La Corte Suprema Usa, con un pronunciamento storico, ha revocato la sentenza Roe vs Wade del 1973 che aveva legalizzato l’aborto. La decisione lascia liberi gli Stati di vietare l’interruzione di gravidanza. “La Costituzione non conferisce il diritto all’aborto” si legge nella sentenza, che ribadisce che “l’autorità di regolare l’aborto torna al popolo ed ai rappresentanti eletti”. La decisione è stata presa da una Corte divisa, con 6 voti a favore e 3 contrari: i tre giudici liberal Stephen Breyer, Sonia Sotomayor e Elena Kagan hanno votato contro.
Il presidente Joe Biden è intervenuto con un discorso alla nazione definendo la sentenza “un tragico errore” frutto di una “ideologia estrema”. E ha lanciato un appello a Capitol Hill perché trasformi in legge federale la sentenza Roe vs Wade. Ammettendo però che al Congresso non ci sono i numeri per farlo, ha invitato gli elettori a mobilitarsi al voto di novembre per eleggere rappresentanti democratici. “Ci saranno conseguenze reali e immediate” ha aggiunto, osservando che in alcuni Stati entreranno in vigore immediatamente leggi che vietano l’aborto. “Se una donna vive in uno Stato che vieta l’aborto, la sentenza della Corte Suprema non le vieta di recarsi in uno Stato che lo permette. E non vieta ai medici di questo stato di assisterla” ha aggiunto. Donald Trump ha commentato la sentenza affermando: “Questa è una decisione di Dio”.
Non ho mai capito i toni trionfalistici con cui si celebra il diritto di abortire e non capisco quelli con cui si festeggia la messa in discussione del diritto delle donne ad abortire. Il discorso è di una delicatezza estrema e va affrontato non a colpi di sentenza, ma con tutta la serietà che merita.
Don Andrea Gallo così rispondeva a chi gli chiedeva la sua opinione sull’aborto: «Sta’ a sentire, non incastriamoci nei principi. Se mi si presenta una povera donna che si è scoperta incinta, è stata picchiata dal suo sfruttatore per farla abortire o se mi arriva una poveretta reduce da uno stupro, sai cosa faccio? Io, prete, le accompagno all’ospedale per un aborto terapeutico: doloroso e inevitabile. Le regole sono una cosa, la realtà spesso un’altra. Mi sono spiegato?».
Alcuni anni or sono, quando andavo a fare visita ad una mia carissima cugina, ricoverata all’ospedale maggiore di Parma in stato di coma vegetativo, mi capitava di imbattermi all’entrata in un gruppetto di donne che recitavano ostentatamente il rosario in riparazione dei peccati riconducibili all’aborto. Mi davano un senso di tristezza e di pochezza. Per non mancare loro di rispetto frenavo l’impulso di interrogarle provocatoriamente: «Ma voi cosa sareste disposte a fare per una donna sull’orlo dell’aborto? Avreste il coraggio di ospitarla in casa vostra? Avreste la generosità di sostenerla economicamente in modo continuativo? Avreste la forza di aiutarla umanamente ad una scelta così difficile rispettandone la sofferta decisione?». Cito ancora a senso don Andrea Gallo: «Con una ragazza incinta, sola, magari una giovane prostituta, cerco di portare avanti il discorso del rispetto della vita, faccio tutto il possibile, ma se lei non se la sente, se non riesce ad accettare questa gravidanza, cosa devo fare?».
Non mi sento di ritenere sbrigativamente l’aborto un diritto assoluto, che riguarda solo ed esclusivamente la donna: “L’utero è mio e lo gestisco io”. Questo non è un modo per valorizzare la donna, ma per isolarla rispetto ai suoi problemi. Non mi nascondo nemmeno dietro i principi, perché, se così facessimo in tutto e per tutto, saremmo tutti spacciati. Il discorso va affrontato a tutti i livelli in modo da evitare l’aborto: è un dolorosissimo ripiego, un estremo rimedio, che può essere inevitabile, ma che non rappresenta certo una risposta positiva.
Non accetto il dogmatismo brandito dalla Chiesa, immaginiamoci se posso accettare quello blasfemo di Donald Trump. “Misericordia voglio e non sacrificio”. L’aborto non è un atto demoniaco da esorcizzare, ma nemmeno una conquista di civiltà. Le leggi devono laicamente tentare di difendere la vita di tutti: non è facile e non lo si fa certamente coi tira e molla della Corte Suprema Usa che scarica il barile sui singoli Stati dell’Unione, sulle scelte elettorali della gente e sull’opportunismo dei furbi e dei ricchi.
Il resto sta nella coscienza degli individui e nella carità cristiana a tutto tondo. Papa Francesco ha detto in occasione dell’Anno Santo della Misericordia: «Ho deciso, nonostante qualsiasi cosa in contrario, di concedere a tutti i sacerdoti per l’Anno Giubilare la facoltà di assolvere dal peccato di aborto quanti lo hanno procurato e pentiti di cuore ne chiedono il perdono».