Il br…eferendum

«Faremo ricorso contro l’obbligo di mascherine ai seggi», ha annunciato Matteo Salvini intervenendo alla trasmissione Mattino Cinque. «Ci sono le feste del Milan – ha spiegato – il concerto di Vasco Rossi con 100 mila persone, puoi andare dove vuoi senza mascherine, ma domenica 12 giugno, con 40 gradi, senza mascherine non ti fanno votare. È una follia». E parlando dei referendum sulla giustizia, attacca: «La Rai e alcuni giornali stanno nascondendo i referendum. C’è un clima di censura – dice il leghista – un bavaglio e un furto di democrazia sui referendum sulla giustizia che è una vergogna internazionale».

Non è serio e opportuno rincorrere Matteo Salvini nelle sue scorribande polemiche e provocatorie alla spasmodica ricerca di un consenso che gli si sta sgretolando fra le mani. È una gara a chi la spara più grossa! I rischi possono essere due: o si casca nel tranello di un diversivo rispetto ai veri problemi che purtroppo non mancano oppure si finisce col dargli qualche ragione perché qualcuna l’azzecca e perché è aperto il tiro al piccione in cui Salvini si illude di fare il tiratore, mentre invece finisce col fare la parte del piccione (che attira inevitabilmente qualche simpatia).

La dichiarazione di cui sopra, devo ammetterlo, non fa una grinza. Il discorso della mascherina fa letteralmente “sbudellare” dal ridere. Io continuo ad indossarla regolarmente, ma il tira e molla regolamentare su questo presidio è veramente assurdo e ridicolo. La mascherina protettiva in mezzo ai vari casini finisce con l’essere assimilabile alla pillolina di saccarina nel caffè da parte del diabetico che gozzoviglia a più non posso. Sta diventando una farsa! Rispolverarne l’obbligo in occasione delle prossime consultazioni elettorali amministrative e referendarie fa sorridere: se voleva essere una spinta tranquillizzante a recarsi ai seggi finirà con l’essere un ulteriore motivo per disertarli. Siccome a pensare male ci si indovina e siccome i referendum danno fastidio a lorsignori, non è difficile arrivare a ritenere che la mascherina possa essere l’utile complicazione dell’affare semplice elettorale, finalizzata a indurre i cittadini a mandare tutti a quel paese.

Quanto alla indegna disinformazione televisiva, è veramente una vergogna. La Magistratura e la politica temono l’attacco frontale dei cittadini, che, con il loro voto, possano stendere un atto d’accusa nei confronti di chi male amministra la giustizia e di chi male legifera sulla giustizia. Meglio quindi prevenire, svaccando l’evento referendario, accreditandone l’idea di inutilità, di inopportunità, di inaffidabilità etc. etc. Se è vero che la democrazia non si pratica a colpi di referendum, è ancor più vero che la democrazia non si difende arroccandosi contro i referendum. Se è vero che i referendum sulla giustizia, per la delicatezza e la complessità della materia, possono rappresentare una sorta di elefante che entra nel negozio di cristalleria, è altrettanto vero che chiudere ermeticamente il negozio di cristalleria lo rende fine a se stesso e lontano dalla gente.

Ognuno faccia il proprio mestiere: i media, soprattutto quelli di Stato, informino adeguatamente i cittadini; i politici colgano nella partecipazione della gente al voto referendario un sintomo di “disagio” popolare e di inadeguatezza istituzionale a livello di giustizia; i parlamentari tornino a svolgere il loro compito, vale a dire quello di fare buone leggi, magari di farne meno, ma buone;  i giudici facciano un serio esame di coscienza e non pensino di essere i giusti che condannano i peccatori in base alla loro aristocratica superiorità, ma solo i servitori dello Stato che applicano al meglio le leggi in nome del popolo italiano.

Il referendum sulla giustizia non deve essere per gli elettori un esercizio di assurda tecnica legislativa né il tentativo demagogico e velleitario di sputtanare le istituzioni. Si tratta di un’occasione per esprimersi direttamente su alcune questioni inerenti l’amministrazione della giustizia, poi chi di dovere dovrà cogliere il messaggio per valutarne la portata a livello di realtà legislativa.

L’atteggiamento largamente prevalente del “potere” nei confronti di questi referendum assomiglia molto al padrone di una famosa barzelletta. Durante il lavoro in un cantiere edile si beveva un po’ di vino per bagnarsi la bocca impastata dalla polvere e prosciugata dal sudore. Il capo-mastro bevve un bicchiere ed espresse un giudizio sulla qualità del vino con un brr…: era infatti talmente brusco da mettere i brividi. Rivolto al giovane garzone lo invitò a non bere: il vino infatti poteva essere inadatto al palato giovanile. Al che il garzone non si rassegnò e chiese simpaticamente al padrone di poter fare la sua verifica enologica, bevendo ed eventualmente facendo anche lui il suo eventuale brr… Raccontata in dialetto è molto più incisiva, ma il significato è chiaro.