A 99 anni compiuti a maggio, Henry Kissinger, ex segretario di Stato degli Stati Uniti – in uscita con il suo ultimo libro, Leadership – parla della guerra in Ucraina e di Vladimir Putin, presidente della Russia: «Rispettavo la sua intelligenza, era un attento calcolatore dal punto di vista di una società che lui interpretava come sotto assedio da parte del resto del mondo. L’ho trovato un intelligente analista della situazione internazionale dal punto di vista russo, che rimarrà tale e che dovrà essere considerato quando la guerra finirà».
«La Russia – sottolinea Kissinger – è stata parte della storia europea per cinquecento anni, è stata coinvolta in tutte le grandi crisi e in alcuni dei grandi trionfi della storia europea e pertanto dovrebbe essere la missione della diplomazia occidentale e di quella russa di tornare al corso storico per cui la Russia è parte del sistema europeo. La Russia deve svolgere un ruolo importante. La Russia vedrà se stessa come una estensione dell’Europa o come un’estensione dell’Asia ai margini dell’Europa».
Al Corriere della Sera Kissinger dice che «va sconfitta l’invasione della Russia, non la Russia in sé. La questione del rapporto fra Russia ed Europa andrà presa molto seriamente». L’ex segretario di Stato replica a chi lo ha criticato per le parole di Davos, temendo di essere stato frainteso: «La fine della guerra deve essere espressa in termini di obiettivi politici, oltre che militari. Non si può continuare a combattere senza avere alcun obiettivo a cui rapportarsi».
Un vecchio diplomatico, non certo un pacifista incallito: ci fornisce una lezione di pragmatica saggezza, un esempio di quella diplomazia di cui ci si potrebbe fidare ed a cui ci si dovrebbe affidare.
Luigino Bruni, accademico, saggista e giornalista italiano, economista e storico del pensiero economico, con interessi in filosofia e teologia, personaggio di rilievo dell’economia di comunione e dell’economia civile, in un recente articolo apparso sul quotidiano Avvenire, intitolato “Solo far finire la guerra è normale e non basta il mercato a fare la pace”, che consiglio a tutti di leggere, anzi di centellinare, scrive come di seguito riporto.
“Un’altra Europa, che duemila anni di cristianesimo e tre secoli di illuminismo non hanno saputo creare, il 24 febbraio avrebbe generato dalla sua anima centinaia di migliaia, milioni di cittadini pacifici e disarmati che avrebbero messo i loro corpi lungo le strade dei carrarmati. E li avrebbero fermati, come e più di un milione di bombe di morte. E, nello stesso giorno, tutti i capi di Stato e di governo sarebbero dovuti correre insieme davanti alla porta del Cremlino, lì iniziare tutti uno sciopero della fame per chiedere a Putin di tornarsene a casa. Sogni, favole, utopie… E invece sarebbe molto realistico, concreto e serio cercare la pace con telefonate interurbane, che ormai sono pure gratis. E noi incollati alla tv, bombardati da una produzione di massa di metafore sbagliate e molto pericolose, ad assistere passivi anche alla manipolazione di Gandhi e di Bonhoeffer trasformati in sostenitori muti della nostra risposta bellica fratricida e della ‘legge del taglione’, per non parlare delle infinite parole vuote e morte sulla ‘guerra giusta’ tratte fuori contesto e fuori tempo da sant’Agostino e san Tommaso. Ridicolizzato Francesco, banalizzato il Vangelo. Quando il «tempo in cui i re sono soliti andare in guerra» (2 Sam 11,1) finirà per sempre? Profezia dei cristiani: dove sei? Dove sei stata sepolta? Alzati: vieni fuori!”.
Luigino Bruni conclude il suo pezzo con una citazione che ha del portentoso. «Qui si tratta che si sta montando una guerra di egemonia tra due blocchi, dalla quale noi non abbiamo nulla da sperare e con la quale non abbiamo nulla da spartire. Vinca la Russia o vinca l’America se noi ci lasciamo coinvolgere passivamente avremo che l’Europa diverrà il centro del carnaio e della distruzione». Queste parole diverse e profetiche sono di Igino Giordani (del 1951), un anti-fascista e Padre costituente, mio maestro immenso, che si auto-definiva «un cristiano ingenuo».
Diplomazia, idealità e storia si danno la mano, anzi ci dovrebbero dare una mano per uscire dal tunnel bellicista in cui ci siamo ficcati. E chi ha detto che le utopie sono fuorvianti e allontanano la soluzione dei problemi? E chi ha detto che la diplomazia serve solo a sistemare le cose distrutte dalle guerre? E chi ha detto che la storia si ripete e non ha nulla da insegnarci?