Populismo, veleno e controveleno

Nell’opera lirica “La Gioconda” di Amilcare Ponchielli su libretto di Arrigo Boito, il doge Alvise, scoperto il tradimento della moglie Laura, giura di vendicarsi («Si, morir ella de’!»). Sarà una vendetta terribile, degna di un Badoéro: che le danze della festa gioiscano pure, lì il marito tradito deve vendicare il proprio onore. Decide però di non sporcarsi le mani, sarà lei stessa a darsi la morte con un veleno. Quindi fa convocare Laura e la lusinga nascondendo a malapena la sua ira: egli accenna ironicamente appena al suo tradimento («Bella così madonna, io non v’ho mai veduta»), e Laura, insospettita, gli chiede il motivo di tale comportamento («Dal vostro accento insolito cruda ironia traspira»). Alvise, al massimo dell’ira, la costringe a dire la verità, e poi le urla che morirà subito. Mentre Laura lamenta il suo destino («Morir, morir è troppo orribile»), Alvise le mostra la sua bara. Da fuori risuona una canzone intonata dai gondolieri («La gaia canzone fa l’eco languir e l’ilare suono si muta in sospir»). Alvise la obbliga a bere un veleno prima che il canto giunga alla sua ultima nota, ma di nascosto Gioconda sopraggiunge e convince Laura a bere da un’altra boccetta, che contiene un potente narcotico che «della morte finge il letargo». Dopo averlo bevuto, Laura entra nella camera mortuaria e si distende sul catafalco. Entra Alvise e, osservando la boccetta vuota, si convince che la donna è morta. Gioconda invoca la madre, e riflette sconvolta su quello che ha appena fatto: salvare la rivale per amore di Enzo («Io la salvo per lui, per lui che l’ama!»).

Il veleno è al centro anche del melodramma politico che si sta consumando nel nostro Paese, il veleno del populismo: le spinte e controspinte che hanno portato alla caduta del governo Draghi sono sostanzialmente improntate al populismo più deteriore, che altro non è se non un modo di fare politica caratterizzato dall’esaltazione demagogica delle qualità e capacità delle classi popolari.

L’operazione Draghi ne era l’esatto contrario o meglio forse ne voleva essere l’antidoto: conquistare la fiducia popolare non per lisciare il pelo al popolo stesso, ma per prospettargli una sana anche se faticosa risalita rispetto alle sprofondanti emergenze economiche e sociali.

Il veleno però ha continuato a lavorare e a mettere i bastoni fra le ruote a Draghi, il quale non ha saputo togliere del tutto il terreno sotto i piedi dei populisti, lasciando ad essi argomenti oggettivamente plausibili da cavalcare in senso disfattista: si pensi alle armi all’Ucraina, alle corporazioni toccate nel vivo, alle povertà crescenti e striscianti, a tutto l’armamentario pentastellato e leghista.

Ad un certo punto Mario Draghi, perso per perso, si è messo anche lui a fare il populista, appellandosi alla pancia continuista del Paese in contrapposizione con quella disfattista: ha provato ad usare il controveleno, che però non ha funzionato ed è soltanto servito a smascherare le manovre ed a scoprire i giochi. I populisti, vistisi toccati nel vivo, si sono irritati ed hanno perso l’ultimo barlume di raziocinio, puntando decisamente alle urne, scambiandosi reciprocamente accuse in un penoso teatrino propagandistico, che purtroppo è destinato a proseguire durante tutta l’imminente campagna elettorale.

Qualcuno si sta smarcando da questo gioco partitico al massacro populista, mentre invece il centro-destra lo ha abbracciato senza pudore rischiando di perdere qualche insignificante pezzetto. I tre populismi hanno finalmente trovato una combinazione plausibile: il berlusconismo, il salvinismo e il melonismo, che hanno mostrato le loro “brutte” facce, togliendo ogni e qualsiasi velo protettivo, andranno alla ricerca di un volto “bello” spendibile per un premierato compatibile con gli assetti europei.

È molto probabile che alle elezioni si scontrino due filoni populisti: quello cattivo di una ritrovata unità destrorsa e quello buono di un Draghi sostenuto da un centro-sinistra i cui contorni definitivi appaiono tuttavia ancora incerti. Mangeremo a rischio colesterolo, sperando che quello buono scacci quello cattivo, dormiremo il sonno della democrazia sperando di non rimanere narcotizzati dall’astensionismo e di risvegliarci con a fianco Draghi che ci porti in salvo, liberandoci dalla morte dei peggiori “ismi” riveduti e scorretti.

Sperando anche e però che nel frattempo Draghi si sia convinto che l’unico modo per difendere l’Ucraina non è quello di rifornirla di armi, altrimenti ricominceremo tutto daccapo in una infinita e fuorviante kermesse populista e…bellicista.