La Meloni frettolosa fa la politica cieca

Da ragazzo organizzai una squadretta di quartiere per partecipare ad un torneo calcistico parrocchiale: una frettolosa ed assurda compagine. Fummo i primi ad entrare in campo, inaugurando il torneo. Quando fu il momento di scegliere il capitano, mi candidai presuntuosamente (come giocatore facevo letteralmente ridere, ma la squadretta l’avevo costruita io e quindi nessuno ebbe il coraggio di contestare la mia leadership). Fu un disastro: dopo un breve vantaggio, prendemmo una botta di goal da non credere. La squadra si era fatta compatire e io, come capitano, ero diventato lo zimbello del quartiere. Mi ci volle del tempo a recuperare un minimo di dignità.

Speriamo che non succeda così anche alla squadra di governo capitanata da Giorgia Meloni. Al termine del brevissimo colloquio (?) tra la folta delegazione unitaria (?) della destra ed il presidente della Repubblica, la leader di Fratelli d’Italia ha lapidariamente dichiarato: «Il centrodestra ha indicato il mio nome, pronti a governare il Paese». Non certo un capolavoro stilistico, ma una sorta di imbarazzante autocandidatura.

Ecco come La Stampa ha fotografato l’evento: “Il centrodestra si è presentato al Colle da Sergio Mattarella, ma nel corso dell’incontro ha parlato soltanto la leader di Fratelli d’Italia. La coalizione si è presentata unita: con Meloni, che ha letto una nota congiunta, c’erano anche Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. La lista dei ministri è pronta e i nomi sono definiti. Compreso quello di Antonio Tajani che si prenderà gli Esteri e che, ieri, è volato a Bruxelles per rassicurare i leader europei dopo gli audio di Silvio Berlusconi diffusi da La Presse. Nel pomeriggio è atteso l’incarico lampo da parte del Capo dello Stato. Intanto, ieri, nello studio della Vetrata del Quirinale è sfilata l’opposizione. Divisa come non mai. I dem chiedono una convergenza contro il governo, gli altri frenano”. 

Anche i cronisti sono rimasti spiazzati: pensavano che l’incontro con Mattarella durasse circa due ore, considerato che quelli con i gruppi parlamentari di opposizione erano durati oltre un’ora e che i gruppi di maggioranza erano ben quattro. Sette minuti invece sono bastati: tutti in fila come soldatini per la paura che qualcuno potesse fare qualche dichiarazione spiacevole.

È stata una dimostrazione di compattezza politica? No, è stata la dimostrazione di una sordina imposta ai partner al fine di evitare l’emergere di opinioni contrastanti, peraltro ben visibili e già ripetutamente e clamorosamente evidenziate nei giorni precedenti.

È stata una dimostrazione di autorevolezza da parte della premier in pectore? No, è stata la prova della sua debolezza politica, nascosta dietro il paravento solipsista del responso elettorale. Il carisma non si compra al supermercato della politica e non si costruisce sbattendo i pugni sul tavolo.

È stata l’inaugurazione di un nuovo stile (?) (anti)democratico? Sì, temo proprio di sì!  La maestrina impone il silenzio agli imbarazzati scolaretti più o meno recalcitranti e indisciplinati, in particolare a quel discolo di un Berlusconi, che non tace mai, ed a quel burlone di un Salvini, che vuol sempre fare lo smargiasso.

Cosa avrà pensato il presidente Mattarella? Si sarà detto: e allora cosa le faccio a fare le consultazioni, se i consultati si cuciono la bocca per non sbagliare? Forse temevano che si potesse insinuare nelle loro divisioni e allora meglio evitare l’esame orale per presentare il compito scritto, esorcizzando ogni e qualsiasi correzione: non si sa mai… Senza sapere che “gli esami non finiscono mai”, anche per un governo di destra, chiuso a riccio, che non dimostra in partenza alcuna apertura e disponibilità al dialogo.

L’opposizione si è presentata divisa come non mai. Tutto sommato meglio così. Se la concordia tra i partiti della maggioranza rischia di essere la pace dei sepolcri politici, meglio i litigi delle minoranze, anche perché il sale della democrazia è il dissenso.

E la lista dei ministri? Presentata con grande celerità al Capo dello Stato. Ancora bene che non gliel’abbiano consegnata seduta stante. Non credo sia valso per lui il secco invito a prendere o lasciare. I casi sono due: o la lista era stata preventivamente e silenziosamente sciacquata al Quirinale (me lo auguro!) o si è voluto surrettiziamente riformare la Costituzione, trasformando il garante dell’unità nazionale in notaio dei disinvolti e sotterranei equilibri della politica politicante. Come presidenzialismo non c’è male…