(Mal)destra o pirandelliana

“Una legge di Bilancio non si presenta in 4 minuti”. Botta e risposta di Giorgia Meloni con i giornalisti presenti alla conferenza stampa sulla manovra approvata nella notte dal Consiglio dei Ministri. Dopo una introduzione, la premier ha risposto ad un primo blocco di domande ma poi ha chiesto di poter andare per rispettare un appuntamento esterno. I cronisti hanno protestato, chiedendo di poter fare altre domande. “Non mi pare si possa dire che non siamo disponibili. Mi ricordo che in altre situazioni siete stati molto meno assertivi, disponibili – ha spiegato Giorgia Meloni – Mi dite di tagliare l’introduzione? Ma questa è una legge di Bilancio, penso che nessuno si aspetti che presentiamo una legge di Bilancio in 4 minuti. Siamo persone serie, le cose le voglio spiegare”. Di fronte alle rinnovate rimostranze dei giornalisti, la presidente del Consiglio ha aggiunto: “Ho il presidente di Confartigianato che sta aspettando me, gli spiegherò che altrimenti voi dite che non rispondo alle domande. Non mi pare siate stati così coraggiosi in altre situazioni, so io a cosa mi riferisco”.

“Il direttivo dell’Associazione stampa parlamentare non può che stigmatizzare le insinuazioni della presidente del Consiglio sul lavoro dei colleghi. L’Asp si è sempre spesa per una corretta collaborazione tra le istituzioni e i giornalisti che seguono i lavori del Parlamento e di Palazzo Chigi, auspicando che si possano trovare – e accrescere sempre di più – spazi di confronto tra istituzioni e stampa. A partire dalle conferenze stampa, nelle quali il dovere del giornalista è esattamente quello di fare le domande”, dice la nota dell’Associazione Stampa Parlamentare.

“Chi ricopre cariche pubbliche ha il dovere di rispondere alle domande. Né può pensare di liquidare con insinuazioni e dietrologie i giornalisti che cercano di ottenere risposte, perché questo in democrazia è un preciso dovere per chi fa informazione. Va per questo respinta con forza, perché inaccettabile nella forma e nella sostanza, la reazione della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, alle richieste dei giornalisti di rivolgerle altre domande al termine della conferenza stampa di presentazione della manovra economica”. Lo afferma, in una nota, Raffaele Lorusso, segretario generale della Fnsi. “È indubbio – prosegue – che un capo di governo sia oberato di impegni, ma una migliore organizzazione dei tempi, specie quando si discute di temi delicati per la vita del Paese, è sempre possibile. Con l’auspicio che ciò possa avvenire in futuro, non sarebbe male se i cronisti prendessero l’abitudine, come pure talvolta è avvenuto in passato, di non partecipare o abbandonare i comizi camuffati da conferenze stampa di cui, non da oggi, ci sono numerosi esempi lungo tutto lo Stivale. Sarebbe un modo per stigmatizzare in modo chiaro e inequivocabile di fronte all’opinione pubblica i comportamenti di chi continua a confondere il lavoro dei giornalisti con quello, pure prezioso e rispettabile, delle proprie segreterie particolari”.

La polemica si è spostata dai contenuti della manovra governativa di bilancio ai rapporti fra stampa e governo. Le lingue battono dove i denti dolgono: quella di Giorgia Meloni batte sulla sua innata prepotenza politica, che si accompagna ad inevitabile insofferenza al confronto dialettico; quella dei giornalisti sul loro opportunismo, che trovava sbocco ideale nel potere forte draghiano mentre oggi deve ripiegare nella evidente debolezza meloniana. Roba da psicopolitica!

Preferisco fare un commento di fondo al merito delle disposizioni governative. Ho provato a passarle in rassegna sul piano squisitamente politico (sono di destra o di sinistra?), dal punto di vista economico (sono prudenti o azzardate?), dal punto di vista sociale (sono a favore dei ricchi o dei poveri?), dal punto di vista strategico (sono novità o cose vecchie?).

Sono arrivato alla malinconica conclusione che non si tratti né di carne né di pesce. Sembrano studiate apposta per barcamenarsi. Sarà difficile applaudirle, sarà difficile opporvisi, sarà impossibile discuterle. Sotto la manovra niente! Ecco perché la polemica è partita dal metodo di presentazione piuttosto secco e prepotente. Altrimenti da entrambe le parti non si sarebbe saputo cosa dire. Una manovra “così è se vi pare”, incolore, insapore ed inodore. Tutti potranno trovarvi qualcosa di buono salvo smentirsi immediatamente alla disposizione successiva. Tutti potranno trovarvi qualcosa di inaccettabile salvo ammettere che tutto sommato poteva anche andare peggio.

Persino il contendere più delicato, mi riferisco al reddito di cittadinanza, esce talmente mal ridotto dalla ventilata riforma da far rimpiangere e rivalutare la sbrigativa ma sopportabile demagogia grillina. Tutto sommato è da preferire il “popoclientelismo” delle briciole al “criopragmatismo del nulla”. Qualcuno ha parlato di “caccia al povero”, io direi piuttosto che si tratti di “tiro al piccione”. E questa sarebbe la politica che si riappropria del proprio ruolo? Ma fatemi il piacere! Avevano ragione: se avessero aspettato ancora qualche mese, Mario Draghi avrebbe messo le radici a Palazzo Chigi. Invece…