Le baruffe ‘destrotte’

La comica finale era un cortometraggio che veniva proiettato alla fine di un film drammatico, avventuroso o sentimentale, presumibilmente per alleggerire la tensione emotiva degli spettatori e congedarli in modo simpatico ed ottimistico.

In questi giorni sto seguendo le baruffe iniziali della legislatura, posta dagli elettori nelle mani della destra: sono combattuto fra due impulsi, quello di lasciar perdere, tanta è la pochezza sostanziale e persino formale emergente, e quello di farci sopra qualche (in)sana risata, tanto per sollevare il morale messo a terra dagli eventi sempre più drammatici che ci coinvolgono.

Se sulla nomina dei presidenti delle Camere non c’è niente da ridere e tutto da piangere, per quanto concerne le schermaglie tra Meloni e Berlusconi c’è di che divertirsi alla faccia degli italiani. Tra la gasatissima presidente del Consiglio in pectore e il padre decadente del centro-destra si è scatenata una diatriba che ha tutti gli ingredienti umani possibili e immaginabili: si va dal maschilismo berlusconiano al femminismo meloniano, dal giovanile ardore al senile sussiego, dalla sindrome rancorosa della beneficiata alla pretesa perpetua del beneficiante, dal nonno che gira in mutande alla nipote che lo compatisce, dalla saputella di turno allo scetticone d’antan, dalla donna che la fa corta all’uomo che la sa lunga.

In questa squallida e ridicola kermesse c’è qualcosa di politico? Un tempo si sarebbe detto che sotto-sotto c’è il contrasto tra la destra radicale e quella moderata. Non sembra proprio più così se Berlusconi simpatizza per Putin mentre la Meloni manda armi a Zelenski. Scontro fra una nascente autocrazia e un certo qual rispetto della democrazia? Sembra più il conflitto fra perbenismo destrorso e affarismo “centrorso”.  Dialogo tra le novità provenienti dal passato impresentabile e l’ancoraggio a certi principi democratici? Passato e presente sono un tutt’uno da declinare col manuale Cencelli. Confronto fra atlantismo e neutralismo? Difficile capire se sia più atlantista Giorgia Meloni filoamericana per convenienza o Silvio Berlusconi filoputiniano per indole e mentalità. Dibattito fra europeismo ed euroscetticismo? Chi era euroscettico è diventato europeista e viceversa!

In conclusione di politico in questo vergognoso tira e molla non vedo quasi niente, se non la smania di essere protagonisti di una nuova stagione politica che sembra profilarsi e soprattutto lo storico e inossidabile approccio personalistico di Berlusconi (amicizia con Putin, anti-magistratura per autodifesa dai processi, mantenimento del duopolio televisivo, invadenza della logica aziendale rispetto alle scelte di governo), subito da Forza Italia e respinto al mittente da Fratelli d’Italia, che vuole accreditarsi come partito che guarda al Paese e non all’ombelico di Berlusconi o alla pancia di Salvini (gara durissima…).

Gli italiani alle prese con una destra che non sa fare la destra (Lega in confusione identitaria e Forza Italia in forzoso appiattimento sull’ex leader) hanno preferito puntare sulla destra-destra, sperando che faccia gli interessi deli italiani-italiani. Alle prese con una sinistra che non sa fare la sinistra hanno preferito starsene a casa (come il sottoscritto) o dividersi fra chi ha rinunciato a provarci (PD) e chi ci vuole provare a casaccio (M5S). In mezzo c’era chi poteva usufruire della rendita di posizione (Renzi-Calenda), ma gli italiani non si sono fidati delle mezze-ali, che oggi infatti si chiamano centrocampisti.

La destra dovrà provare a governare, anche se come ho detto e scritto più volte, per governare bisogna sì avere i voti, ma anche esserne capaci e avere la fiducia di chi conta più degli elettori. Che i voti non bastino si è visto al primo stormir di fronde parlamentari. Che la capacità sia scarsa lo dimostra la penosa diatriba tra meloniani e berlusconiani. Quanto alla fiducia di chi sta a guardare dall’ester(n)o, siamo in altissimo e burrascoso mare.

