La corsa ciclistica del Giro d’Italia è da sempre conosciuta come la gara della maglia Rosa, così come il Tour de France per la maglia Gialla del vincitore e la Vuelta con la classica maglia Rossa del primo della classe. Ma non è tutto, ci sono infatti altre maglie caratteristiche di un particolare prestigio in qualche graduatoria delle competizioni, associate a uno specifico colore che ne esalta il valore sportivo. Proviamo a vedere quali sono in particolare, nel nostro Giro d’Italia. Tra le maglie più recenti introdotte al Giro, spicca per importanza quella di colore Azzurro, che caratterizza il leader della classifica per i Gran Premi della Montagna. La maglia Bianca è prevista per il vincitore della classifica dedicata ai Giovani partecipanti del Giro d’Italia (ovvero i ciclisti con meno di 25 anni di età), come speranza per il futuro. La maglia Ciclamino è la maglia dedicata ai grandi velocisti, quelli che forse non vedremo spesso davanti alla fine della competizione ma che sono pronti a sfruttare ogni sprint per aggiudicarsi la tappa e i punti in palio (e relativa classifica).
La metafora ciclistica mi serve per rendere l’idea dei traguardi a cui può realisticamente aspirare il partito democratico guidato da Enrico Letta. Al massimo una onorevole maglia ciclamino a punti. In assenza di strategia e tattica elettorali a Enrico Letta non rimane infatti che puntare ad essere il primo partito, vale a dire il più votato, e, per arrivare a questo consolatorio risultato, non può che mettere in campo candidature di livello, facili da inghiottire per gli elettori.
Non ho idea di cosa potrà significare arrivare primi come partito: qualcosa dovrà pur politicamente valere un simile risultato a prescindere dall’ottenimento della maggioranza atta a governare il Paese. Così come avrà un peso la qualità dei votati, che siederanno a Montecitorio e Palazzo Madama dopo la dieta dimagrante istituzionale.
Per vincere la maglia ciclamino servirà ostentare agli elettori una certa qual regolarità di comportamento: di questa bisogna dare atto al PD non tanto nella fase filo-pentastellata, ma in quella filo-draghiana. Enrico Letta si è appiattito sull’appoggio al governo Draghi a costo di sacrificarvi alcuni fondamentali valori di riferimento come la ricerca della pace, l’equità fiscale, la solidarietà sociale. Basterà? Non ne sono convinto, anche perché il draghismo della gente mi sembra già abbondantemente coperto dalla bagarre propagandistica. Gli elettori hanno purtroppo la memoria cortissima e premiano chi riesce a convincerli sul momento. Letta sta disperatamente tentando qualche sprint programmatico-elettorale, ma in questa specialità c’è chi lo supera di gran lunga. Mi riferisco, ad esempio, alla mensilità aggiuntiva per lavoratori e pensionati: puzza di berlusconismo lontano un miglio! D’altra parte qualcosa bisognerà pur dire e promettere per risvegliare gli italiani dal sonno destrorso in cui stanno sprofondando.
Personalmente punterei a volare alto, anche perché nella politica terra-terra si rischia di non trovare argomenti e toni giusti. La difesa della Costituzione, l’antifascismo modernizzato, l’europeismo e la giustizia sociale sono patrimonio identitario irrinunciabile e qualificante della sinistra. Dire qualcosa di sinistra in questa campagna elettorale non è facile, ma bisogna pur provarci, altrimenti…
Quanto alle candidature, considerato il perverso meccanismo elettorale che le costringe in una umiliante caduta dall’alto, potrebbero avere un appeal molto importante. Vedo però la ormai solita manfrina tecnicistica e/o civica che sa tanto di resa incondizionata della politica. Mi aspettavo dal PD che tirasse in barca i remi della sua storia, della sua tradizione, dei suoi mondi di riferimento. Poi arrivano Pierferdinando Casini e Susanna Camusso: non ci capisco più niente. Forse non ci sta capendo niente anche e soprattutto Enrico Letta. La gente peraltro avrà la pazienza di valutare le candidature e di scegliere le più serie e adeguate? Sarebbe tuttavia una strada obbligata da percorrere al meglio. Attenzione però ai tecnici-prezzemolo, agli scienziati catapultati in politica, ai riciclati di lusso, ai bolliti di turno: gli elettori non si lasciano più incantare dai nomi altisonanti. Mi sembra che Letta si sia bruciata anche questa residua chance elettorale.
Ammetto che non sia facile capire da cosa siano attirati i cittadini, però non confondiamo loro ulteriormente le idee. Siamo arrivati ad una competizione elettorale nei modi e tempi sbagliati, senza preparazione e senza allenamento. In un simile clima rischia di vincere il peggiore, il furbastro di turno, il demagogo di professione, il prestigiatore della politica.