Il ministro degli Esteri di Kiev ha convocato il nunzio apostolico in Ucraina, Visvaldas Kulbokas, a proposito del recente commento di papa Francesco sulla morte di Darya Dugina, la figlia dell’ideologo di Putin uccisa nei giorni scorsi a Mosca in un attentato. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, nell’incontro con il suo omologo italiano Luigi Di Maio a Kiev, secondo quanto riportato da Ukrinform.
Al termine dell’udienza di mercoledì, Francesco ha rivolto un appello per la pace per «l’amato popolo ucraino» e denunciato la crudeltà della guerra, pagata dagli innocenti. Dopo aver parlato dei profughi, dei feriti, degli orfani, ha aggiunto: «Penso a quella povera ragazza volata in aria per una bomba che era sotto il sedile della macchina a Mosca».
«Abbiamo studiato attentamente la citazione completa» sulla morte di Dugina e «abbiamo deciso di convocare il nunzio apostolico per esprimere il disappunto dell’Ucraina su queste parole», ha detto il ministro Dmitro Kuleba. A monsignor Visvaldas Kulbokas “è stato detto che l’Ucraina è profondamente delusa dalle parole del Pontefice, che equiparano ingiustamente l’aggressore e la vittima”. Così una nota del ministero degli Esteri ucraino dopo l’incontro con il nunzio apostolico. “La decisione di papa Francesco di menzionare nel contesto della guerra russo-ucraina la morte di un cittadino russo sul territorio della Russia, con la quale l’Ucraina non ha nulla a che fare, provoca incomprensioni”, si legge ancora nella nota. (Avvenire del 26 agosto 2022)
Mi sembra che le pretese ucraine stiano superando i limiti. I governanti di Kiev giocano scriteriatamente al rialzo sulle armi fornite dall’Occidente, impongono i tempi e i modi di qualsiasi percorso di pace, non comprendono che le gravissime difficoltà economiche, che la guerra in corso sta provocando in Europa, si ritorceranno contro di loro, perché influiranno pesantemente sulla possibilità europea di fornire enormi aiuti nel breve, medio e lungo termine, non danno grosse garanzie di stile democratico nel loro sistema politico, si dimostrano giorno dopo giorno troppo rigidi nei loro atteggiamenti al punto che si fa fatica a capire fin dove arrivi la sacrosanta resistenza verso l’invasore e la volontà di sfruttare l’occasione per lucrare favori dagli alleati (spesso alla ricerca più di nuovi equilibri di potere che di strategie pacifiche).
Adesso arriva addirittura la censura alle parole del Papa. Nel cuore del pontefice e di tutta la cattolicità c’è un posto anche per la figlia dell’ideologo di Putin, morta carbonizzata in un attentato e vittima del clima di guerra che si è instaurato: ciò a prescindere dagli autori dell’attentato, dalla sua collocazione geografica e dalla nazionalità della vittima. La carità cristiana non riconosce gli schemi assurdi della guerra. Alla fine del secondo conflitto mondiale certe organizzazioni cattoliche, che si erano battute per salvare la vita agli ebrei ed ai perseguitati dai nazifascisti, si impegnarono per sottrarre i nazifascisti stessi dalle vendette e dalle rappresaglie. Non si piegarono alla logica bellicista, nemmeno in quel drammatico contesto.
Forse i governanti ucraini, presi nel vortice resistenziale, stanno confondendo difesa e attacco: deriva pericolosissima e irreversibile. Vedano di riflettere un attimo e di verificare i loro atteggiamenti e comportamenti. La brutale aggressione subita, che peraltro è tuttora in corso, non deve far dimenticare che anche in guerra il cuore deve funzionare, pena la perdita definitiva e generale di ogni e qualsiasi briciolo di umanità.