Il pianista che suona senza piano

“Ci chiediamo se il prezzo del gas possa essere scambiato con la pace. Preferiamo la pace o stare con il condizionatore d’aria acceso? Questa è la domanda che ci dobbiamo porre”. É il quesito, fra il sibillino e il retorico, che Mario Draghi ha posto agli italiani durante la conferenza stampa di presentazione del Def, il documento di economia e finanza all’interno del quale vengono messe per iscritto tutte le politiche economiche e finanziarie selezionate, decise e proposte dal governo.

Se devo essere sincero non mi piace la provocatoria e un tantino (?) presuntuosa verve del nostro premier, anche se a provocare male spesso ci si azzecca. Cosa vuole dire Draghi? Prendendo spunto dalla questione dei rifornimenti di gas provenienti dalla Russia, peraltro essenziali per la nostra vita, siamo disposti ad aderire al blocco dell’importazione di questo bene rientrante nelle sanzioni economiche da applicare al Paese, che, dopo avere aggredito l’Ucraina, si sta macchiando di orrendi crimini di guerra? Detto in altro modo, siamo disposti a fare sacrifici pur di mettere in braghe di tela l’economia russa in modo da indurre Putin a più miti consigli sul piano militare?

Se posso continuare con la mia imbarazzante schiettezza, prima di rispondere vorrei ragionare sulle sanzioni economiche, sulla loro ammissibilità etica, sulla loro efficacia, il tutto in un’economia globalizzata come quella in cui viviamo.

Sul piano etico è corretto far pagare al popolo russo gli errori di un dittatore che, come ha recentemente detto lo scrittore Gianrico Carofiglio, commette “errori catastrofici in un misto di narcisismo e propaganda, incapace di distinguere lo scenario oggettivo dalle ambizioni personali e addirittura patologiche”? Il popolo russo verrà indotto a comprendere e rifiutare i disastri commessi dal suo capo o ripiegherà sul vittimismo nazionalista ed autarchico tipico delle dittature in tutti i tempi e luoghi?

Le sanzioni economiche rientrano in una logica di risoluzione pacifica del conflitto o non piuttosto in un mascherato schema di guerra che finisce col perpetuare la guerra aumentandone ancor più i danni alle popolazioni? Siamo sicuri che, come sostiene il direttore di “Avvenire”, Marco Tarquinio, le sanzioni economiche «non siano come bombardamenti: non pieghino i regimi, ma piaghino i popoli, si blocca il grano in Russia e si muore di fame in Nord Africa»?

Venendo a ragionamenti più pragmatici, siamo sicuri che Putin non riesca a surrogare il mancato introito dell’esportazione di gas in Europa ed in Italia, vendendo questo appetibile bene ad altre nazioni con lui più tolleranti, quali la Cina, l’India e tutte quelle che hanno squallidi debiti di riconoscenza verso la sua politica internazionale?

Chi è in grado di stabilire se la guerra delle sanzioni, che sembra giunta al limite, abbia finora fatto solo il solletico a Putin o abbia sortito qualche significativo effetto? Si ha l’impressione che l’Europa non sia in grado di reggerla e di portarla fino alle estreme conseguenze, considerati i diversi interessi nazionali da sintetizzare, anche alla luce del diverso impatto che le sanzioni di tipo energetico avrebbero sui singoli Stati membri, e sia incapace, come al solito, di spartire equamente la torta dei sacrifici, che, manco a farlo apposta, dovrebbe ingoiare soprattutto l’Italia. Anche la guerra delle sanzioni avverrebbe infatti all’insegna del famoso detto, riveduto e corretto per l’occasione, “sanzioniamolo e partite”. La Germania nella sua storia, dal 1946 in avanti, dopo avere ottenuto aiuti enormi (si pensi al condono dei debiti di guerra, si pensi alla riunificazione, etc. etc.) si erge a rigorosa ed intransigente paladina dei sacrifici da imporre solo agli altri (vedi Grecia massacrata per salvare le banche tedesche dal default), salvo evitarli accuratamente quando la riguardano direttamente. E la ostpolitik di Willy Brandt dove è finita? Roba d’altri tempi. E gli scheletri nell’armadio di Angela Merkel: questa pur abile signora è diventata muta? Meglio lasciar perdere. Avevo auspicato all’inizio della pandemia un abbinamento europeistico fra Merkel e Draghi: una si è istituzionalmente e politicamente defilata, l’altro galleggia. Forse mi ero sbagliato. La Francia ha sempre avuto un rapporto molto particolare con l’Unione sovietica prima e con la Russia poi: Macron fa molte telefonate a Putin. Lasciamo perdere gli Stati dell’ex Unione sovietica, Ungheria in primis, che lasciano intravedere un disgustoso doppio gioco nei confronti di Putin. Nei giorni scorsi ha provato anche Draghi a comunicare direttamente con Putin (non è con le telefonate che si cerca la pace…).

