effetto un mio arguto conoscente l’ha simpaticamente “sottonominata” Giorgia Cocomeri.