Il presidente piaciona

Chiedo umilmente scusa a Tina Anselmi se mi permetterò di usare la sua fulgida testimonianza, per dimostrare che anche la vita politica non è fatta di parole, ma di fatti. Mi è molto caro il suo ricordo anche perché era amica di mia sorella, la quale mi riportava toccanti brani del dialogo che aveva con lei.

Tina Anselmi è nota soprattutto per essere stata la prima donna ministro della Repubblica italiana: tra il 1976 e il 1978 fu titolare del dicastero del Lavoro e previdenza sociale; tra il 1978 e il 1979 di quello della Sanità. Ma il suo impegno politico risaliva alla Resistenza, quando fu partigiana in Veneto. Dopo la guerra, laureata in Lettere, lavorò come insegnante. Iscritta alla Democrazia cristiana fu deputata per 6 legislature. Morì a 89 anni nel 2016.

“Giorgia Meloni ha inserito Tina Anselmi nel suo “Pantheon”. Matteo Romanello, sindaco di Marcon, in provincia di Venezia, l’ha invece declassata, preferendo intitolare il nuovo plesso della scuola primaria a Piero Angela. Romanello – che è transitato dalla Lega allo stesso partito di Meloni, Fratelli d’Italia, anche se non c’è “ufficialità” del passaggio – ha sostanzialmente bocciato la scelta del Consiglio d’istituto che aveva fatto cadere l’opzione su “Tina” la partigiana, insegnante, prima donna ministro. Pur riconoscendo come la figura di Tina Anselmi sia di «rilevante importanza» il sindaco si è espresso con «parere non favorevole» sulla possibilità di dare il suo nome alla scuola del paese. La motivazione? Si ritiene «opportuno individuare una personalità non avente carattere politico, considerato che l’intitolazione di una scuola dovrebbe avere una valenza soprattutto educativa, piuttosto che ideologica». Il sindaco ricorda inoltre si essere stato lui stesso a «suggerire al consiglio di istituto di intitolare la struttura a una donna. Ho stima di Tina Anselmi ma personalmente, visto che si tratta di una scuola pubblica, credo sarebbe più opportuno far ricadere la scelta su una personalità che si è dedicata alla formazione culturale dei giovani». L’istituto sarà inaugurato il prossimo anno. Meglio Piero Angela – ha spiegato – perché «sarà un istituto all’avanguardia, anche dal punto di vista tecnologico. E Angela ha sempre lanciato dei messaggi improntati sul futuro, sul valore della conoscenza e sul rispetto dell’ambiente». (Avvenire)

Un vergognoso, oserei dire ignobile, coacervo di cazzate!  Tutto per nascondere come il ricordo di Tina Anselmi disturbi il meloniano primato destrorso in materia femminile e soprattutto l’imperante revisionismo storico che celebra sbrigativamente la meloniana presenza al governo. Cosa vale il pantheon femminista di Giorgia Meloni se poi viene smentito nei fatti? Viene spontaneo chiedersi: qual è il vero pantheon della destra? Quello improvvisato e imbellettante del nuovo presidente del consiglio oppure quello radicato e ostentato da Ignazio La Russa? Un conto è parlare di antifascismo, un conto è essere antifascisti. Sarò fissato, ma non ci vedo chiaro.

Così come un conto è essere donna impegnata in politica fino ai massimi livelli (ben venga!), un conto è l’auspicabile impegno delle donne leader a favore della pace come chiede molto opportunamente un appello promosso dalla Fondazione Marisa Bellisario, di cui riporto solo alcuni passaggi iniziali.

“Di fronte a una continua e apparentemente inarrestabile escalation delle violenze, al cospetto di una minaccia nucleare, in presenza di una crisi umanitaria gravissima nel cuore dell’Europa, provocata dalla guerra della Russia in Ucraina, noi affermiamo la necessità immediata e stringente di una nuova governance della pace. È necessario e urgente il coinvolgimento di leader donne, con esperienza negoziale, capaci di “imporre” le ragioni di un cessate il fuoco. Il nostro appello è alla prima italiana presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a Roberta Metsola, a Ursula von der Leyen e alle 31 premier e presidenti in tutto il mondo. Chiediamo che siano loro a tracciare la strada del dialogo e della negoziazione. Come ripete da mesi papa Francesco, «la pace va cercata sempre e comunque» e loro rappresentano l’intermediario che oggi può tracciare un confine tra l’apocalisse e un nuovo ordine mondiale. L’Onu definisce le donne peacekeeper come la «chiave per la pace»”.

Giorgia Meloni si è pedissequamente accodata alla logica bellicista dell’Occidente per rendersi ben accetta alle stanze del potere internazionale. Tutti erano stupidamente curiosi di vedere come se la sarebbe cavata alle prese con gli equilibri mondiali. Se la sta cavando benissimo! Al riguardo dà dei punti agli uomini!

Edith Bruck, scrittrice e poetessa sopravvissuta alla shoah, mesi fa aveva firmato l’appello di Dacia Maraini per una presidente della Repubblica, ma disse in quella occasione che però non le veniva in mente il nome di una donna per la carica. Si trattava di stabilire un principio: le donne devono avere accesso alle più alte cariche dello Stato, ma in Italia nessuna ha ancora maturato un’esperienza necessaria per quel ruolo. A questo ragionamento l’intervistatrice del quotidiano La Stampa si è permessa di controbattere ricordando come Meloni, invece, sia premier, la prima premier donna. Edith Bruck ha così risposto: «Questo non è un bene in sé. Anzi: spesso, nei posti di vertice, le donne diventano peggiori degli uomini: tendono a volerli superare e fanno peggio di loro, sono ancora più spietate. Non sono sicura che il Paese sia maturo abbastanza per lasciare che una donna ai posti di comando riesca ad essere chi è davvero. Meloni è circondata da uomini di un certo tipo, lavora in una struttura di un certo tipo. È amata da chi le dice cose terribili come “hai le palle”, cioè: vali perché sei come un uomo».

Lasciamo perdere che non abbia usato nei suoi discorsi programmatici le parole Resistenza e Pace. Non è in effetti questione di parole, ma di sensibilità e di impegno concreto. Staremo a vedere. Tanto per cominciare provi a convincere il suo amico Matteo Romanello dell’opportunità di intitolare un plesso scolastico a Tina Anselmi. Piero Angela non si offenderà di certo e agli studenti che frequenteranno quella scuola chissà che non venga la voglia di indagare, al di là delle ideologie, su una persona e su una storia, ormai scolpite nella nostra Costituzione, sulla vita di una “partigiana per tutta la vita, che, come ministro e presidente della Commissione P2, si è dedicata anche con rischi propri a difendere il nostro sistema democratico.

Per quanto riguarda la guerra in atto, provi Giorgia Meloni a conquistarsi uno spazio di negoziazione: l’esperienza, così dice il suddetto appello, insegna che quando negli spazi di negoziazione ci sono anche leader donne, si instaura un clima di reciproca fiducia che può cambiare in positivo le dinamiche delle trattative. Oggi, assieme alle donne che l’hanno firmato, chiedo con forza alle leader di tutto il mondo, e quindi in primis a Giorgia Meloni, di invertire la rotta e prendere in mano le redini di una pace possibile, necessaria e duratura.