L’inaccettabile rassegnazione alla guerra

Ucraina. Anche Kiev compra gas russo, ma dai vicini europei questo il titolo di un articolo di Pietro Saccò sul quotidiano “Avvenire”. L’Ucraina dal 2015 è riuscita a non comprare più il gas di Gazprom direttamente. Con il sistema del “flusso inverso” e del “backhaul” gli Stati Ue glielo mandano indietro. Ma non durerà. È uno dei paradossi di questa guerra: l’Ucraina anche in queste settimane continua a comprare gas russo, anche se non dalla Russia, e contribuisce così indirettamente a finanziare le spese militari dell’invasione voluta da Vladimir Putin.

I paradossi continuano. Sarebbe sacrosanto che Putin e la sua cricca venissero processati dalla Corte Internazionale penale dell’Aia, a cui compete il giudizio sui crimini più gravi che interessano l’intera comunità internazionale: il genocidio, i crimini contro l’umanità e i crimini di guerra. Poi, approfondendo il discorso, si scopre che la giurisdizione di questa Corte è subordinata all’adesione ad un apposito statuto: non vi aderiscono Russia, Stati Uniti e Ucraina. Su questo piano coloro che si stanno macchiando di colpe al limite dell’incredibile durante la guerra in atto fra Russia e Ucraina possono stare tranquilli. Resta da chiedersi il perché della mancata adesione al giudizio di questo tribunale: evidentemente molti hanno scheletri negli armadi, che potrebbero complicare maledettamente il quadro complessivo. Gli attuali peccati della Russia non sono gli unici, e allora…

Se all’Onu non esistesse il famigerato diritto di veto per le cosiddette grandi potenze uscite vittoriose dalla seconda guerra mondiale, con ogni probabilità l’Organizzazione delle Nazioni Unite avrebbe già potuto intervenire in Ucraina, inviando i “Caschi blu” (dal colore dell’elmetto), vale a dire i militari delle forze internazionali di pace dell’ONU, con compiti di controllo finalizzati al ripristino della normalità politica e civile nel Paese in cui operano. Sarebbe oltremodo problematico per la Russia sparare contro i caschi blu… Anziché inviare armi agli Ucraini con la quasi certezza di perpetuare una guerra militare, che potrebbe addirittura sfociare in guerra civile, si avrebbe l’alternativa valida di cercare, pur con armi al di sopra delle parti, una pacificazione della martoriata Ucraina.

Se in sede europea non vigesse l’obbligo di assumere le decisioni principali all’unanimità degli Stati membri, la Ue potrebbe intervenire nella situazione ucraina con maggiore forza e convinzione, tentando di porsi alla pari rispetto alle superpotenze che la fanno da padrone sui destini del mondo, uscendo così dalla inconcludente telefonite acuta e dai tira e molla, che suonano effettivamente come presa in giro non solo per gli Europei, ma anche per gli Ucraini, smettendo di dare alla Russia pretesti riguardanti le accuse di passato collaborazionista e di presente complottista.

Il professor Sabino Cassese, giurista e accademico italiano, già ministro per la funzione pubblica nel governo Ciampi e giudice della Corte costituzionale, è intervenuto durante la trasmissione mattutina de “L’aria che tira”, in onda su La7 e, fra interminabili pause pubblicitarie – a detta dei giornalisti di quella pur guardabile rete televisiva la pubblicità fa la Tv libera (un paradosso tira l’altro…) – ha esposto una teoria storica molto interessante: i conflitti fra le Nazioni sono sempre stati risolti da “spada, feluca e toga”.

Applicando questo principio alla guerra in Ucraina, per “toga” si può fare riferimento alle entità sovranazionali di cui sopra, vale a dire Corte dell’Aia e Onu: non possono intervenite. Per “feluca” si deve intendere l’alta diplomazia, capace di dirimere i conflitti con trattative, magari estenuanti, ma comunque capaci di raggiungere onorevoli compromessi di pace: apparentemente la diplomazia non esiste più, osserviamo solo strane manovre di dilettanti allo sbaraglio, capaci solo di gridare offese reciproche.  Può darsi che esista una diplomazia molto sotterranea, consegnata più alla sporcizia dei servizi segreti che all’abilità degli ambasciatori. Se una vera e propria diplomazia esistesse ancora, la guerra in Ucraina sarebbe stata preventivamente evitata. Non è un caso che Harry Kissinger, un diplomatico di razza, forse l’ultimo dei giusti a tale livello, fin dal 2014 avesse delineato il problematico quadro dei rapporti russo-ucraini, suggerendo alcune linee tuttora valide per giungere al compromesso internazionale.

Resta sconsolatamente “la spada”, che vuol dire guerra a tutti i costi: in questo tunnel siamo colpevolmente e disperatamente infilati e sosteniamo penosamente che alla guerra non c’è alternativa. Il mio medico di base, anche di fronte alle situazioni di salute fisica più compromesse, non si rassegnava e diceva che “c’era sempre qualcosa da fare”. Vale anche per la malattia-guerra: c’è sempre qualcosa da fare per prevenirla e, nella peggiore delle ipotesi, per guarirla.