Ecco perché ho preferito buttarla in ridere ripiegando sui pizzini e contro-pizzini, sugli insulti fra parenti, sulla gara a chi ce l’ha più lungo, sul dire e disdire, sulla farsa messa in scena da un Berlusconi che nonostante tutto la sa tenere e una Meloni che nonostante tutto la vuole avere.

Senonché, come spesso accade, la farsa contiene in sé qualcosa di tragico proposto in chiave sado-masochista: è il caso della versione berlusconiana della guerra in Ucraina, contenuta in parole pronunciate davanti all’assemblea dei deputati e senatori di Forza Italia, furtivamente trafugate e mediaticamente spiattellate. Con stile quasi surreale, Berlusconi dà una sua versione sulla nascita e sulla dinamica della guerra in atto, mescolando con ogni probabilità strumentali fantasie filoputiniane e scomode verità (forse più impressioni che verità) storiche. Non mi sento di liquidare la pur spannometrica e settaria ricostruzione berlusconiana come un ingannevole sasso lanciato nella piccionaia meloniana e quindi mi azzardo ad entrare nel merito dissociandomi dal coro dello scandalo (provocato più dal dispiacere per le difficoltà create alla destra, dalla messa in discussione del pensiero unico sulla guerra che dalla sostanza del discorso). È vero infatti che alla base della vicenda c’è un rapporto conflittuale e difficile tra l’Ucraina e alcune regioni a vocazione russofona e che questa mina vagante andava per tempo disinnescata e non lasciata o fatta esplodere. È vero che Putin non si aspettava una resistenza così forte da parte del popolo ucraino e che probabilmente riteneva di fare una passeggiata fino a Kiev accompagnato dalle rose e dai fiori dei russofili ucraini. È vero che l’Occidente, dopo essersi disinteressato per troppo tempo del fuoco che covava sotto la cenere, ha gettato sbrigativamente benzina sul fuoco, schierandosi acriticamente e bellicosamente dalla parte dell’Ucraina invasa dalla Russia, specialista storica in operazioni di intromissione negli affari di altri Stati di area (chi è al riguardo senza peccato scagli la prima bomba…). È vero che la figura e l’azione di Zelenski non sono da prendere a scatola chiusa: c’è in lui qualcosa che non mi torna e andrei molto adagio nel farlo santo subito. È vero che i non leader sparsi nel mondo non sono in grado di intervenire per avviare un serio processo di pacificazione. È vero che il popolo italiano, se fosse chiamato ad esprimersi con un referendum, inammissibile ma interessante, sulla guerra in Ucraina, ne direbbe delle belle in chiave cinicamente menefreghista o in chiave strumentalmente pacifista. Se Giorgia Meloni si affacciasse al balcone di piazza Venezia per dichiarare la sua cobelligeranza nel conflitto a fianco dell’Ucraina non scatenerebbe di certo l’entusiasmo che Benito Mussolini riuscì a provocare il 12 giugno del 1940. È vero che Berlusconi, come in tutto, ha una visione della storia a proprio uso e consumo, che però spesso si rivela non del tutto infondata e sbagliata: si pensi ai rapporti con Gheddafi, con Erdogan e anche con Putin (dal momento che non fu certo il solo a vezzeggiare il dittatore russo). Forse il suo difetto è quello di andare per la tangente creando scompiglio nelle fila amiche (leggi Nato e UE) e, nella contingenza italiana, creando l’imbarazzo che provoca il nonno contro corrente che gira per casa in mutande. Purtroppo, tornando agli assetti mondiali, di governanti che girano in mutande ce ne sono parecchi: si ha la triste sensazione di essere in mano a nessuno.

Ho ritenuto di esprimere questi concetti non certo per simpatia berlusconiana o putiniana, ma per onestà intellettuale, fregandomene altamente dei bellicisti equilibri internazionali e non per gufare contro il nascituro governo di destra, ma per ragionare con la mia povera testa e per chiedermi: e se Berlusconi non avesse tutti i torti? Anche le comiche possono avere un senso culturale e persino politico. Buon divertimento quindi con la comica iniziale!