Fra struzzismo e sonnambulismo

La collaborazione sul gas. Il futuro dei rapporti con l’Europa. Il vertice tra Italia e Turchia, a dieci anni dall’ultimo incontro intergovernativo, è per Mario Draghi sì l’occasione per rinsaldare il rapporto tra due paesi “partner, amici alleati”, ma anche per lanciare un avvertimento sui migranti all’amico Erdogan, alla Grecia, e all’Europa: gli sbarchi, che sono triplicati proprio sulla rotta orientale, oramai hanno raggiunto “il limite” anche per un paese aperto e accogliente come l’Italia. Il vertice intergovernativo tra Italia e Turchia “indica la volontà comune di rafforzare la collaborazione: Italia e Turchia sono partner, amici alleati”, ha detto Draghi al termine dell’incontro con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Italia e Turchia hanno firmato 9 accordi per “rafforzare la cooperazione”, ha riferito Erdogan. Il presidente turco ha fatto sapere che l’obiettivo per quest’anno è arrivare a un interscambio economico di 25 miliardi di dollari. “C’è la volontà comune di rafforzare la partnership tra Italia e Turchia, i due paesi lavorano insieme per una pace stabile e duratura”. Lo afferma Mario Draghi nel corso della conferenza stampa al termine del vertice. Draghi ha anche auspicato un rapido sblocco del trasporto delle derrate alimentari. Il premier ha tra l’altro ricordato i legami storici tra Italia e Turchia, primo partner commerciale nell’area del medio oriente. agenzia Ansa).

L’incontro di cui sopra si è tenuto il 05 luglio 2022. Vediamo le cronache dell’aprile del 2021.

“Con i dittatori bisogna essere franchi, ma cooperare”. Le parole di Mario Draghi sul presidente Erdogan aprono uno scontro diplomatico con la Turchia. Nel tardo pomeriggio di ieri, il premier ha preso parte a una conferenza stampa per parlare dei problemi e degli obiettivi del piano vaccinale, ma una domanda sulla politica internazionale l’ha spinto ad assumere una posizione inedita sul leader turco: “Non condivido il comportamento di Erdogan nei confronti della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, credo che sia stato un comportamento inappropriato, mi è dispiaciuto moltissimo per l’umiliazione che la presidente della Commissione Europea ha dovuto subire”, ha detto Draghi, aggiungendo subito dopo: “Con questi dittatori, chiamiamoli per quello che sono, di cui però si ha bisogno, uno deve essere franco nell’esprimere la propria diversità di vedute e di visioni della società; e deve essere anche pronto a cooperare per assicurare gli interessi del proprio Paese. Bisogna trovare il giusto equilibrio”. Poche ora dopo il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu ha risposto condannando “fermamente l’inaccettabile retorica populista del presidente del Consiglio italiano Draghi nominato e le sue brutte e inesorabili dichiarazioni sul nostro presidente eletto”. Ankara ha convocato l’ambasciatore italiano, Massimo Gaiani, per chiarimenti. (La Repubblica).

Non sono l’unico ad avere fatto un salto sulla seggiola, vedendo i salamelecchi turco-italici. Erdogan è un dittatore, anzi un partner importante: così possiamo sintetizzare il voltafaccia draghiano comunque lo si voglia motivare. Va bene la realpotitik, va bene che il mondo stia cambiando, va bene che ognuno debba guardare ai propri interessi, va bene che occorra combattere il nemico comune Vladimir Putin, va bene che non si debba far incazzare Erdogan per fargli digerire l’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato, va bene che Erdogan possa aiutare a sbloccare la situazione del “grano” e aiutare l’Italia a risolvere il problema della “grana”, va bene che “i quasi-nemici dei miei nemici siano miei amici”, va bene che la diplomazia debba avere una spanna di pelo sullo stomaco, va bene tutto, o meglio va bene dire e fare tutto e il contrario di tutto, però è anche vero che tutto dovrebbe avere un limite.

I casi sono due: o Mario Draghi è stato imprudente nell’aprile del 2021 oppure è stato esageratamente diplomatico in questi giorni. Erdogan non è cambiato, forse è cambiata la tattica internazionale di Draghi e di tutto l’Occidente di cui il nostro premier è diventato l’uomo di punta. Di questa impostazione cinica della politica internazionale non sono affatto entusiasta: quando si prescinde dai principi fondamentali, comunque si giri la questione, la frittata è sempre fatta. Si vede infatti dove siamo finiti. Questa guerra russo-ucraina, consistente nella più cinica delle invasioni, rischia di innescare la più cinica impostazione nei rapporti geo-politici. Che l’Italia ne sia protagonista non mi piace. Se questo è il prezzo da pagare per contare sui tavoli che contano, non ci sto: preferisco un’Italietta qualsiasi, che abbia il coraggio di puntare sinceramente alla vera pace, costi quel che costi.