La montagnola ha partorito il topolone. Così si può salutare la nascita della nuova giunta comunale di Parma. Se il buon giorno si vede dal mattino, quello pericoloso si nota fin dall’alba. Il nuovo sindaco Michele Guerra ha scelto (?) una squadra debole da tutti i punti di vista: poco rappresentativa sul piano politico, basata sui curricula più che sulla provata professionalità e adeguatezza per ricoprire incarichi amministrativi, poco garantista in senso esperienziale, poco promettente per quanto riguarda il discorso della sensibilità sociale. Una compagine assessoriale che rispecchia fedelmente le debolezze del sindaco e sembra fatta apposta per non aiutarlo a scendere dalle nuvole. Non sono in grado di operare raffronti con le giunte di Pizzarotti: mi paiono equivalenti sul piano qualitativo, mentre più sfilacciata e bisticciata sembra quella appena varata a confronto con le pattuglie precedenti abbastanza compatte e politicamente omogenee.
“Ogni popolo ha il governo che si merita” è molto più di un semplice proverbio. Sembra quasi una sentenza, un modo di dire che è entrato nella dialettica quotidiana. Si può applicare al caso della città di Parma? Penso proprio di sì.
Ho così recentemente e velenosamente commentato l’esito delle elezioni amministrative parmensi: “Sono portato a interpretare l’attuale squallido scenario parmense come una riscossa “perbenisticamente borghese”, guidata a destra da un redivivo ma perdente Pietro Vignali (nonostante Berlusconi lo abbia appoggiato a tutto spiano, con obiettivi e notevoli riscontri e con ritrovati e incredibili consensi) e a sinistra (si fa per dire…) dal fumoso e vincente Michele Guerra (sostenuto da un pateracchio politico-sociale che osano chiamare centro-sinistra). Il tutto benedetto mediaticamente dalla Gazzetta di Parma (chi non muore si rivede…) e bevuto a gola aperta dai parmigiani in cerca spasmodica di visibilità ducale (Parma uber alles: se la gente non ha una casa, se gli immigrati dormono sotto i ponti, se i problemi sommergono la città, chi se ne frega…).
Della dichiarata vendetta vignaliana è rimasto il penoso rimpianto di tempi che giudico comunque brutti e lontani (?); della raffazzonata riscossa guerriana è rimasto il trionfante fumo in cerca di arrosto. A giudicare dal profilo della nuova giunta comunale per trovare un po’ d’arrosto bisognerà attendere almeno altri cinque anni. In compenso all’arrosto penserà chi se ne intende e non aspetta altro che di mettere Parma a rosolare sul fuoco affaristico-salottiero.
Non oso nemmeno dire “staremo a vedere”, perché mi sembra tutto già molto chiaro ed evidente. Non azzardo nemmeno un “chi vivrà vedrà”, perché Parma resta sprofondata nel sonno cimiteriale e disperatamente soddisfatta della pace dei sepolcri.
Il vizietto ducale è duro a morire, non c’è destra o sinistra che tenga. Se un marziano fosse sbarcato a Parma durante la recente campagna elettorale non avrebbe saputo distinguere “il colore e il calore” politico dei candidati a sindaco della città. Anche i parmigiani sono stati investiti da questa melassa salottiera e hanno preferito starsene a casa, nei loro piccoli o grandi salotti. Quanto alla mancanza di sale nel dibattito elettorale, il niente contenuto in esso è stato spacciato come risultato dello stile parmigiano politicamente corretto.
E chi non ha salotto e vorrebbe toni forti non di rissa ma di confronto reale sulla soluzione dei problemi? Si metta buono, non faccia l’estremista, si arrangi! Un modo omertosamente colpevole di non fare politica, non tanto durante la campagna elettorale (quando ormai è tardi), ma prima della stessa (quando qualcosa si potrebbe ancora proporre).
La nuova giunta sembra fatta apposta per accontentare manovratori e manovrati o meglio per non disturbare Parma e chi vi comanda. Sarà l’amministrazione improntata alla cultura, guidata da un uomo di cultura, votata dalla e alla cultura. Quale cultura? Non certo quella di porsi di fronte alla vita della città con i suoi enormi problemi, non certo quella di alleviare le sofferenze di chi è ai margini, non certo quella di volare basso per cercare di rimediare alle cose che non funzionano.
Non ho sentito, né durante né dopo la campagna elettorale, una parola di socialità vera e concreta. Speravo che potesse arrivare dal profilo di qualche assessore. Possibile che a Parma non esistano persone capaci di dare un senso autenticamente sociale all’amministrazione pubblica? Ho rispetto per i nuovi assessori, ma non li vedo. Un mio zio, quando era seduto a tavola e osservava mia madre che condiva l’insalata, le chiedeva retoricamente: «Gh’et miss al säl ? Parchè n’al vedd miga!». Evidentemente Michele Guerra ha molto a cuore il livello pressorio dei suoi cittadini e scarseggia col sale.
Mi sovviene al riguardo un episodio preso dalla vita di mio padre, imbianchino-pittore che stava affrescando una chiesetta di campagna. La parrocchia, oltre un compenso preventivato, garantiva vitto e alloggio. Il rapporto non partì con il piede giusto, perché il mangiare era scarso e qualitativamente povero. Mio padre prese di petto la perpetua, che si giustificò scaricando la responsabilità sul parroco, che aveva una certa età e doveva mangiare leggero perché, come si dice, “al gh’äva al sangov gros” (espressione dialettale che significa pressione alta e/o cattiva circolazione sanguigna). Mio padre non si perse d’animo e ribatté alla sua maniera: “S’l’ é par còll, ch’la guärda che mi gh’ò al sangov sutil cme un cavì”. La perpetua rise di gusto e si lasciò convincere a tirare il collo di un galletto, che infastidiva mio padre con le sue performance vocali antelucane.
I parmigiani sono costretti a mangiare troppo leggero…Evidentemente la cultura a Parma è diversa da come la intendo io. Forse sono un parmigiano anomalo o forse è anomala questa Parma che tace e acconsente. Spero di essere smentito. Ne sarei veramente contento. Buon lavoro alla Giunta che definirei malinconicamente “nuvolosa” in rassegnata attesa del diluvio di problemi.