La conferenza stampa di Mario Draghi, accompagnato per l’occasione da due autorevoli ministri e dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, tenuta in occasione del varo di un ulteriore decreto aiuti, è viaggiata nel segno della continuità ed ha quindi, seppure indirettamente (?), rassicurato gli italiani in due sensi: non esiste vacanza di potere, se è vero come è vero che il governo, che dovrebbe limitarsi a sbrigare gli affari correnti, vara provvedimenti da 17 miliardi di euro a sostegno di famiglie e imprese e non solo; il dopo Draghi proseguirà nel solco tracciato senza strappi e cambiamenti di rotta.
Ad una domanda il premier ha risposto testualmente: «Io sono certo che qualunque sia il prossimo governo rispetterà gli obiettivi del PNRR per due motivi: per l’importanza dell’impegno internazionale-europeo, che noi abbiamo assunto (ricordo ancora una volta che altri Paesi europei hanno accettato di tassare i loro cittadini perché fossero dati i soldi che noi abbiamo incassato col PNRR) e sul quale si gioca la credibilità del nostro Paese; per la convinzione con cui riteniamo che l’Italia, nonostante le difficoltà, possa andare avanti sull’onda degli investimenti e delle riforme previste dal PNRR che garantiranno lo sviluppo del Paese».
Alla luce di quanto sta facendo e dicendo Mario Draghi, vengono meno le due preoccupazioni fondamentali che condizionano la campagna elettorale. Se il governo sta continuando a governare, dialogando fra l’altro con partiti e sindacati, cade lo psicodramma della caduta di Draghi e delle elezioni anticipate. Chi ha fatto cadere il governo non ha quindi creato un disastro. È inutile gridare al lupo al lupo delle elezioni, se questo lupo assomiglia a quello di Gubbio, addomesticato da san Mario.
Lasciamo stare la questione della legittimità dell’azione di un governo dimissionario che spende e spande sulle ali dell’urgenza, convertendo cioè gli affari correnti in affari urgenti. A questo punto tutto è corrente e tutto è urgente. Tutto sta bene per il bene del Paese, ma non mi si dica che tutto rientri nella normalità repubblicana. Nessuno peraltro può dire niente: chi ragiona ormai in base al vangelo secondo Draghi non può che essere soddisfatto; chi rischiava di essere considerato un disfattista ha di che gioire perché ha sì rischiato l’incriminazione, ma per un fatto che non sussiste.
Quanto al futuro le certezze sciorinate da Draghi tolgono molta verve polemica alla campagna elettorale: molto rumore per nulla, tutto è già stabilito per binari ben precisi e imprescindibili. Il centro-sinistra non ha bisogno di enfatizzare la continuità draghiana che starebbe nei fatti, il centro-destra non può sgarrare e prescindere dagli impegni già presi. Calma e sangue freddo. Facciamoci le vacanze in santa pace, andiamo o non andiamo a votare con assoluta calma. Vincerà comunque Draghi. E la politica? Non esiste più!
In cauda venenum. Sta circolando una indiscrezione, prontamente smentita, secondo la quale Draghi avrebbe segnalato a Giorgia Meloni nomi di ministri per il futuro governo di centro-destra. Altro che agenda… Posso essere maliziosamente fantasioso? Non è che Draghi si stia preparando a fare il presidente della Repubblica eletto all’unanimità dal nuovo Parlamento in un regime presidenziale de facto..tum?