Pissi pissi Bau Bau

“L’Occidente è complice, non aiuterà le donne iraniane a liberarsi del regime”. Non dobbiamo aspettarci alcun appoggio degli Stati occidentali alle lotte delle donne in Iran, afferma Maryam Namazie in una intervista a cura di Federica D’Alessio, pubblicata su MicroMega. Solo la mobilitazione in prima persona può far vincere la rivoluzione, gli Stati prediligono il “business as usual”.

Maryam Namazie è una storica attivista iraniana per i diritti delle donne e per la difesa della laicità, da anni si spende con la parola scritta, in video e attraverso interventi in pubblico, anche in Italia, per la liberazione delle donne in Iran e non solo; contro la sharia e contro l’apartheid di genere, e nella denuncia delle complicità degli Stati occidentali.

Riporto di seguito una domanda e una risposta molto eloquente.

D: Quale crede sia stato il ruolo dei Paesi occidentali in questo tipo di svolta culturalista, e quale pensa sia il loro punto di vista sulle conseguenze di questo loro atteggiamento: prevede una presa di coscienza delle drammatiche conseguenze di un tale “pilatismo” culturale?  Abbiamo visto il pilatismo all’opera, per esempio, in modo abbastanza chiaro durante gli ultimi mondiali di calcio in Qatar, dove l’unica voce delle lotte per la libertà femminile è stata di fatto il silenzio dei giocatori iraniani.

R: Non credo che gli Stati occidentali faranno nulla per favorire la liberazione delle donne in Iran. Saranno sempre dalla parte del business as usual e del profitto piuttosto che della dignità umana e del benessere. Ma se qualcosa è cambiato o sta per cambiare, dipende dall’opinione pubblica. Dipende dall’empatia e dalla solidarietà umana. Al di là dei confini e delle differenze, per ciò che ci rende tutti fondamentalmente umani. È questa solidarietà che ha costretto all’espulsione del regime dall’UNCSW. È questa solidarietà che può aiutare il popolo iraniano a porre fine al regime islamico e a inaugurare una nuova alba.

Si definisce come “BAU” l’acronimo delle parole inglesi “Business As Usual”, che indicano un vecchio modo di fare business, basato su compiti ripetitivi e nessun senso critico per il miglioramento. È vergognoso dover ammettere che la nostra democrazia mette in secondo piano i sacrosanti diritti delle donne iraniane rispetto agli affari da portare avanti con l’Iran. La pur forte reiterata denuncia da parte del nostro Presidente della Repubblica trova una contraddizione nella prudenza a livello governativo.

Mi sovviene una barzelletta, già più volte riportata, ma sempre gustosa e assai significativa. Su un calesse trainato da un asino viaggia un gruppo di suore con tanto di madre superiora. Ad un certo punto l’asino si blocca e non vuol più saperne di proseguire. Il “cocchiere” le prova tutte ma sconsolato si rivolge alla badessa: «In questi casi l’esperienza mi dice che l’unico modo per sbloccare la situazione, costringendo l’asino a proseguire, è la bestemmia. Mi spiace, ma non c’è altra soluzione…». La suora dopo qualche ovvio tentennamento pronuncia la sua sentenza: «Se è davvero così, non resta altro da fare, ma mi raccomando la bestemmia gliela dica piano in un orecchio…».

Ebbene la nostra “bestemmia” contro il regime teocratico di Teheran la dobbiamo dire piano, non tanto per non scandalizzare i “sottanoni” islamici, ma per non disturbare gli affari che l’Occidente e l’Italia fanno con l’Iran, paese produttore di petrolio e interlocutore interessante per le nostre esportazioni.

Papa Francesco nel discorso del 04 febbraio 2017 ai partecipanti all’Incontro “Economia di Comunione”, promosso dal Movimento dei Focolari, ha detto: «Il giorno in cui le imprese di armi finanzieranno ospedali per curare i bambini mutilati dalle loro bombe, il sistema avrà raggiunto il suo culmine. Questa è l’ipocrisia». Vale per le armi e vale per tutti i traffici all’ombra dei quali calpestiamo i diritti fondamentali della persona umana, delle donne in particolare.

Rassegnarsi alla peggiore delle realpolitik non è ammissibile. Bisogna continuare a protestare, a gridare, a testimoniare che le persone vengono prima degli affari individuali e di Stato. Così come non merita ascolto la richiesta di rispetto verso una religione di Stato che sacrifica le libertà all’osservanza delle sue paradossali regole, non merita alcuna attenzione chi butta il sasso parolaio per poi nascondere la mano affaristica.

Posso concludere con qualche provocazione? Siamo proprio sicuri che la difesa degli sporchi interessi internazionali serva a qualcosa e a qualcuno pulito? Come mai si sostiene l’Ucraina a costo di mandare armi in continuazione (a favore degli interessi forti dell’industri bellica) e non si ha il coraggio di interrompere i rapporti economici con l’Iran per fare pressione e ottenere giustizia per le donne iraniane e per quanti in quel Paese vengono torturati e massacrati per difendere il potere della religione (?) di Stato (a danno dei portatori di interessi deboli)? Sono i misteri della geopolitica!