La presbiopia elettorale e gli occhiali della storia

Mi fa una notevole impressione sentire e leggere come l’intellighenzia italiana, con qualche rara eccezione, abbia tanto disinvoltamente ingoiato il rospo meloniano, superando, in una notte, dubbi, timori e perplessità verso l’instaurazione di un governo di destra con chiare caratteristiche post-fasciste. Non ho capito se si tratti di opportunismo, di snobismo, di ottusità, di pressapochismo o di modernismo. Fatto sta che le analisi culturali e politiche del dopo-voto assolvono totalmente e sbrigativamente Giorgia Meloni da ogni e qualsiasi remora passatista per concederle un esame critico a prescindere dalle sue radici storiche e dai suoi comportamenti politici inquietanti fin qui inanellati.

Non mi trovo d’accordo, considero seri i pericoli dietro l’angolo e non mi rassegno tanto facilmente ad un futuro carico di incognite democratiche. Per trovare riscontri a questi miei “tormenti” devo ricorrere a pronunciamenti provenienti da esponenti dell’intellighenzia straniera, di stampo occidentale. Faccio di seguito due esempi tratti da interviste rilasciate al quotidiano “La Stampa”.

Comincio da Ruth Ben-Ghiat, una storica specializzata nei movimenti di estrema destra e fra i massimi studiosi del fascismo, che insegna alla New York University e che ha pubblicato sulla rivista the Atlantic un articolo dal titolo secco e impossibile da travisare: “Il ritorno del fascismo in Italia”. Riporto una breve sintesi del suo pensiero. “La vittoria della destra di Meloni fa parte di una evoluzione, di un processo di normalizzazione dell’estrema destra avviato con Berlusconi. Ci fu lo sdoganamento dell’allora Msi, diventato poi Alleanza nazionale. Fu quello il momento in cui il tabù venne rotto. Oggi assistiamo a uno step successivo con l’inaugurazione di un governo di estrema destra centro. Quel che si vuole fare è trasportare in questo secolo il fascismo. L’eredità del fascismo è vista come parte della storia e in questo senso FdI vuol aggiornare quell’esperienza all’oggi e non trova resistenze. Quando esponenti estremisti vanno al governo, diventano più moderati: negli anni svelano la loro vera essenza”.

Mi permetto di essere ancora più duro, non tanto con Giorgia Meloni, ma sul processo di normalizzazione dell’estrema destra. Berlusconi non ha solo sdoganato la destra, ma l’ha incarnata e incardinata nei suoi schemi: ho sempre considerato il berlusconismo come una riedizione del fascismo, che ha letteralmente rovinato il clima politico italiano. Mi sembra assurdo sperare in lui affinché possa contenere l’estremismo meloniano, paradossalmente oso sperare che la sovranista e nazionalista Giorgia Meloni riesca a tenere a freno lo strisciante affarismo berlusconiano e le intemperanze populiste salviniane.

Passo a Edith Bruck, scrittrice, poetessa e traduttrice sopravvissuta alla shoah: scappata dall’Ungheria, settant’anni fa, ha trovato rifugio in Italia ed è rimasta a viverci. Ecco cosa dice: “Mi chiedo continuamente perché il fascismo non si riesce ad estirpare. È l’unica grande ideologia rimasta in piedi: il socialismo e il comunismo sono morti, il fascismo è stato sopito, domato, ma mai estirpato: ha mantenuto le sue radici, che sono assai profonde, e adesso ha anche dei lunghi rami.  Quando vado nelle scuole, mi rendo conto che i ragazzi conoscono poco la storia, anche se ne sono affamati e sono sensibili a quello che viene loro raccontato. Ma poi penso al fatto che la scuola viene soltanto dopo la famiglia e le famiglie mi sembrano tutte divise, impoverite dall’assenza dei nonni, i depositari del passato, quelli che possono raccontare la storia e con i quali si impara la relazione con chi è fragile. In generale, gli anziani sono esclusi, dimenticati, e questo incrudelisce la società intera. Le persone, specie nei momenti in cui c’è una crisi economica molto forte, si affidano a chi sbatte i pugni e grida. Tutti i dittatori gridano. Letta non grida, e infatti non arriva. Giorgia Meloni sì, e anche spesso. Già comincio a notare che molti giornalisti nei suoi confronti si sono ammorbiditi. La prima premier donna: questo non è un bene in sé. Anzi, spesso, nei posti di vertice, le donne diventano peggiori degli uomini: tendono a volerli superare, e fanno peggio di loro, sono ancora più spietate. Meloni è circondata da uomini di un certo tipo, lavora in una struttura di un certo tipo. È amata da chi le dice cose terribili come che “ha le palle”. Cioè: vali perché sei come un uomo. Ha vinto perché l’Occidente sta facendo un passo indietro di quasi un secolo; perché nessuno si occupa di formare una coscienza civile, di dare alle persone gli strumenti per capire quello che succede: in un talk show qualsiasi, c’è mai qualcuno che ha un interesse diverso dall’attaccare l’avversario per prendere applausi? E allora, a un elettorato confuso e male informato, è stato possibile vendere qualsiasi promessa e qualsiasi ideologia”.

Mi sembra che in queste parole ci sia più di una spiegazione alla caduta italiana nel tranello, non tanto un invito a farsi condizionare da prevenzioni e pregiudizi, ma ad andare adagio ad archiviare il passato. Forse il fascismo bisogna averlo provato sulla propria pelle o almeno averlo assorbito a livello educativo (non sarò mai sufficientemente grato a mio padre) per riconoscerne le sottomarche del presente. Andiamo adagio a giubilare la politica con un bagno asettico di pragmatismo alla faccia di valori ed idealità, perché, se si mettono in cantina certi principi, sarà ben difficile combinare concretamente qualcosa di buono.