Due forti esplosioni sono state udite a Kiev e una colonna di fumo si è alzata sulla città mentre si stava concludendo la conferenza stampa del presidente ucraino Zelensky e del segretario generale dell’Onu Guterres. Uno dei missili ha colpito un edificio residenziale al piano terra e ha “causato vittime”, secondo le prime testimonianze. Si tratta di tre feriti. Guterres si è detto “sconvolto, non perché ci fossi io, ma perché Kiev è una città sacra sia per gli ucraini che per i russi”. Il presidente Zelensky ha aggiunto che si è trattato di un raid russo mirato “a umiliare l’Onu”.
Un segnale pessimo non solo per Guterres, che è giunto in Ucraina e ha visitato i sobborghi di Borodianka e Bucha, martoriati dai bombardamenti: “La guerra è un’assurdità nel XXI secolo”, ha detto. Nella successiva conferenza stampa, Guterres ha ammesso che il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha fallito, non riuscendo a prevenire e a porre fine alla guerra in Ucraina. Il segretario ha anche confermato che l’Onu sta facendo il possibile per evacuare i civili dall’acciaieria Azovstal, dove ieri è stato colpito anche un ospedale da campo. Che qualcosa stia per accadere lo si spera anche da un movimento di alcune forze russe, intercettato dalla Difesa americana, che stanno lasciando Mariupol e muovendo verso nordovest.
Se Putin, dopo aver accolto freddamente Guterres a Mosca, ha risposto calando un carico di due missili effettivi, Biden non è stato da meno con un discorso, a base di missili verbali, andato in onda contemporaneamente rispetto alla conferenza stampa a Kiev del segretario generale dell’Onu che, con molta umiltà e diplomazia stava tentando di snocciolare qualche parola di pace in un tragico e crescente contesto di guerra. Finalmente, mi sono detto. Sempre meglio deboli discorsi di pace piuttosto che forti parole di guerra. Non l’avessi mai detto o pensato…
Gli Stati Uniti non stanno attaccando la Russia, stanno difendendo l’Ucraina: lo ha detto dalla Casa Bianca il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, denunciando quella che chiama “l’inquietante retorica” di Mosca. Biden ha aggiunto, nel suo discorso, che gli Usa hanno già consegnato a Kiev “dieci sistemi anticarro per ogni carro armato russo; dieci a uno”. Inoltre ha sottolineato che “non lasceremo che la Russia cerchi di intimidire o ricattare” i paesi europei “per aggirare le sanzioni. Non permetteremo che usino petrolio e gas per evitare le conseguenze della loro aggressione”.
Posso essere banale? Delle recenti dichiarazioni del presidente statunitense mi ha colpito la tronfia e triviale dimostrazione di forza: dieci a uno. Sono certamente molto preoccupato di un carro armato russo, ma lo sono anche per i dieci sistemi anticarro americani. Non so dove mi porta questa spirale bellicista. Non mi rassicura lo strapotere militare Usa anche perché viene esibito in modo provocatorio, oserei dire da osteria.
Le risposte dei potenti non si sono quindi fatte attendere quasi a voler chiudere fin dall’inizio ogni e qualsiasi tentativo di dialogo, in spregio alle Nazioni Unite, che purtroppo contano come il due di picche: a Guterres glielo hanno voluto dire fuori dai denti. Un’umiliazione non tanto per lui, ma per tutto il mondo che vorrebbe vivere in pace sotto l’ombrello dell’Onu.
I casi sono due: o siamo nelle mani di pazzi più o meno scatenati, che giocano sulla nostra pelle, quella degli ucraini in primis, ma in prospettiva anche quella di altri, oppure abbiamo due ragionamenti (?), uno russo e uno americano, che si sovrappongono. Cosa voglio dire?
Putin forse è alla frutta e sta alzando sempre più la posta per salvare se stesso e la sua mafia di potere: il suo comportamento è un autentico delirio di debolezza spacciata per onnipotenza. Dall’altra parte gli Usa, probabilmente in possesso anche di informazioni segrete, hanno capito che la Russia sta traballando e intendono sfruttare il momento per assestarle un colpo pressoché definitivo. Conseguenza: una guerra che non finirà mai, anche perché la Cina non accetterà la fine ingloriosa della Russia proprio mentre sta puntando ad assorbirla nella propria orbita.
Mentre da Putin mi aspettavo questo ed altro, su Biden nutrivo qualche speranza, vale a dire quella che la sua vittoria elettorale non fosse soltanto una reazione alle disfatte trumpiane (in particolare quella relativa alla gestione vergognosa della pandemia), ma una seppur timida riscoperta valoriale della tradizione democratica statunitense. A giudicare dai comportamenti di Biden penso di essermi sbagliato di grosso. Il grande giornalista Furio Colombo fa risalire le follie politiche di Biden alla sofferta e nefasta eredità culturale di Trump, che ho lasciato un segno, una ferita difficilmente rimarginabile: l’egoismo, la menzogna e l’aggressività istituzionalizzati e fatti penetrare profondamente nel tessuto americano. Non basta per assolvere i democratici statunitensi e soprattutto per giustificare la deriva bellicista imboccata dall’attuale presidente Usa.
Qualcuno, l’ex presidente in primis, sostiene però che, in presenza di Trump, Putin non si sarebbe permesso di fare quel che sta facendo: avrebbe temuto i contraccolpi e soprattutto non avrebbe avuto alcun interesse a mettere in discussione l’equilibrio cercato e trovato fra due “delinquenti” che sotto sotto se la intendevano parecchio. Non ho idea e non mi interessa più di tanto fantasticare su questi ipotetici scenari. La storia non si fa con i se e dobbiamo prendere atto che si sta profilando un lungo duello, senza esclusione di colpi, inganni e menzogne, fra le due potenze, con la Cina che fa da padrino a Putin, l’Europa che rischia di fare da padrino a Biden e l’Ucraina a fare da palio.
Nell’opera “Fanciulla del West” di Giacomo Puccini, lo sceriffo Jack Rance e i minatori avvertono Minnie che Dick Johnson e Ramerrez sono la stessa persona, e che il bandito – giunto alla “Polka” per depredare l’oro dei minatori – sembra essersi nascosto nei dintorni. Sdegnata, Minnie costringe Dick Johnson ad abbandonare la capanna ma, sulla porta, egli viene ferito da un colpo di pistola dello sceriffo, che insospettito si era nascosto nei pressi. Minnie allora, impietosita ed innamorata nonostante il disinganno, fa rientrare il giovane e lo nasconde nel solaio. Jack Rance entra nella capanna, alla ricerca del bandito, ma non riesce a trovarlo, finché una goccia di sangue, caduta dall’alto, ne rivela la presenza. Minnie propone allora un patto allo sceriffo: giocheranno a poker e se Jack Rance vincerà avrà la ragazza e il bandito. Minnie bara e vince la partita: il suo uomo è salvo.
Ognuno assegni come vuole le parti in commedia: una buona occasione per rivisitare il capolavoro dell’arte pucciniana, per (s)drammatizzare la situazione e per riflettere sugli assetti geopolitici che si stanno profilando in conseguenza dell’invasione russa dell’Ucraina.