In questo panorama europeo piuttosto squallido ci vogliamo improvvisare primi della classe in funzione antiputiniana? Mi sia consentito di proseguire in modo positivamente scettico. Il gioco delle sanzioni vale veramente la candelona dell’Ucraina? L’Italia ha la forza e la convinzione per fare da traino ad un’Europa impegnata nel ridisegnare nuovi equilibri politici ed economici a livello mondiale? Con Draghi o mai più? Il nostro premier ci faccia capire se vuole volare così in alto, possibilmente con l’accortezza di non portare se stesso e gli italiani a fare la fine di Icaro. D’altra parte lo stesso Draghi frena quando afferma che l’Italia, per quanto concerne il gas russo si rimette alle decisioni della Ue. Gli Italiani dovrebbero fare i kamikaze della pace, mentre in Europa tutti fanno i cazzi loro? Non riesco a vedere qual è la politica del governo italiano e ancor meno quella europea. Rischio di non capirci più niente!

Ammesso e non concesso che le sanzioni economiche siano ammissibili ed utili, quali sono i piani per sostituire le fonti energetiche attuali: quali sono i tempi, i modi e i costi del tardivo ricorso alle fonti alternative? Quale sarebbe l’impatto concreto della chiusura dei rubinetti russi sulla nostra economia? Quali sarebbero i fornitori che potrebbero rimpiazzare la Russia? Recentemente Romano Prodi ha fatto un’affermazione inquietante, ammettendo che gli era sempre stato detto dagli esperti in materia come la Russia fosse un partner commerciale molto più affidabile rispetto ad altri Paesi produttori di gas e petrolio: rischiamo cioè di cadere dalla padella putiniana alla brace degli esportatori di altri continenti? La Spagna sarà in grado di affittarci i suoi impianti di gassificazione di cui noi siamo quasi totalmente sprovvisti, in modo da poter comprare e utilizzare il gas promesso dagli Usa? La Ue è in grado di avviare una politica comune in campo energetico o l’Italia deve arrangiarsi per proprio conto? E via di questo passo.

Invece di indire un comodo e surreale referendum in sede di conferenza stampa, Mario Draghi farebbe meglio ad approfondire il discorso delle sanzioni economiche e del blocco delle importazioni del gas russo, spiegandolo agli italiani in tutti i suoi aspetti e in tutte le sue prospettive a breve, medio e lungo termine, a chiarire quale linea intende portare avanti a livello europeo e quali iniziative di pace propone fra atlantismo “riarmista”, europeismo “sanzionista” e interventismo telefonico. Gli allenatori di calcio, quando la loro squadra è in difficoltà, fanno l’appello ai loro calciatori affinché “tirino fuori gli attributi”. Ho l’impressione che Draghi stia facendo alle forze politiche ed agli italiani, seppure sotto metafora, un analogo e perentorio invito. Mi permetto di rovesciare la medaglia: da grande esperto di economia qual è, provi lui a “tirare fuori le palle” e a non girare intorno ai pur gravissimi ed enormi problemi.

In cauda venenum: provate a pensare se la domanda “preferiamo la pace o stare con il condizionatore d’aria acceso?” l’avesse rivolta agli italiani Giuseppe Conte durante una delle sue infinite conferenze stampa. L’avrebbero, come minimo, crocifisso seduta stante. Avrebbero sparato a raffica su di lui. Invece, su Draghi che vedo un po’ passino (diminutivo dialettale di floscio) e che oltre tutto ha sfornato un def reticente, generico e contraddittorio, non si può sparare. É un “pianista” col quale non è possibile prendersela.  Anche se i suoi “piani” fanno acqua?