Il presidenzialismo in Italia “penso sarebbe un gravissimo errore”. Per questo “combatteremo per evitarlo”. Lo dice il segretario del Pd Enrico Letta. “Sono contrario – spiega Letta- non perché pensi che il presidenzialismo porti a una dittatura, ma perché la nostra Costituzione è anti-presidenzialista. Chi propone oggi la torsione presidenziale non sta proponendo un aggiustamento della Carta ma la sua cancellazione per andare verso un impianto sbagliato che gioca sull’uomo forte o la donna forte di cui il nostro sistema non sente il bisogno”.
Ineccepibile, ma non basta. Occorre infatti scongiurare il ricorso pretestuoso e strumentale al presidenzialismo, garantendo comunque la governabilità tramite l’instaurazione di un sistema elettorale che la consenta. Non sono un patito di questo problema e non annetto ai meccanismi elettorali poteri taumaturgici sulla salute della democrazia. Tuttavia bisogna uscire dagli equivoci – l’attuale sistema denominato rosatellum ne è un’eclatante esempio – e scegliere finalmente tra sistema elettorale maggioritario e proporzionale possibilmente senza aggiustamenti stravolgenti e confusionari.
Il sistema maggioritario rimette sostanzialmente ai cittadini la scelta del governo da cui farsi governare, mentre il sistema proporzionale riserva la ricerca degli equilibri di governo al Parlamento ed ai partiti. Dal momento che la politica espressa dai partiti e quindi dai loro gruppi parlamentari risulta molto debole e assai poco credibile, non rimane altro che rinunciare al purismo rappresentativo per avere dalle urne la prefigurazione di uno schieramento governativo.
Purtroppo la politica debole uscita dalla porta rischierebbe di rientrare dalla finestra tramite improvvisate e opportunistiche coalizioni, che di maggioritario non hanno la virtù, ma soltanto la necessità di vincere in qualche modo le elezioni, salvo magari mandare tutto in crisi alle prime difficoltà di rapporti tra i forzati coalizzati. Potrebbe cioè scattare il ricatto da parte di un anello della catena, magari anche qualitativamente debole, ma sufficiente a creare scompiglio nella maggioranza parlamentare.
E allora? Ad estremi mali estremi rimedi? Bisognerebbe sforzarsi di rimuovere, in tutto o almeno in parte, i mali che si chiamano debolezza dei partiti, inadeguatezza della classe politica e cattivo funzionamento delle istituzioni. Questa sarebbe la via maestra da battere, che è poi quella prevista dalla impostazione costituzionale.
Purtroppo si è partiti dal fondo, diminuendo quantitativamente il Parlamento e dandogli una sforbiciata nella speranza di innescare automaticamente una certa qual selezione dei candidati, una maggiore efficienza dell’organo ed un suo più puntuale e costruttivo rapporto col governo. Non potrà bastare: è uno dei ballon d’essai lanciati dai grillini in vena di costituzionalismo d’accatto.
Se la strada del rinvigorimento partitico, della riqualificazione dirigenziale, della razionalizzazione parlamentare non fossero sufficienti – tutto lascia temere ciò -, potrebbe essere necessario, anche se non risolutivo fino in fondo, passare ad un sistema presidenziale, che rafforzi l’autorevolezza governativa personalizzandola, che trovi nel voto la legittimazione e che restituisca alla politica un po’ di credibilità, seppure “populisticizzata”. In fin dei conti alcuni illustri costituenti erano favorevoli al presidenzialismo e in diversi paesi democratici è adottato questo schema senza eccessivi traumi sui capisaldi della democrazia e della rappresentanza.
Parlare di tutto ciò come stanno facendo i partiti in campagna elettorale mette il discorso sotto una luce sbagliata e manichea. Da una parte si brandisce il presidenzialismo come salto in alto ed evoluzione costituzionale, dall’altra parte lo si esorcizza come salto nel buio e come attentato alla Costituzione. Morale della favola: andiamo avanti così, ci teniamo il rosatellum con le sue spine, ci pungiamo votando o ci difendiamo non votando; la politica ha la credibilità in picchiata; la sfiducia popolare intacca le istituzioni democratiche.
In fin dei conti il draghismo è stata una sorta di prova generale del presidenzialismo, andata buca dal momento che la politica ha reagito solo con la paura di essere tagliata fuori dai giochi. Mario Draghi ha colpito la politica, ma purtroppo l’ha affondata, non per colpa sua, ma per incapacità della stessa a ravvedersi e rinnovarsi.
Ho pensato in questo periodo ad un supplemento di prova con Draghi capo del Governo o capo dello Stato: chi ne sa e capisce più di me, mi ha risposto con l’assoluta impraticabilità di questa fantasiosa ipotesi. Draghi, anche per colpa di qualche suo errore, non tornerà in sella. Ci dovremo arrangiare e chi vivrà vedrà.