Quando l’ovvio non è scontato

De Rita: “Troppi slogan, così alla prima prova la destra al governo delude i suoi elettori”.  Maria Novella De Luca su La repubblica Intervista il sociologo: “Gli aumenti pesano sulle famiglie e Meloni non fa più proclami ma perché la rabbia diventi protesta serve tempo”. “Questa Destra è impreparata a governare. E i suoi elettori, la piccola borghesia, le periferie, le corporazioni che non hanno votato sui programmi ma soltanto come onda di opinione, hanno scoperto di essere impreparati alle delusioni della Politica. La benzina che aumenta perché tornano le accise, il carrello della spesa che sfora tutte le previsioni, la povertà che avanza.

Mi ha sempre interessato e parzialmente convinto la definizione della sociologia come “sistematica elaborazione dell’ovvio”. Ne trovo una contraddittoria conferma nella citata impietosa analisi formulata da Giuseppe De Rita sul rapporto fra l’attuale governo di destra ed il suo elettorato in parte storico in parte contingente.

In questo periodo mi chiedo insistentemente chi e perché abbia concesso tanta fiducia alla destra capitanata da Giorgia Meloni e perché tale consenso persista nonostante le pessime prove che il governo sta dando, anzi addirittura tenda a crescere nonostante le autentiche prese in giro emergenti dai comportamenti governativi raffrontati alle promesse elettorali.

Giuseppe De Rita individua l’elettorato di supporto alla destra nella piccola borghesia assetata di ordine e sicurezza, nelle periferie alla disperata ricerca di un posto al sole (sarebbe meglio dire alla luna), nelle corporazioni rinchiuse nell’illusoria ed egoistica difesa del loro particolare. A ben pensarci sono le categorie tipiche dell’elettorato di una destra che mostra la sua faccia sociale assieme a quella reazionaria. Fin qui l’analisi di De Rita è convincente anche se piuttosto ovvia.

Poi viene il difficile. Come mai in una società dove niente si può nascondere, l’opinione pubblica continua a dare fiducia a governanti così scopertamente incapaci e clamorosamente incoerenti? La risposta è che occorre del tempo per elaborare la delusione e riprendere un minimo di lucidità dopo la sbornia elettorale. Qui la spiegazione si fa assai debole e sfuggente.

Risulta che alla discesa in campo di Silvio Berlusconi all’inizio degli anni novanta del secolo scorso, l’equipe di sondaggisti messi al lavoro avesse individuato alcuni punti forti per trascinare l’elettorato, ma ponendo la condizione che il tutto avesse un breve periodo di vita, dopo di che la gente si sarebbe svegliata. Sei mesi si disse allora. Oggi sento parlare di due anni. Possibile? Evidentemente la società ha tempi di reazione piuttosto lunghi nonostante la valanga di chiacchiere da cui è investita.

Qualcuno dice che Giorgia Meloni abbia scelto la strada dell’autoreferenzialità nel confronto con i media e i social: le contraddizioni autogestite ed autogiustificate fanno un effetto diverso da quelle evidenziate dai giornalisti. Resta comunque misteriosa la tanto scarsa capacità reattiva dell’elettorato di fronte a verità sbattute dolorosamente in faccia agli italiani. L’avverbio abusato nel linguaggio corrente è “ovviamente”: è diventato un intercalare insulso e fastidioso. Di ovvio per gli elettori non c’è niente, nemmeno il portafoglio.

Mio padre, da grande saggio qual era, sosteneva che per giudicare e fare i raggi etici a una persona bizoggnava guardarne e toccarne il portafoglio. È lì che casca l’asino, è lì la prova del nove di certi superficiali convincimenti, di certa disponibilità parolaia. «Tochia in-t-al portafój…». Questa teoria, peraltro forse troppo semplice al limite della banalità, sembra non funzionare più: la gente non vota più in base al portafoglio reale, ma in base a quello virtuale, che si appalesa non immediatamente, ma nel tempo.

Sarà così? Staremo a vedere anche se c’è qualcosa nell’aria che mi sfugge. Non ci vedo chiaro. Così diceva il radiologo a mio padre mentre gli stava facendo una lastra allo stomaco. «A crèdd, rispose mio padre, a ghé scur cme la bòcca ‘dun lòvv!». Alla fine il responso fu che il mio genitore era sano come un pesce. Qualche mese dopo mio padre dovette farsi operare: aveva ben tre ulcere che stavano degenerando… L’oscurità dell’ambulatorio non aveva evidentemente aiutato il radiologo. Speriamo che anche il sociologo non venga clamorosamente smentito: l’operazione chirurgica in tal caso ce la farà magari la troika europea.