La luna di Letta e le stelle di Conte

Il M5S, al netto dell’istinto di sopravvivenza coltivato con una certa abilità da Giuseppe Conte, sta cavalcando propagandisticamente e furbescamente le tigri trascurate da un distratto e sgusciante partito democratico, timoroso di guardarsi impietosamente allo specchio e di imbattersi nelle proprie rughe.

Cominciamo dall’argomento più delicato e difficile: l’impegno belligerante dell’Italia. Pur tra contraddizioni e faziose strumentalizzazioni, il M5S ha tenuto e sta tenendo un atteggiamento critico sull’invio di armi all’Ucraina tendente all’infinito. Il PD si è invece appiattito sulla guerra difensiva e sul sostegno acritico all’Ucraina in ossequio totale e indiscutibile alle alleanze occidentali, a prescindere dal dettato costituzionale e dall’umore dei cittadini.

Da democristiano di sinistra, ai tempi della guerra nel Vietnam, aderii con parecchi amici alla raccolta di sangue a favore dei vietnamiti, che resistevano all’invadenza americana, al punto che la sezione di partito, di cui ero segretario, venne ironicamente soprannominata “sezione vietcong”: all’interno della DC convivevano sensibilità e idee diverse, che non mettevano comunque più di tanto a rischio l’unità del partito. Molto minori mi sembrano le divergenze di opinione tra PD e M5S. Allora perché non cercare con pazienza un punto d’incontro almeno a livello elettorale, magari solo nei collegi cosiddetti contendibili rispetto allo strapotere del centro-destra?

Discorso analogo si può fare sul reddito di cittadinanza. È chiaro che non bastano simili provvedimenti per risolvere i problemi della povertà e ancor meno del lavoro, tuttavia questo provvedimento voluto e difeso dai cinquestelle non è da scartare e soprattutto è da recuperare l’impegno sulle politiche sociali e del lavoro, che potevano essere un collante sufficiente per giustificare un’alleanza se non politica almeno elettorale. È purtroppo vero che il partito democratico ha da tempo perso feeling col mondo del lavoro e rischia di regalarne una fetta al M5S se non all’astensione.

Vengo ai vaccini e alla loro obbligatorietà: il Pd ne è stato un sostenitore accanito, il M5S ritiene che l’obbligatorietà sia stata una forzatura discutibile sul piano giuridico e del diritto e sostanzialmente inutile dal punto di vista concreto. Anche su questo punto un tentativo di mediazione poteva essere fatto senza stracciarsi le vesti. La lotta alla pandemia va governata dalla politica e non delegata alla scienza.

Il punto che ha interrotto sul nascere la collaborazione avviata tra PD e M5S è stata la messa in crisi del governo Draghi da parte dei grillini, che, a mio giudizio, peraltro hanno fatto la parte degli utili idioti a favore della destra. È stato un clamoroso autogol per il Paese e i pentastellati ne portano una buona responsabilità. Se non esistevano ragioni valide per abbattere prematuramente il governo Draghi è altrettanto vero che questo governo non era stato e non poteva essere il rimedio assoluto per tutti i mali dell’umanità. Tra l’esagerato spirito critico, tinto di venature personalistiche contiane, messo in atto dal M5S e il piatto ed acritico atteggiamento piddino di mera assuefazione al draghismo imperante, poteva esserci a mio avviso una mediazione preventiva, che avrebbe dovuto e potuto evitare la crisi di governo. Anche il dopo-crisi tuttavia non doveva necessariamente portare ad una dicotomia totale fra i due partiti, ma poteva consigliare una seppur minimale intesa elettorale contro la destra. Se è vero come è vero che la politica è l’arte del possibile, occorreva provarle tutte per salvare il salvabile.

Il partito democratico sconta l’inadeguatezza della propria classe dirigente, incapace di elaborare strategie e tattiche: Enrico Letta non ha il carisma e l’autorevolezza per guidare disegni politici di breve, medio e lungo respiro. Nel M5S abbiamo la totale assenza di classe dirigente, abbiamo un leader improvvisato e vacuo come Giuseppe Conte, abbiamo solo una voglia matta di recuperare identità e credibilità, persa strada facendo, a costo di frantumare e danneggiare la sinistra. Nel PD c’è lo storico senso di superiorità della sinistra che porta a regalare alla irrilevanza un serbatoio di voti numericamente consistente e politicamente interessante.

Conseguenza: è perfettamente inutile e contro-producente gridare “al lupo al lupo”, lasciandolo libero di conquistare l’elettorato, ricorrendo magari a qualche assist straniero, che rischia di ringalluzzire ulteriormente la voglia di provare a cambiare nel peggiore dei modi. Persino se la destra riuscisse a perdere o pareggiare, sarebbe comunque difficile trovare sbocchi governativi al di là dell’ormai monotono ricorso a Mario Draghi, considerate le lacerazioni avvenute nel campo del centro-sinistra. Sarebbe una sorta di tutti contro tutti voluto dalla miopia dei cittadini votanti, ma anche dalla irresponsabilità e inadeguatezza delle forze politiche. La sconfitta di Pirro!