L’evento che cambia tutto

Parto col Natale della famiglia. Quando si avvicinavano le feste di Natale mio padre registrava quasi con fastidio, con un notevole senso di sorpresa, una ricorrente domanda che gli veniva formulata “Indò vät par Nadäl “. Questo succedeva nel periodo delle vacche grasse, perché, quando regnava sovrana la miseria, tali richieste sarebbero risuonate assurde per non dire offensive. E la risposta, pronta e spontanea anche se un po’ risentita e giustamente provocatoria, fulminava l’interlocutore: “Tutti, s’ j én lontàn, i fan di vèrs da gat  par gnir a ca’, e mi ch’a són a ca’ vót ch’a vaga via?” . Si trattava, a ben pensarci, di un libero rifacimento del classico “Natale con i tuoi”, ma un po’ più ragionato e motivato da una logica stringente e indiscutibile che inchiodava, col buon senso, chi proponeva l’evasione in una pur legittima uscita dagli schemi. Per mio padre non se ne poteva neanche parlare: Natale=famiglia e basta così. Questa battuta, che spesso in vista del Natale mi capita di rammentare e riecheggiare, mi serve per introdurre la prossima parte del racconto.

Ricordo il Natale della povertà. Non ero ancora nato ma mi hanno ripetutamente raccontato che la mia famiglia ebbe un periodo di gravissime difficoltà economiche. La miseria regnava sovrana in molti strati sociali, mio padre era disoccupato, mia madre lavorava ma il reddito non era sufficiente, per farla breve non c’era il becco d’un quattrino per affrontare le feste natalizie. Posso immaginare il dramma interiore di mia madre, esposta in prima persona in una situazione sfuggitale di mano, lei che non aveva sofferto la fame nella sua famiglia di origine, che non era abituata ad un regime di vita così austero, che aveva abitato in alloggi semplici ma sufficienti: raggiungeva l’acme natalizia della pena, magari con qualche rimpianto in agguato, con una tristezza infinita nel cuore senza potersi sfogare con nessuno. Arrivò in soccorso lo zio ribelle, quel Bonfiglio che, nella sua simpatica rivoluzione personale, combatteva anche la miseria, ottenendo interessanti successi ed aprendo il cuore a chi lo aveva sempre accolto incondizionatamente: intervenne senza bisogno di sollecitazioni con una generosità unica, capace di cambiare la situazione, di donare con gioia. Mise a disposizione tutto quanto poteva servire a trascorrere il Natale con la necessaria serenità economica, facendo anche una iniezione di fiducia, mettendo in campo una carica umana incredibile ed ineguagliabile. Bonfiglio salvò la sorella da una situazione incresciosa, la tolse dall’orlo del precipizio e mise il proprio sigillo ad un Natale storico per la mia modesta famiglia.

Chiudo col Natale della Fede. Scrive padre Raniero Cantalamessa: “Solo dopo aver contemplato la “buona volontà” di Dio verso di noi, possiamo occuparci anche della “buona volontà” degli uomini, cioè della nostra risposta al mistero del Natale. Questa buona volontà si deve esprimere mediante l’imitazione dell’agire di Dio. Imitare il mistero che celebriamo significa abbandonare ogni pensiero di farci giustizia da soli, ogni ricordo di torto ricevuto, cancellare dal cuore ogni risentimento anche giusto, verso tutti. Non ammettere volontariamente nessun pensiero ostile, contro nessuno: né contro i deboli, né contro i forti, né contro i piccoli, né contro i grandi della terra, né contro alcuna creatura che esiste al mondo”.

Buon, e se permettete anche Santo, Natale a tutti!