Giorgia Meloni nel 1996: “Mussolini è stato un buon politico, il migliore degli ultimi 50 anni”. Era il 1996. In Italia, due alleanze concorrevano alle elezioni del 21 aprile. La destra con il partito di Silvio Berlusconi, Forza Italia, Alleanza Nazionale e il CCD. La sinistra con il partito di Romano Prodi, il PDS, il PPI e le varie sinistre (coalizione dell’Ulivo). In un servizio del telegiornale francese Soir 3 Giorgia Meloni, all’epoca 19enne, viene descritta come una militante molto attiva di Alleanza Nazionale che riprende idee neofasciste. Nell’intervista in francese, la Meloni spiega che Mussolini è stato un buon politico per l’Italia, un’idea (secondo la tv francese) condivisa dal 61% dei militanti di Alleanza Nazionale e da quella di sua madre, Anna Paratore, ex militante del partito fascista MSI e poi di Alleanza Nazionale.
Ci sono cose che si imparano da bambini e valgono per tutta la vita. Ricordo che, per sintetizzarmi in poche parole l’aria che tirava durante il fascismo, per delineare con estrema semplicità, ma con altrettanta incisività, il quadro che regnava a livello informativo, mio padre mi diceva: «Se si accendeva la radio “Benito Mussolini ha detto che…”, se si andava al cinema con i filmati luce “il capo del governo ha inaugurato…”, se si leggeva il giornale “il Duce ha dichiarato che…”». Tutto più o meno così.
Del fascismo mi forniva questa lettura di base, tutt’altro che dotta, ma fatta di vita vissuta. Era sufficiente trovare in tasca ad un antifascista un elenco di nomi (nel caso erano i sottoscrittori di una colletta per una corona di fiori in onore di un amico defunto) per innescare una retata di controlli, interrogatori, arresti, pestaggi. Bastava trovarsi a passare in un borgo, dove era stata frettolosamente apposta sul muro una scritta contro il regime, per essere costretti, da un gruppo di camicie nere, a ripulirla con il proprio soprabito (non c’era verso di spiegare la propria estraneità al fatto, la prepotenza voleva così): i graffitari di oggi sarebbero ben serviti, ma se, per tenere puliti i muri, qualcuno fosse mai disposto a cose simili, diventerei graffitaro anch’io.
Ascoltavo ancora bambino questi racconti, per me quasi immaginari, ma tutt’altro che fantasiosi. Mio padre non aveva partecipato alle barricate del 1922, quelle degli arditi del popolo comandati da Guido Picelli, in quanto si trovava con il padre a Salsomaggiore per lavoro (faceva lo sguattero in un grande albergo), successivamente non si era esposto più di tanto (forse invece si era esposto ma non mi ha mai raccontato di averlo fatto per una sorta di pudore e di riservatezza innati), ma era comunque inserito a pieno titolo nel comune e giusto sentire di quella popolazione, tra quella gente, in quelle strade.
L’antifascismo era parte integrante e fondamentale della vita di mio padre, a livello etico, culturale, storico, esperienziale, umano prima che politico. Su questo non si poteva discutere: quando mia madre timidamente osava affermare che però Mussolini aveva fatto anche qualcosa di buono, mio padre non negava, ma riportava il male alla radice e quando la radice è malata c’è poco da fare.
Sull’antifascismo non si può scherzare anche se qualcuno tra revisionismo, autocritiche, pacificazione, colpi di spugna rischia grosso, coi vuoti di memoria occorre stare molto e poi molto attenti.
Evidentemente Giorgia Meloni ha avuto ben altra educazione civica e formazione culturale. Non gliene posso fare una colpa. Ma, nel momento in cui si candida a guidare (sic!) il governo della Repubblica italiana nata dalla Resistenza, i suoi trascorsi giovanili, peraltro mai rimossi convintamente dalla sua mentalità e dalla sua prassi politica, assumono una portata inquietante. Per Giorgia Meloni Benito Mussolini è un riferimento positivo: andiamo proprio bene…
Non è il caso di creare allarmismi (anche se qualche allarme sta effettivamente suonando), ma di ragionare e di fare i conti con la storia passata (il fascismo), presente (il sovranismo, il populismo, l’euroscetticismo e il razzismo) e futura (il rispetto della Costituzione e della democrazia, la prospettiva dell’Unione Europea). Votare un leader politico, che, seppure a diciannove anni, si è espresso in modo lusinghiero su Mussolini, non è il modo migliore per costruire un avvenire di pace e democrazia. Abbia almeno la compiacenza di precisare se ha cambiato idea.