La cura governista

Ai (bei) tempi della Democrazia Cristiana, qualcuno sosteneva che a questo partito-stato avrebbe fatto bene una cura ricostituente a base di opposizione, costretta com’era a governare per mancanza di alternative democraticamente agibili. Allora dal di dentro, siccome ne vedevo ancor meglio limiti e difetti, osservavo come effettivamente l’esercizio del potere ne logorasse l’idealità, alla faccia di Giulio Andreotti, che al contrario sosteneva come il potere logorasse chi non ce l’ha (dal punto di vista del suo cinico pragmatismo aveva qualche indubbia ragione, anche se il tempo ha dimostrato proprio a suo carico come forse avesse anche parecchi torti).

La crisi del governo Draghi sta dimostrando invece come ad alcuni abbia portato qualche giovamento l’assunzione della funzione di ministro. Non credo si tratti solo dell’attaccamento al potere, che obnubila la capacità critica, ma di un bagno esperienziale di sano realismo governativo che evita farneticazioni pseudo-politiche.

Non penso sia un caso che i ministri provenienti dai partiti che hanno abbandonato scriteriatamente la barca del governo Draghi abbiano reagito con una certa stizza, difendendo questa esperienza governativa con parole ed atteggiamenti più o meno clamorosamente in dissenso rispetto alle posizioni delle forze politiche di appartenenza. Tutti hanno gridato allo scandalo allorquando, nonostante la fiducia al governo cominciasse, a dir poco, a scricchiolare, loro siano rimasti ai loro posti. Non si trattava di un esempio di infedeltà politica, ma di coerenza a livello di impegno.

Credo che tutti abbiano fatto un’esperienza edificante di governo in perfetta rispondenza ai presupposti mattarelliani ed ai carismi draghiani. In questi giorni mi sono divertito ad osservare gli sguardi ammirati dei Giorgetti, delle Gelmini e Carfagna, dei Brunetta, dei D’Incà e dei Patuanelli nei confronti di Mario Draghi. Sprizzavano ammirazione e sembravano dire: questo sì che è un governante, non i nostri squallidi capi-arruffapopolo…Qualcuno è arrivato a distinguersi fino al punto da abbandonare il partito, altri al momento non hanno avuto tanto ardire, ma comunque tutti si sono resi piuttosto impermeabili agli ordini di scuderia.

Silvio Berlusconi sta farneticamente giustificando la sua ennesima giravolta mentre tre suoi ex aficionados escono schifati dal partito. Qualcuno a livello mediatico (leggi Enrico Mentana) sta già riposizionandosi, cercando di essere possibilista nei confronti del centro-destra apprendista-governante, tentando di dimostrare come, in fin dei conti, Draghi non sia morte sulla croce di Conte, Salvini e Berlusconi, ma per il freddo ai piedi provocato dai suoi errori e dalla sua volontà di scappare. E pensare che fino a ieri questi signori sostenevano Draghi a spada tratta…Come cambia il mondo!

Matteo Salvini sta penosamente rincorrendo Giorgia Meloni in una corsa ad handicap, mentre Giorgetti abbraccia convintamente Draghi, lo applaude, afferma che non rinnegherà mai una importante e positiva esperienza di governo.

I bulli televisivi (leggi ancora l’insopportabile Enrico Mentana) sostengono che gli elettori dimenticheranno tutto in fretta e furia e non si cureranno dei vergognosi voltafaccia di M5S, Lega e Forza Italia. Non ne sarei così sicuro. È vero che è più facile raccontarla agli elettori che non ai ministri uscenti, ma un certo qual disorientamento a livello di base è innegabile e credo purtroppo che porterà, come minimo, all’accentuazione della già presente tendenza all’astensione.

Le parole forti di Brunetta, Gelmini e Carfagna, che seppelliscono dal canto loro la leadership berlusconiana (meglio tardi che mai), le più felpate argomentazioni di Giorgetti, che si richiamano indirettamente ad un radicamento territorial-sociale della Lega, le imbarazzate titubanze post contiane dei ministri fu Grillo, che prendono le distanze da padri e patrigni, suonano come un chiaro impeachment verso i loro impresentabili partiti.

Questi atteggiamenti innescheranno qualche ulteriore movimento politico? Apriranno gli occhi a qualcuno? Sposteranno qualche equilibrio? Non so, ma non sarei così sicuro della loro irrilevanza. Qualcosa nel campo largo lettiano è già successo…E se fossero l’inizio di vere e proprie valanghe? Come farà un piccolo imprenditore del nord-est ad accettare supinamente le decisioni di Salvini?  Cosa farà un elettore berlusconiano di fronte all’arteriosclerosi conclamato del proprio leader? Cosa farà un sostenitore pentastellato di fronte al fuggi-fuggi interno, esterno e collaterale al M5S?

Agli albori del centro-sinistra ci fu un interessante scambio di battute fra Indro Montanelli e Fernando Santi (un vero socialista radicalmente contrario alla svolta governista del suo partito). «Ma perché, onorevole, chiese Montanelli, lei è così ostile a questo nuovo equilibrio politico-governativo?». «Lei non li conosce i miei compagni, rispose Santi, una volta entrati nelle stanze del potere sarà un finimondo…».

Se ai socialisti dal punto di vista etico fece indubbiamente male l’autentica scorpacciata di potere finita nella bulimia craxiana, forse attualmente a qualcuno invece ha fatto bene toccare a valle con mano un governo importante ed autorevole per rimanerne scosso e rendersi conto a monte della pochezza politica di chi non sa governare. Sergio Mattarella voleva scuotere la politica avviando l’esperienza del governo Draghi: in piccola, ma significativa, parte c’è riuscito. E non è finita, anzi è appena cominciata.