La luce perpetua della destra meloniana

Se è vero, come sosteneva Giorgio Ruffolo in un suo celebre libro, che il capitalismo ha i secoli contati, temo che anche la destra-destra italiana non sia da meno, non tanto per virtù proprie, ma per gravi difetti altrui.

Mi si perdoneranno due parole sul primo discorso, quello ideologico. Di fronte a certe clamorose contraddizioni sociali del nostro sistema, che osiamo definire democratico, – tipo le smargiassate ronaldiane – la tentazione di un ricorso/ritorno al più duro dei comunismi è forte.  In questo senso mi divertivo dialetticamente con mia madre, auspicando le tute cinesi del maoismo da far indossare ai vip nostrani super-pagati e super-osannati dal popolo bue. Allora interveniva mio padre con la sua infinita saggezza: osservava malinconicamente come il comunismo finisse col far star male tutti per combattere l’eccessivo benessere di parecchi. In parole povere e demagogiche, per far piangere i ricchi facevano singhiozzare anche gli altri, equiparando tutti nella sofferenza. Era solito sferzare e provocare i comunisti: «I volón fär dvintär tutt povrètt. Mo no, serchèmma ‘d färia dvintär tutt sjòr…». A ben pensarci la versione di mio padre sulla povertà era perfettamente in linea con il dettato evangelico della prima beatitudine, almeno nella più ardita delle interpretazioni: tutti, anche se ricchi, diventino poveri, affinché tutti, anche se poveri diventino ricchi.

Al tramonto del sistema comunista della ex Iugoslavia, scoppiarono tali e tanti conflitti etnici da farmi rimpiangere l’ordine precedente. Dicevo brutalmente a mia sorella: “Sät co’ t’ho da dìr? Che Tito al n’era miga un stuppid! Al tgneva querciäda ‘na brónza cme còlla ‘d la Giarväza…che…Sgnôr l’è mej ca täza…”. Lei giustamente ribatteva: “Sì, ma era la pace dei sepolcri: quella che veniva imputata al re Filippo II nel capolavoro verdiano del don Carlo…”.

Così veniva e viene liquidata sul nascere ogni e qualsiasi nostalgia comunista da parte di un non comunista, anche perché l’ultima esperienza ancora in essere di questo regime, quella cinese, è riuscita a combinare il disastro di mettere insieme tutti i peggiori difetti di comunismo e capitalismo in un vomitevole potpourri nel quale purtroppo ci si deve imbattere a livello internazionale.

Ma veniamo ai secoli contati della destra italiana, chiamiamola per comodità meloniana, solo per intenderci e non per concedere a Giorgia quel che non è di Giorgia, vale a dire una vera e propria ispirazione ideale e storica. Perché questa destra rischia di (s)governare all’infinito? Ci sarà pure qualche ragione al di là del destino cinico e baro di saragattiana memoria. Ne trovo spietatamente tre fra di loro interconnesse.

Prima. Purtroppo, nella moderna mentalità del “mordi e fuggi”, la memoria è molto corta e serve a poco rinfrescarla, passando la politica al var della storia. I media critici si stanno esercitando in questa revisione del passato rivedendo opinioni e proposte degli attuali governanti e mettendole a confronto con quanto essi esprimevano in un passato più o meno recente: roba da sprofondare nell’inferno dell’incoerenza fatta sistema. Eppure, nessuno si scandalizza, nessuno va in crisi, anzi i sondaggi danno la destra in continua e significativa crescita.

Le accise erano una iattura, ebbene adesso vengono rimesse in campo senza battere ciglio per motivi di (in)compatibilità di bilancio. L’Europa era una manica di burocrati da bypassare, ebbene adesso niente si muove se Von del Leyen non vuole. Putin era un grand’uomo, ebbene adesso diamo armi in abbondanza per combatterlo ad oltranza. Trump era il populista di riferimento, ebbene adesso ben venga Biden con la Nato “riarmista” al seguito. Un tempo, non molto lontano, i bilanci erano fatti apposta per essere sfondati, ebbene adesso niente si spende se il draghismo non lo consente. E via di questo passo. A nessuno viene in mente di dubitare della serietà di questi voltagabbana? Scurdammoce o passato e guardiamo avanti!

Seconda. La destra deve fare la destra e nessuno la deve disturbare. E se per caso vuol far credere che la politica muore dal freddo dei piedi provocato dalla speculazione e dai poteri forti, le si può anche credere o far finta di credere. Guardiamo avanti! A nessuno viene il benché minimo dubbio sull’eventualità di andare a sbattere: l’inflazione combattuta col rialzo dei tassi di interesse non piace, ma basta una velleitaria protesta di un Crosetto qualsiasi a placare le ire di tutti; occorrono risorse per avviare una pur minima ripresa economica, ma l’importante è abbassare le tasse e fare qualche condono in perdita per accontentare tutti; stiamo aumentando il debito pubblico a livelli di default, ma l’importante e tirare a campare sperando nella fantasia italiana e nella dabbenaggine europea; la sanità pubblica è in crisi sempre più profonda, ma aiutati che quella privata ti aiuta; la povertà aumenta e le ineguaglianze sociali scoppiano, ma l’importante è mettere in riga i nuovi fannulloni, quelli che percepiscono il reddito di cittadinanza, gli agnelli che sporcano l’acqua ai lupi. Questa destra ha vinto le elezioni e quindi faccia fino in fondo il suo comodo, poi, se ce ne sarà il tempo, si vedrà. Fin qui il paradossale modo di ragionare degli italiani. Il Paese ha imbroccata una strada e bisogna andarci fino in fondo, senza guardare indietro e senza guardare avanti, tirando dritto.

Terza. C’è comunque una ulteriore complicazione, che rischia di diventare una sorta di foglia di fico per le vergogne della destra e di chi la vota: la mancanza di strade politiche alternative immediatamente riconoscibili ed agibili. Sarebbe come dire che una persona, se si accorge di avere imboccato la strada sbagliata, va comunque avanti, non si ferma, non va indietro, non chiede informazioni, poi caso mai si vedrà. Uno strano modo di viaggiare!

Infatti tutti i commentatori chiudono le loro analisi, dando la colpa di questa situazione di incredibile stallo politico e governativo alla sinistra, che dorme sonni inquieti a livello identitario, strategico e programmatico. Se il casellante si perde in chiacchiere e non alza le sbarre del passaggio a livello, chi sente comunque arrivare il treno non si ferma, attraversa i binari e spera che tutto vada bene? Gli italiani stanno comportandosi così. Auguri!