Il pallottoliere meloniano

A meno di un mese dal voto è scontro tra il ministro degli Esteri e fondatore di Impegno Civico, forza alleata del Pd, e la leader di Fratelli d’Italia. A innescarlo, alcune dichiarazioni rese da Di Maio alla Camera. “Questa situazione economica può peggiorare con il trio sfasciatutto – Meloni, Salvini e Berlusconi – una coalizione che sta mettendo a rischio l’Italia: con il rischio di portarla in una vera e propria guerra economica”, le parole dell’ex big del M5S. Pronta e piccata la replica di Giorgia Meloni. “Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, lo stesso delle interminabili gaffe internazionali a scapito dell’Italia, oggi racconta alla stampa che con un governo di centrodestra ci sarà una ‘vera e propria guerra economica’”, ha risposto, su Facebook, la presidente di Fdi. Aggiungendo: “Credo che un ministro pagato dai cittadini per screditare e rendere debole la propria nazione agli occhi degli Stati esteri, soprattutto in una fase delicata come questa, sia semplicemente indegno. Il tutto solo per attaccare e diffondere menzogne contro i suoi avversari politici. Il 25 settembre col vostro voto potremo mandare una buona volta a casa la sinistra di Letta, Di Maio, Speranza e compagnia”. 

Prescindiamo per un attimo dal valore politico del pulpito da cui viene la predica: mi riferisco a Luigi Di Maio che non gode da parte mia alcuna stima e simpatia politica ed umana (lasciamogli fare un po’ di polemica, forse è l’unica cosa che ha imparato). Tuttavia se la sciagura è rappresentata dalla sinistra e il riscatto è garantito dalla destra, come mai Giorgia Meloni, un giorno sì e l’altro pure, sforna messaggi tranquillizzanti per i mercati finanziari, per l’Ue, per gli Stati europei, preoccupati per un’eventuale e molto probabile prospettiva di un governo italiano presieduto da lei: evidentemente, come minimo, esistono seri dubbi sulla sua lealtà europea, sulla sua capacità di gestire una situazione difficilissima e sulla sua fedeltà agli ideali democratici ed antifascisti.

Non solo, ma che bisogno c’è di strafare con dichiarazioni istituzionalmente inopportune se non scorrette come la seguente: “Se vincesse il centrodestra e ci fosse l’affermazione di Fratelli d’Italia non ho ragione di credere che Mattarella possa assumere una scelta diversa” rispetto alla mia indicazione. Lo ha affermato Giorgia Meloni, a Ceglie Messapica, alla kermesse organizzata da Affari Italiani, intervistata dal direttore Angelo Maria Perino. “Qualcuno non mi vuole come presidente del Consiglio? L’anomalia non sarei io, ma lo è stata Mario Monti”.

Doveva avere il coraggio di aggiungere anche Mario Draghi, ma lì il discorso si fa piuttosto complicato e delicato. Giorgia Meloni non lo vuole irritare, ma forse addirittura lo vuole imbarcare in qualche modo come garante verso gli interlocutori di cui sopra.

Esiste un famoso proverbio che recita: chi si loda s’imbroda. Attenzione quindi perché la saggezza popolare ricorda quanto la persona che si fa i complimenti da sola, vantandosi di fronte agli altri, finisca poi facilmente per danneggiarsi.

Ho l’impressione che Giorgia Meloni tema più l’ostracismo interno alla sua coalizione che quello istituzionale ed internazionale. Non è un boccone facile da digerire per la dirigenza e la base leghista e nemmeno per i residuati organici berlusconiani raccolti in Forza Italia. Si capisce lontano un miglio che ne soffrono l’invadenza e la presunzione, ma se la devono bere, a meno che non possa scattare una sorta di conventio ad excludendum, vale a dire una tacita intesa tra parecchie parti sociali, finanziarie, economiche e politiche, che abbia come fine la difesa da questo corpo estraneo: una specie di troika anticipata, che intervenga prima che sia troppo tardi. Da una parte potrebbe essere la salvezza, dall’altra la perdita ulteriore di credibilità e autorevolezza della nostra classe politica al punto da rendere necessario l’intervento dei poteri più o meno forti.

Giorgia Meloni deve ricordare che per governare occorrono i voti, ma non bastano. Bisogna anche esserne capaci, saper gestire i soggetti governabili, che possono in certi casi diventare ingovernabili, essere in grado di interloquire con le entità comunque coinvolte nel sistema governo. La politica comincia il girono dopo delle elezioni e può riservare sorprese a non finire. La storia ha visto crollare personaggi che avevano apparentemente consensi enormi e trionfare soggetti scarsi quanto a voti conquistati. La matematica elettorale è un’opinione.