Le frane differenziate

La frana che ha investito Ischia, come succede (quasi) sempre in conseguenza di eventi calamitosi, ha innescato un coro grilloparlantesco, che canta di sistematiche violazioni ed incurie ambientali come causa di questi disastri.

La narrazione prevalente è quella di un Sud-Italia trasandato e lasciato a se stesso in condizioni penose, che prima o poi esplodono in vere e proprie tragedie umane ed ambientali. Che in Meridione l’assetto della società, a tutti i livelli, sia presupposto di autentici sgretolamenti è cosa nota. Non mi sento però di criminalizzare i meridionali e le loro classi dirigenti, operando un sussiegoso confronto con il resto d’Italia e con le regioni virtuose. Rifiuto categoricamente il facile aforisma “l’Italia frana, Meridione ladro”.

Siamo infatti sicuri che le frane capitino solo al sud, che al nord vi sia una sorta di paradiso terrestre, che veneti, lombardi ed emiliani siano sempre e comunque i primi della classe? Ho sempre faticato a sopportare chi si sente migliore e magari lo è effettivamente, figuriamoci cosa provo davanti a quanti si spacciano per migliori degli altri senza esserlo (ogni riferimento a Stefano Bonaccini non è puramente casuale).

E che dire delle Regioni che puntano all’autonomia differenziata, vale a dire ad un ulteriore riconoscimento della capacità di governare (ogni riferimento a Roberto Calderoli, ministro per gli affari regionali e le autonomie del Governo Meloni, non è puramente casuale). Abbiano l’umiltà di verificare tutte le loro competenze alla luce dei risultati raggiunti: a mio giudizio ci sarebbe da ridere per non piangere. È così certamente anche per la salvaguardia territoriale. Quindi andiamo adagio a scagliare le prime pietre e guardiamo i peccati di tutti coloro che governano ai diversi livelli e nei diversi ambiti, per non parlare della mancanza di senso civico nei cittadini del nord, del centro e del sud.

Occorrerebbe ripartire dall’etica, come scrisse alcuni anni fa il settimanale “Famiglia cristiana”, in un editoriale dal titolo “Quei cumuli di monnezza, spietata metafora del Paese”: «Dietro molti “masanielli della monnezza” ci sono interessi della camorra, per alimentare il circuito delle discariche abusive e dello sversamento di rifiuti speciali che arrivano anche dal Nord: il Sud come pattumiera d’Italia. Ma ora il fenomeno tocca altre città, come Palermo. Il problema riguarda il Paese. Non serve scaricare o rinfacciarsi le colpe. Le responsabilità non possono rimbalzare da una parte all’altra. Solo una presa di coscienza collettiva potrà far uscire Napoli e l’Italia dall’emergenza. Solo un soprassalto di dignità civica potrà sanare guai ambientali e d’immagine del Paese. Come ha ricordato il cardinale Crescenzio Sepe, guida morale del capoluogo partenopeo, le battaglie per la legalità e per una buona amministrazione, in fondo, sono le stesse. La pulizia morale si lega a quella ambientale. Bisogna ripartire dall’etica».

Il discorso di cui sopra puntato ai rifiuti vale per tutto quanto riguarda l’ambiente. La difesa ambientale è un colabrodo: non accorgiamocene soltanto quando succede qua e là qualche finimondo e non affibbiamone la colpa ai responsabili di turno. Quando mi trovo a discutere con qualche persona amica di politica italiana in ambito europeo, mi “rifugio” in una sorta di ritornello. I mali italiani, in aggiunta a quelli degli altri Paesi, sono tre, la mafia- corruzione, la burocrazia e l’evasione fiscale. Mettiamo in connessione le frane di Ischia e di tutto il nostro territorio con queste anomalie etico-sociali e troveremo di che vergognarci senza fare i saputelli, i faciloni e i predicatori.